vi. dove si va? fuori città

L'ISOLA
7:30, FORTEZZA

Il giorno dopo per Rin non poteva iniziare nel peggiore dei modi.

La sveglia alle cinque e mezza di mattina, il sole che ancora non si vedeva all'orizzonte, il freddo talmente pungente che per un attimo si era scordata di essere solo agli inizi di Settembre. Aveva passato due ore dove lei e le altre avevano dovuto vestirsi e allo stesso tempo preparare il cibo per tutti i partecipanti. Ben presto, neanche un battito di ciglia dopo, erano le sette e mezza, e Serena la stava rassicurando, dicendole che avevano quasi finito.

Era stata chiara: "prima di colazione vai a svegliare chi di dovere". Il che poteva tradursi nell'aprire le tende di un certo ragazzo vestito di verde.

Rin camminava per lo stesso corridoio del giorno prima, gli stessi vestiti, lo stesso trucco e la stessa espressione fredda addosso. Ad essere diversa, invece, era la consapevolezza del resto: più si guardava attorno, più passava davanti le porte dei concorrenti, più un peso si faceva insistente sul suo stomaco.
Tutte quelle persone, tutti quei Maestri degli Elementi, Maestri come lei, fra poco sarebbero andati incontro a una sorte terribile, un destino che non potevano immaginare.

Il kimono viola svolazzava ad ogni suo passo, ma le pareva sempre più pesante, sporco, come se non le appartenesse; come se nulla su quell'isola lo facesse.

Si fermò di fronte alla porta giusta, che con l'arrivo del Ninja Verde si era arricchita di preziosi intarsi di giada, duri e splendenti.

Chi era lei per privare l'identità a un gruppo di persone che neanche conosceva? Chi era per portare via una parte di loro stessi? Chi era Chen per farlo?

Prese a contemplare la maniglia verde smeraldo.

Come si sarebbe sentito il figlio di Lord Garmadon privato dell'unica cosa che lo rendeva migliore di suo padre? Cosa avrebbe fatto il Maestro del Fulmine, Jay, senza ciò che lo rendeva così vivo? O Cole, o Neero, o chiunque altro in quel edificio che fosse come lei?

Era sbagliato, nient'altro che sbagliato.

Mentre afferrava la maniglia, però, si porse un'altra domanda: cosa avresti fatto tu?

Avrei riso. — si disse. — Probabilmente avrei urlato di gioia. Ma poi avrei pianto, pianto di dolore.

Non bussò, aprendo la porta. Si diresse verso la finestra, le tende serrate e il ragazzo biondo addormentato sul letto, sonno silenzioso ma movimentato. Lo osservò rigirarsi e rigirarsi tra le coperte, come volesse scappare da qualunque cosa stesse sognando.

Lo ignorò.

Rin odiava i suoi poteri più di qualsiasi altra cosa al mondo. Perché poteva percepire la paura del ragazzo a pochi passi da lei, come le sue emozioni fossero crude e primitive, forti, violente, quasi lui stesso fosse l'unione di creazione e distruzione, l'inizio e la fine di tutte le cose.

Già, Rin odiava i suoi poteri. Ma alla fine erano suoi e solo suoi. Erano ciò che la rendeva diversa, speciale.
Non li voleva, ma erano la sua unica possibilità ad ottenere ciò che desiderava da quando aveva tredicianni. La forza che le era mancata nel momento del bisogno.

Spalancò la finestra, i raggi del sole che colpivano in faccia il giovane ninja. Rin lo sentì mugugnare. Ancora una volta quelle grezze emozioni la colpirono e la ragazza inspirò a fondo, chiudendo gli occhi per un secondo.

Era quasi surreale il modo in cui la luce della stella accarezzasse i lineamenti del ninja, come la pelle sembrasse brillare di alabastro, le ciglia chiare, leggere, che gli accarezzavano le guance come piccoli fili d'oro. Le labbra sottili e chiuse in un'espressione quasi tormentata.
Era talmente perfetto che non sembrava reale. Una visione, un crudele gioco della sua testa.

Proprio in quell'istante, il figlio di Lord Garmadon si mise a sedere, stropicciandosi le palpebre: «Buongiorno».

Ma non importava, perché per quanto lui fosse forte, sicuro, potente; per quanto quelle sensazioni le facessero venire voglia di vomitare, ben presto sarebbero state solo un ricordo.

Tutto quel potere sarebbe stato suo.

Rin sorrise, qualcosa di caldo e dolce quanto finto e affilato: «Buongiorno anche a lei».

.°• [𖦹] ༄

«Cosa—cosa significa tutto questo?!».

La ragazza più giovane si tappò le orecchie al grido di Louise Lancaster, che aveva sbottato non appena quella, il Maestro Wu e Misako erano passati per la porta d'ingresso.

«Signora» si fece avanti Wu, lo sguardo profondo e gentile, di chi aveva affrontato quella situazione centinaia di volte. «Le assicuro che non c'è nulla per cui allarmarsi. Io e Misako—» e la indicò. «Siamo vecchi amici di sua madre. Come le ho già detto ci ha chiamati lei».

«Ma—».

«Era ora!» la voce di Marie risuonò nell'ingresso, l'anziana donna che zoppicava col suo bastone fino ai nuovi arrivati. «Si può sapere cosa stavate facendo di così importate?».

Il Maestro Wu sospirò, tuttavia l'altra donna, anch'essa anziana, ma decisamente qualche decade più giovane dell'altro, gli mise una mano sulla spalla: «Stavamo cercando Lloyd e il resto dei ragazzi. Nya . . . ». Fece un cenno verso la ragazza, alta e dai capelli neri, tagliati a caschetto, che annuì, toccando la perla rossa del bracciale che aveva al polso.

Una mappa tridimensionale dell'intera Ninjago comparve al centro della stanza, un ologramma che fluttuava a mezz'aria. Louise sobbalzò.

«Cosa—».

«Come immaginavo hanno preso anche i ninja» parlò Marie, tono fermo e serio. La figlia la fissò come se avesse appena visto un fantasma. «Siete riusciti a individuare i loro movimenti?».

La ragazza, Nya, fece una smorfia: «Non esattamente. I loro localizzatori sono spenti, di sicuro dovunque siano finiti non è un posto come tutti gli altri». Louise la osservò a bocca aperta cliccare un punto sulla mappa, che si ingrandí a solo Ninjago City. «Abbiamo già setacciato l'intera città, non c'è alcuna traccia di loro, compresi i tunnel sotterranei. Le Serpentine non erano esattamente . . . contente dei nostri radar nel loro territorio, ma possiamo assicurare che non c'è presenza loro nel sottosuolo. E—».

«Ok, adesso basta!». Louise si mise in mezzo al gruppo, trapassando l'ologramma. Non faceva male, quindi se ne fregò: «Si può sapere chi siete?! Poliziotti? FBI? CIA? Una setta? Degli hippie? In ogni caso, di cosa diavolo state parlando?!».

«Figlia» sospirò Marie. «Come ti avevo detto, non devi temere queste persone. Loro—».

«Col cazzo!» sbottò l'altra, le guance rosse quasi quanto i suoi capelli. Vide Nya rivolgerle un'occhiata a metà tra il divertito e l'annoiato. «Pretendo spiegazioni! E adesso! Non puoi credere che possa affidare la vita di mia figlia a un branco di sconosciuti incompetenti!».

«Oh, incompetenti lo dici a tua sorella, tu brutta—».

«Nya, per favore» la riprese Wu, rivolgendo alla giovane un sorriso incoraggiante. «La signora Lancaster ha tutto il motivo di dubitare della nostra utilità. Dopotutto teme solo per l'incolumità di sua figlia. È perfettamente normale». La ragazza borbottò un paio di imprecazioni tra sé e sé, ma non replicò. «Come ho già detto, il mio nome è Wu, e loro sono Misako e Nya. Siamo qui perché abbiamo motivo di credere che anche i nostri allievi, e compagni della nostra Nya, siano nello stesso posto dove si trova Rin» spiegò, e per qualche ragione il suo tono così calmo fece solo infiammare di più Louise.

«E perché diamine dovrebbe essere così?! Non mi consocete neanche! Figuriamoci mia figlia!».

«Ha ragione. Noi non conosciamo né lei né Rin, ma le posso assicurare che sappiamo tutto sulla vostra storia. O meglio, su quella del padre della ragazza, vostro marito».

Le parve di venire accoltellata, tanto fu l'impatto di quella frase. Non poteva aver sentito bene, giusto?

La donna si voltò verso Marie, che però annuì grave: «Dicono la verità. Era quello che stavo cercando di dirti. Per quanto tu possa cercare di dimenticarlo, Rin ha ereditato i poteri di Robert, tesoro, e Wu e gli altri sono esperti in questo campo. Molto più di quanto lo siamo noi. Per questo li ho chiamati».

Era un incubo, non poteva non esserlo. Perché a lei? Perché a sua figlia? Perché aveva deciso di sposare uno di quei—quei Maestri?

Si rigirò verso i tre sconosciuti e, cauta, la voce che tremava, si costrinse a chiedere: «Chi—Chi siete voi?». L'avevano già detto, e loro avevano risposto, ma non era abbastanza.

L'uomo parve invecchiare di un altro centinaio d'anni, le rughe improvvisamente più pronunciate. Fece un leggero inchino, in segno di rispetto: «Il mio nome è Wu Garmadon. E per quanto odi dirlo ad alta voce, uno dei figli del Primo Maestro di Spinjitzu, nonchè Sensei della Ninja Force».

.°• [𖦹] ༄

L'armadio del Ninja Verde era stranamente pieno zeppo di vestiti.

«Il signor Chen ha ordinato che non indossasse i suoi soliti gi» spiegò Rin, scavando tra le decine di tute verdi addossate l'une sulle altre. Troppo verde: verde prato, verde scuro, verde salvia. Dio, ma indossa qualcosa che non sia verde? «Si deve mettere il nuovo gi che è stato portato qui mentre dormiva».

«Per nulla inquietante» borbottò il ragazzo, guardandosi intorno.

Si trovò d'accordo con lui mentre tirava fuori l'abito, anch'esso di un'accesa sfumatura verdastra. Lo poggio sul letto.

«Io l'aspetterò fuori» fece un piccolo inchino, non incontrando neanche una volta i suoi occhi. «La colazione è alle 8:30, quindi ha tutto il tempo per prepararsi». Iniziò ad avviarsi verso la porta.

«Ehi!».

Rin si fermò, rigirandosi verso di lui con un nuovo inchino: «Sì, signorino?».

Lo vide bloccarsi sorpreso: «Uhm . . . Sai che non devi darmi del "lei", vero?». La osservò con sguardo curioso e appena diffidente. «Alla fine abbiamo la stessa età . . . credo».

La ragazza rispose con un'occhiata fredda: «Non mi è permesso. Il signor Chen vuole che ci riferiamo agli ospiti con il dovuto rispetto» — "Tu sei assegnata al Ninja Verde, giusto?" — La voce dell'uomo le risuonò in testa. — "Secondo le mie ricerche si tratta del più potente di tutti! Non lo trovi un segno del destino?" Già, proprio un segno del destino. — "Con lui cerca di sorridere di più! Fagli abbassare la guardia. Non potrà resistere al tuo bel faccino, e ben presto l'avremo ai nostri piedi."

Fargli abbassare la guardia . . .

Rin alzò finalmente lo sguardo, occhi nocciola che si scioglievano in un prato verde come mai ne aveva visti prima. Battè le palpebre, sospirando: «Ma va bene. Come desidera—desideri».

Silenzio, nel quale il ragazzo la analizzò con quelle sue occhiate guardinghe: «Tu sei la ragazza che ho incontrato fuori dalle Fosse Scivolose, il locale, qualche sera fa».

Dire che fu inaspettato era dire poco.
Rin trasalì: non si era aspettata la riconoscesse, men che meno che si ricordasse di quel incontro.

Si costrinse ad annuire, piano, quasi avesse paura di come potesse reagire.

«Quindi presumo che i capelli viola non fossero i tuoi naturali». Un leggero ghigno gli adornava il volto. «Oppure che quello stile stravagante ti appartenesse».

«Io . . . no. No». Scosse appena la testa. «Era—era solo per scena. Se così si può definire». Andava bene? Gli stava facendo abbassare la guardia? Da quanto tempo non aveva una conversazione del genere?

Lo osservò afferrare il gi, ma senza darle le spalle: «Adesso posso sapere il tuo nome?».

Il suo cuore saltò un battito: «C—Cosa?».

«Il tuo nome». Inclinò appena il capo, come non capisse il problema. E di regola non avrebbe dovuto esserci. «Te l'avevo chiesto quella sera. Insomma, non penso sarebbe molto educato da parte mia chiamarti "ragazza kabuki" o "ragazza del locale"».

«Ha importanza?» sputò lei d'istinto.
Senza accorgersene aveva iniziato a torturare una manica del kimono. Poteva sentire il suo cuore battere forte, l'ansia che le cresceva in corpo. Non parlava così tanto da mesi, o almeno non con qualcuno che avesse la sua età.

Il Ninja sembrò venire preso in contropiede: «Beh, no. In realtà no. Ma credo che passeremo un bel po' di tempo insieme su quest'isola, e vorrei avere un nome vero e proprio da usare, con te». Le regalò un sorriso incerto: «Sempre se a te sta bene».

Suo malgrado, aveva senso.

Si morse una guancia, sovrappensiero.

"Fagli abbassare la guardia."

«Rin» disse, infine. «Mi chiamo Rin». Solo quelle quattro parole le erano costate una fatica assurda.
Perché qualcuno come il Ninja Verde avrebbe voluto sapere il suo nome?

Si era aspettata che annuisse, che rispondesse "ok" oppure "figo".

Invece no.

Lui sorrise, e per un attimo Rin ne rimase accecata. Non ne aveva mai visti di così sinceri, perlomeno non diretti a qualcuno come lei. «Piacere di conoscerti». Si avvicinò, il ciuffo biondo completamente scompaigliato che gli ricadeva davanti agli occhi, e il pigiama, verde, stropicciato dal letto. Le porse la mano: «Io sono Lloyd».

Rin abbassò gli occhi, fissando quel gesto quasi fosse un'oscenità.

Lloyd. — ripetè in testa. — Lloyd Garmadon.
Suona bene. — pensò. — Lo rispecchia.
Era peculiare come lui.

Annuì, ma non ricambiò il gesto.

Il ragazzo fece ricadere il braccio, e la Maestra dell'Empatia poté percepire il suo imbarazzo scorrerle nelle vene.

Di solito a Rin piaceva il silenzio: nel silenzio c'era calma, c'era ragione, c'era equilibrio. Di solito la faceva stare bene.
Ma in quel momento, il Ninja Verde — Lloyd, si corresse. davanti a lei e le sue emozioni che si mischiavano con le proprie . . .

Il respiro le si fermò in gola.

No, non ancora.
Non era ancora pronta.

«Ehi, tutto bene?». Lo sentì avvicinarsi ancora, una mano che faceva per posarsi sul suo braccio.

No.

Si scostò, più duramente di quanto avesse voluto.

«La—ti aspetto fuori».

Uscì di corsa dalla stanza, una miriade di pensieri in testa e altrettanti battiti del cuore, che le doleva nel petto.

Codarda.

.°• [𖦹] ༄

«Louise . . . » si fece avanti Misako, la treccia di capelli d'argento appoggiata sulla spalla. Aveva addosso la divisa degli storici del museo. «Credimi, so come ti senti. Mio—».

«Oh, ma davvero?» la interruppe la donna, acida. «E come lo sapresti, sentiamo».

Misako sospirò, le ciocche bianche ora quasi più visibili nell'acconciatura grigia: «Perchè anche mio figlio è lì con loro. Così come altri tre ragazzi a cui voglio bene praticamente allo stesso modo». Rivolse uno sguardo addolorato a Nya, che invece lo evitò.

«Oh».
Non se lo era aspettato.
Louise arrossì appena: «Non—non lo sapevo». Non poteva farne proprio una giusta, eh?

L'altra scosse la testa, un sorriso triste in viso: «Non deve preoccuparsi, immagino quanto la situazione le sembri difficile, ma è proprio per questo che siamo qui. Per darle il nostro sostegno, morale e materiale».

Nya, suo malgrado, si fece un'altra volta avanti: «Ho creato un nuovo mezzo con cui posso provare a rintracciarli. Di sicuro non possono essere scomparsi nel nulla. Ripercorrerò le loro tracce e li troverò».

Louise fece per domandare come una ragazzina potesse essere in grado di qualcosa del genere, ma ad un'occhiataccia di sua madre ci ripensò.

«Abbiamo motivo di credere che mio marito sia con loro» spiegò Misako. «È irreperibile e l'ultima registrazione delle telecamere del monastero lo raffigura parlare con Lloyd. Di sicuro è con loro, ovunque siano».

Louise aveva capito poco e niente, tuttavia si costrinse ad annuire per non fare ancora la figura dell'idiota.

«Partirò subito» ripetè Nya, incrociando le braccia. «È tutto pronto, lascio a voi il compito di spiegare la situazione alla signora, qui». Non aspettò un minuto di più che si era già sbattuta il portone alle spalle.

Un rombo di motore risuonò dalla strada, e la donna fece appena in tempo a vedere un mezzo rosso e dorato sfrecciare via a una velocità inaudita.

Le girava la testa.
Cavolo — si disse. — Forse avrei dovuto aspettarmelo quando ho sposato Robert. Il fottuto il Maestro dell'Empatia. I problemi sarebbero arrivati, prima o poi.
A quanto pareva, avrebbe dovuto dire addio per sempre a una vita normale.

Ma alla fine, quando mai l'aveva avuta?

.°• [𖦹] ༄

La colazione stava passando più lentamente di quanto Rin avesse sperato.

Poteva essere riassunta in una parola: sguardi. Tanti, troppi. Più di quanti fosse in grado di gestire.

Versò alcuni cereali nella ciotola della ragazza che aspettava davanti a lei, i lunghi capelli blu che le ricadevano in morbide onde sulle spalle. Aveva scoperto si chiamasse Camille.

«È bello fare la sguattera?» la schernì, le iridi azzurre che brillavano di furbizia. «Non dev'essere facile essere una di noi ma trovarsi con un grembiulino dietro a un banco di biscotti».

Gli occhi di Rin lampeggiano, ma fu solo un attimo. La sua maschera gelida non era stata scalfita: «Maestra della Forma» si rivolse a lei, inchinandosi appena.

Camille alzò un angolo delle labbra dipinte di rosso: «Sì?».

Rin prese un'abbondante mestolata di latte e miele: «State bloccando la fila».

Per un attimo considerò l'opzione di rovesciarle tutto addosso.

«Oh, ma davvero? E chi—».

«Camille, datti una mossa».
Un'altra ragazza, quella dai capelli rosso fuoco, si fece avanti, dando un'amichevole spallata alla Maestra della Forma: «Ci sono quindici persone che vogliono mangiare».

«Guastafeste» borbottò Camille, ma prese il suo vassoio e si allontanò senza protestare.

Rin non rivolse alcuna attenzione alla rossa, versandole del caffè quando glielo chiese.

«Ignorala» disse, mentre prendeva un muffin. «È solo gelosa che passi più tempo di lei col Ninja Verde» rise, ma Rin non rispose.

Invece, i suoi occhi vagarono per la mensa, fino a quando si posarono sul gruppetto di ninja che discuteva seduti ad un tavolo. Con loro c'era anche il signore anziano che aveva incontrato sulla nave. Aggrottò le sopracciglia.

«Sono Skylor, comunque».

Il suo interesse venne catturato immediatamente, mentre un campanello d'allarme iniziava a suonare nella sua testa.

"Farmi da . . . aiutante, spia, come mia figlia Skylor!"

Un brivido le corse lungo la spina dorsale, ma la rossa non le fece altro che un occhiolino e si allontanò, sedendosi accanto a Camille e un'altra ragazza dai capelli verdi.

Era quella la figlia di Chen?
Sembrava così . . . normale. Almeno rispetto a ciò che si era aspettata. Si chiese perché fosse tra i concorrenti. Non dormiva nel suo corridoio, perciò non aveva la possibilità di controllarla. E il fatto che fosse una Maestra degli Elementi peggiorò solo la sua ansia. Non sapeva che Chen fosse . . . sposato, men che meno con un ex Maestra. Diamine, le sembrava assurdo che qualcuno come lui potesse anche solo averla, una moglie.

«Rin, ci sei?».
La voce di May la riportò alla realtà, e scosse la testa.

«Sì» rispose, incerta. «Non preoccuparti».

.°• [𖦹] ༄

A Rin e alle ragazze kabuki non era permesso assistere ai match del torneo. Il loro compito era esclusivamente pratico, e anche se Rin si trovava lì soli due giorni, lo schema delle mansioni era piuttosto chiaro: mensa, ballo, stanza del tuo partecipante, e poi ripeti per tutta la giornata.

Subito dopo aver servito la colazione, infatti, erano dovute tutte schizzare al salone d'ingresso, dove avevano danzato sulle note dell'ennesima melodia tradizionale, e la prima sfida del torneo, che si sarebbe protratta per tutta la mattina e il pomeriggio, era stata annunciata.

Delle lame di giada erano state sparse e nascoste in tutta la fortezza, e i partecipanti non dovevano fare altro che trovare a portare lì. 15 lame per 16 Maestri. Chi sarebbe tornato a mani vuote avrebbe perso.

Rin era negli alloggi del Ninja Verde, intenta e sistemare la stanza: piega questo, raccogli quell'altro, spazza, lava. Cercava di concentrarsi quanto più possibile alle faccende, ma tutto ciò a cui riusciva a pensare era Chen e quella sua stupida frase: "Solo uno può sopravvivere". L'aveva annunciata il primo giorno e poi di nuovo qualche minuto prima, non appena la sfida era stata annunciata.

Bugie. — si disse. — Non sono altro che bugie.
Nessuno sarebbe sopravvissuto e nessuno avrebbe vinto. Gli eliminati finivano senza poteri a lavorare nella fabbrica di noodles sotterranea di Chen. Stupido e bambinesco quanto crudele ed efficace. E per quanto Rin volesse provare pietà o rimorso o senso di colpa, non ci riusciva. Non riguardo a quel destino in particolare. Lei aveva dovuto lottare per tutta la vita, ed era arrivato il momento che lo facessero anche gli altri.

La camera del figlio di Garmadon era verde come lui, ma a parte ciò non le sembrava lo rispecchiasse più di tanto. La teca di fumogeno verde al centro di un muro, i quadri antichi raffiguranti la creazione di Ninjago, l'idromassaggio con vasca in puro marmo, oro e smeraldo. Più Rin passava del tempo su quell'isola e più ogni cosa le pareva finta.

Stupida. — si rimproverò. — Non conosci neanche Lloyd, di certo non puoi sapere cosa gli piace e cosa no.

Raccolse un pezzo di carta e lo gettò nel cestino.

Stai zitta e fai il tuo lavoro.
E così fece. Solo che la sua mente, quella non ci provava neanche a stare zitta.

"Non potrà resistere al tuo bel faccino, e ben presto l'avremo ai nostri piedi."

Fuori dalla stanza si udivano urla, esplosioni e quello che aveva tutta l'aria di essere un combattimento animato, eppure le pareva distante anni luce, tanto i suoi pensieri erano rumorosi.

"Al tuo bel faccino."

Rin si massaggiò la fronte, strizzando gli occhi. Le stava venendo mal di testa.

Si abbassò per sistemare le lenzuola, e il suo interesse venne catturato da una foto, incorniciata, che il ninja aveva poggiato sul comodino.

Lo raffigurava in piedi, sorridente alla camera, Kai, Jay, Cole al suo fianco insieme ad altre tre persone che Rin non riconobbe: una ragazza dal caschetto di capelli corvini, un uomo anziano, la cui lunga barba quasi toccava il suolo, e un altro ragazzo, i capelli sparati in testa e talmente chiari da ricordare la neve.

Aggrottò la fronte, incuriosita. Qualcosa le diceva che aveva già visto quel ragazzo da qualche parte: magari al parco di Ninjago City. Non ne era sicura.

«Che ci fai qui?».

Rin scattò verso la porta come una molla.
Il Ninja Verde era appena entrato, e la fissava con le sopracciglia aggrottate, il gi speciale di Chen ancora addosso.

La Maestra dell'Empatia incrociò le mani dietro la schiena, inchinandosi: «Signorino—». Alzò lo sguardo, incontrando quello improvvisamente divertito di lui. Non riuscì a capire il motivo ma si ritrovò ad arrossire: «—Lloyd» si corresse.

Lui ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle: «Allora, come mai sei qui?».

«Per sistemare» rispose. «Il signor Chen vuole che tutto sia sempre in perfetto ordine». Si fece scappare un piccolo sorriso: «Lei ha—tu hai finito la sfida?».

Con un sospiro, il Maestro del Potere scosse la testa: «La fortezza è grande, solo in due sono già riusciti a trovare una lama».

Rin strinse le labbra.
"Fagli abbassare la guardia".

«Non è che . . . » si grattò il collo in imbarazzo. «Per caso . . . ecco, tu conosci la posizione di alcune—».

«Non mi è permesso rivelare nulla riguardo il torneo». Anche perchè nasconde molto più di quanto crediate. «Se il signor Chen lo venisse a sare sarei punita».

Lloyd annuì, sconsolato ma apprensivo, e arricciò le labbra, sedendosi al bordo del letto.

Di nuovo quel silenzio.
La ragazza si morse una guancia.

"Fagli abbassare la guardia". Ci stava pensando troppo, lo sapeva. Sospirò: «Mi dispiace, sul serio . . . ».
Dopo un inchino, si diresse verso l'uscita.

"Fagli abbassare la guardia". Afferrò la maniglia. "Fagli abbassare la guardia". Poggiò la testa sul legno, chiudendo gli occhi.

Non poteva essere barare se Chen gli aveva chiesto una cosa del genere, giusto? — pensò. — E non aveva molte altre opzioni al momento.

Prese un respiro profondo.
"Fagli abbassare la guardia".

« . . . ma se per caso tu trovassi una lama di giada proprio dietro la teca del fumogeno . . . ». La testa di Lloyd scattò verso l'altro. Rin poté sentire il peso del suo sguardo, e al tempo stesso la sorpresa e la felicità ribollirgli nello stomaco. « . . . quello sarebbe solo un caso. E io non c'entrerei niente».

Lo guardò con la coda dell'occhio. Stava sorridendo.

Rin sbuffò e uscì dalla camera.
Non si era accorta di star sorridendo anche lei.

—— angolo autrice!

capitolo pieno oggi. anche se è relativamente corto succedono molte cose.

precisazione: rin non è stupida, è semplicemente accecata dalle sue emozioni, che, anche se non se ne rende conto, sono tutto ciò a cui ruota questo libro. per questo ho deciso di renderla la Maestra dell'Empatia, e quindi farle sentire le emozioni altrui. perché nonostante quello, le sue decisioni e i suoi comportamenti sono guidati dalle sue e basta. anche se lei crede il contrario.

devo dire che sono molto soddisfatta e orgogliosa di questo capitolo lol. ma ditemi cosa ne pensate voi!

ricordate di votare, commentare e condividere!

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