ii. auradon? ma anche no!

( C A R L O S )

Per Carlos la giornata iniziò in modo orrendo. Quindi assolutamente perfetto.

Certo, se si toglieva il fatto che, come ogni giorno, il suo risveglio era stato scandito dal trovarsi ancora costretto a dormire per terra, con solo un cuscino scucito sotto la testa, nel ripostiglio delle pellicce di sua madre. Ma ormai non ci faceva quasi più caso.

Si alzò, e dopo aver indossato la sua caratteristica giacca di pelle bianca e nera a maniche lunghe e rosse, si diresse in cucina per fare colazione.

La Porta dell'Inferno quella mattina era più silenziosa del solito, il che non poteva che essere un– ugh! "Bene". Che parola schifosa! Carlos odiava pronunciarla o anche solo pensarla. Solo il farlo gli faceva venire l'imminente urgenza di vomitare. Ma, a parte questo, era grato che quella mattina sua madre, Crudelia, non fosse in casa. Almeno non avrebbe dovuto stare a sentire i suoi capricci e, soprattutto, si sarebbe potuto risparmiare la sessione mattutina di messa in ordine dell'intera casa.

Aprì una delle credenze e ne tirò fuori una scatola di cereali vecchi di un mese. Prese anche una vecchia ciotola scheggiata e li versò dentro. Quel giorno, notò con grande disappunto Carlos, mancavano sia latte che caffè, quindi decise che dopo aver terminato con i cereali sarebbe andato a fare la "spesa" lì vicino. Alla fine della strada, infatti, c'era un piccolo emporio, che, tra le altre cose (occhi di tritone e ali di pipistrello), vendeva anche vero cibo. Sempre se quegli scarti che venivano da Auradon e che loro erano costretti a mangiare si potessero considerare tali.

«Dov'è mia madre?» chiese il ragazzo non appena vide Harrold e Jason entrare nella stanza. Harrold e Jason, soprannominati Harry e Jace, erano i figli di Horace e Jasper, i due tirapiedi di Crudelia che anni e anni prima l'avevano aiutata nella sua famosa impresa di cattura di 101 cuccioli di dalmata. Ma visto che alla fine avevano fallito, erano stati mandati sull'isola insieme alla loro padrona.

Sua madre continuava a dirgli che si doveva comportare con Harry e Jace esattamente come lei faceva con i loro genitori, ossia gridando ordini e insulti, ma Carlos aveva trovato questo metodo stupido e faticoso. Perché alzare la voce, quando per farti obbedire bastava manipolare gli altri per fargli credere che l'ordine dato fosse anche quello che loro volevano fare? Era molto più efficace, e di certo non dava spettacolo come faceva Crudelia. Ma Carlos doveva ammettere che c'era comunque una parte di lui che si sarebbe sentita in colpa a urlare contro quei ragazzi. Erano due completi idioti. Esattamente come i loro genitori. Ma potevano essere molto utili e faccendevoli.

«Uh, non ne ho idea» disse Harry, mentre recuperava una mela ammaccata, dandole poi un morso. Esattamente come suo padre, Harry era grande come un armadio, ma negli ultimi tempi si era fissato con il mettersi a dieta.

«Ho sentito che è stata convocata da Malefica. Mio padre me l'ha detto poche ore fa» rispose Jace. Anche lui era l'esatta copia in miniatura del padre: alto e smilzo.

Sentendo questo, Carlos sgranò gli occhi, mentre un brivido gli passava lungo la schiena. Cosa diavolo ci faceva sua madre dalla regina dell'isola?!

Ormai tutti conoscevano Malefica, e tutti la temevano. Era stata lei, infatti, la prima ad essere spedita su quel mucchio di sassi sporchi che ormai Carlos chiamava casa. E appena arrivata aveva subito preso il comando. Si definiva la loro regina, la Regina dei Cattivi, colei che avrebbe distrutto una volta per tutte la barriera e saziato la fame di vendetta che da anni ribolliva negli animi di tutti, lì, sull'Isola degli Sperduti.

Ma a Carlos della vendetta non importava un bel niente. Sua madre gli raccontava sempre di come un tempo lei era stata una famosissima stilista. Con un enorme atelier a Londra, e di come era stata un icona nel mondo della moda. Ma poi, diceva Crudelia, erano arrivati quegli stupidi cuccioli e avevano mandato a monte tutto il suo impero. E adesso, lì sull'isola, Crudelia non vedeva l'ora di poter fuggire per dare a quei cani la lezione che si meritavano. Le pellicce non sono mai abbastanza, gli ripeteva in continuazione.

Carlos non capiva perché la madre volesse così tanto quegli animali. Lui ne era completamente terrorizzato! Crudelia gli spiegava ogni giorno di come i cani fossero qualcosa di mostruoso e aggressivo. Per questo era meglio usarli come degli stilosi indumenti. E a Carlos andava più che bene. L'importante era che quelle bestie immonde non gli si avvicinassero!

Finì di mangiare e, senza prendersi la briga di rimettere a posto la ciotola (o di salutare Harry e Jace), si diresse verso la camera da letto di sua madre.

Di solito non aveva il permesso di entrare in quella stanza. Il solo provarci gli avrebbe garantito una marea di schiaffi e calci, e, come minimo, una settimana di punizione. Il che significava dover passare la notte con le trappole per orsi che facevano da guardia alle pellicce di sua madre.

Ma quella mattina, Crudelia gli aveva lasciato un foglietto con su scritto che la sua camera da letto aveva bisogno di una sistemata, e quindi gli era concesso entrarci.

Arrivato al piano di sopra, Carlos non perse tempo e aprì la porta indicata. Subito, si sentì sprofondare.

La camera era completamente sottosopra. Centinaia di torsoli di mele marce e altrettante palline di carta straccia erano sparse sul pavimento. Il letto era sfatto, ovviamente, e sui muri erano presenti delle enormi macchie di una sostanza che lo stesso Carlos stentava ad identificare. E lui era il più bravo della scuola in Scienze Misteriose.

Con un sospiro, si mise a lavoro.

•✵•

Per fortuna un paio d'ore dopo aveva finito.

Il sole ormai splendeva alto nel cielo, o almeno Carlos credeva fosse così. L'isola era perennemente sormontata da una coltre di nubi grigie.

Finalmente la camera sembrava effettivamente vivibile. I muri erano di un marroncino spento e ogni tanto si poteva scorgere qua e là un pezzetto di una vecchia carta da parati rosso fuoco. Il pavimento era interamente ricoperto da un tappeto bianco a pois neri, ricordante la pelliccia di un dalmata. A quel pensiero Carlos rabbrividì. Al centro della stanza troneggiava un letto matrimoniale con le coperte dello stesso colore del pavimento, insieme a tre cuscini rossi. Un baldacchino in ferro battuto nero si afflosciava verso il centro del letto.

Il resto della stanza era decorato con diversi quadri raffiguranti sua madre e la sua vecchia auto rossa. Macchina che ancora faceva la sua inquietante presenza nel garage malmesso della casa. Appoggiato ad una parete c'era un gigantesco armadio, con, al suo interno, vestiti di ogni tipo. Carlos non era neanche sicuro di averglieli mai visti addosso. Sull'altro lato della stanza, invece, c'era un comò rosso con i cassetti laccati di nero, pieno zeppo di fogli bianchi, bozzetti di futuri vestiti e decine e decine di rossetti. Un enorme specchio crepato dalla cornice dorata, sormontava il tutto.

Carlos perse qualche minuto ad osservare il suo riflesso.

Lui non aveva specchi in camera sua. In realtà non aveva neanche una "propria stanza". Si ritrovò a pensare che l'ultima volta che si era specchiato risaliva a circa un anno e mezzo prima, quando a scuola, Madre Ghotel, la sua insegnate di 101 Egoismi ed Egocentrismi, aveva dato come compito in classe quello di ammirarsi in dei piccoli specchi che lei aveva fornito alla classe. Quello era stata una delle poche verifiche mai fallite da Carlos. E certo, c'era stata la volta in cui era stato costretto a guardare il suo riflesso durante la ricerca dell'Occhio del Drago, qualche mese prima, ma in quell'occasione lo specchio era magico e gli aveva mostrato l'immagine di un Carlos vecchio e ingobbito. Preferiva non pensarci.

Osservandosi nello specchio di sua madre, invece, si rese conto di quanto fosse effettivente cresciuto. Certo non era come il suo "amico" Jay, ma era decisamente più alto di almeno cinque centimetri. I capelli bianchi con le radici nere erano sparati verso l'alto e leggermente ricci. La sua faccia era interamente cosparsa di lentiggini, e la sua pelle era di un rosa molto caldo che andava quasi a sfociare nel marroncino a causa delle centinaia di nei che la ricoprivano. Le sue labbra erano carnose e rosee, mentre gli occhi erano di un intenso color caffè, grandi e pieni di curiosità e furbizia. Carlos si sforzò con tutto se stesso di vederci anche una scintilla di malvagità, ma tutto quello che ottenne fu il suo solito sguardo calcolatore e pieno di vita.

Stava per tornare al piano di sotto, quando una leggera melodia in lontananza lo fece voltare di colpo verso la finestra, che dava su un pianerottolo circondato da scale e muri di altre case.

Ormai conosceva quelle note meglio del ripostiglio di sua madre, ed era chiaro cosa significassero. I suoi amici lo stavano chiamando. Il simbolo dei figli dei Cattivi più cattivi di tutti si stava diffondendo come ogni mattina tra le baracche della loro città. Era ora di spargere caos sull'Isola degli Sperduti.

Carlos ghignò, mentre si avvicinava alla finestra.

Scorse dall'altro lato del pianerottolo un uomo intento a pulire il muro di una casa. Un foulard gli pendeva da una delle tasche posteriori dei pantaloni. Da come è decorato sembrerebbe provenire da qualche castello di Auradon. Pensò Carlos. Potrei farci un affare rivendendolo al negozio qui sotto.

Da quando era diventato amico di Mal e Jay, Carlos aveva imparato ad essere un ladro migliore di quanto lo fosse mai stato. Ormai sapeva riconoscere gli oggetti di valore, ed era diventato anche più bravo a contrattare le merci di scambio. Era così che adesso si procurava la maggior parte delle cose necessarie alle sue invenzioni. E bisognava dire che era anche piuttosto bravo. Finalmente la sua media scolastica in Arricchimento Truffaldino aveva raggiunto un risultato decente.

I suoi pensieri vennero interrotti da una voce femminile in lontananza. Si diffondeva in tutta l'isola come un'eco, in modo che tutti la sentissero e che si ricordassero chi fossero i padroni lì. Carlos sapeva benissimo a chi apparteneva.

They say I'm trouble
They say I'm bad
They say I'm evil
And that makes me glad

Mal, figlia di Malefica. Carlos quasi se la immaginava, fiera e potente, mentre, cantando, disegnava graffiti su graffiti sui muri delle case.

L'immagine di un murale raffigurante un'ombra scura con un mantello svolazzante e un paio di corna, con su scritto in verde brillante Lunga Vita Al Male, gli si palesò davanti.

Poi sentì rimbombare una voce maschile.

A dirty no-good
Down to the bone
Your worst nightmare
Can't take me home

Jay, figlio di Jafar. Un re del furto e della menzogna. Carols se lo immaginò scorrazzare sui tetti delle case mentre, saltando da una finestra all'altra, sfilava oggetti preziosi a chiunque si trovasse davanti. Ridacchiò, al solo pensiero. Lui, Jay e Mal erano sempre in competizione su chi fosse il ladro migliore, ma Carlos sapeva che con loro due non aveva speranze. Erano in grado di sfilarti una collana senza che te ne accorgessi.

Una melliflua voce femminile lo distolse dai suoi pensieri.

So I've got some mischief
In my blood
Can you blame me?
I never got no love

Carlos sorrise. Evie, figlia della Regina Cattiva. E anche la sua prima amica in assoluto. Molto probabilmente la ragazza più bella che avesse mai visto, o come preferiva definirsi lei: La più bella del reame. A giudicare dall'eco che produceva la sua voce, si trovava ai confini della città. Plausibile, in quanto il suo castello era lì vicino. Carlos era stato solo una volta al Castello della Parte Opposta, come lo chiamava Evie. Ed era uno dei posti più inquietanti che avesse mai visto. Per lui, era secondo solo al vecchio castello di Malefica, sull'Isola dei Condannati.

Si costrinse a non pensarci. Ghignando, iniziò a cantare. Era arrivato il suo turno.

They think I'm callous
A low-life hood
I feel so useless
Misunderstood

Con un abile gesto sfilò il foulard dalla tasca dell'uomo che aveva adocchiato prima. Il poveretto non ebbe neanche il tempo di girarsi che Carlos era già scomparso tra i labirinti di scale che li circondavano. Mentre camminava a testa alta tra le stradine della città, il ragazzo adocchiò una bambina intenta a giocare con una mela, buttandola in aria e prendendola subito dopo. Ottimo – pensò Carlos – avevo giusto un languorino. Proprio mentre la mela veniva lanciata per l'ennesima volta in aria, Carlos l'afferrò con un rapido movimento del polso. La bambina si ritirò indietro spaventata. Evidentemente aveva capito chi fosse. Dopo aver dato un morso alla mela, Carlos la rigettò noncurante alle sue spalle.

Con un agile salto, salì sul tetto di una casa, giusto in tempo per vedere Jay a pochi metri da lui. Passando per un lucernario, si fece scivolare dentro ad una stanza, che scoprì essere piena di uomini addormentati in alcuni letti.

Sorrise. Oh, ora sì che ci si diverte!

Mirror, mirror on the wall
Who's the baddest of them all?
Welcome to my wicked world, wicked world

Carlos non si era mai definito il più cattivo di tutti. Non lo era per niente. Ma in quel momento, mentre saltava da un letto all'altro, facendo capriole su capriole, e atterrando su quei poveri uomini addormentati, svegliandoli, si rese conto di quanto fosse realmente divertente essere cattivi. L'adrenalina che ti scorre nelle vene, quell'oscura felicità nel vedere le altre persone allontanarsi spaventate. Per la prima volta Carlos accettò volentieri le sue origini.

I'm rotten to the core, core
Rotten to the core
I'm rotten to the core, core
Who could ask for more?
I'm nothing like the kid next, like the kid next door
I'm rotten to the, I'm rotten to the
I'm rotten to the core

Si riunì con i suoi amici, forzando insieme a loro un cancello per entrare nel cortile di una casa, dove decine di persone stavano lavando dei panni. Quale modo migliore di rovinare la giornata a qualcuno se non quello di distruggerne l'operato? Carlos, Mal, Jay e Evie corsero tra i vari panni stesi, gettandoli a terra. Carlos vide Mal imbattersi in un paio di donne, che per lo spavento finirono di faccia dentro ad una tinozza piena d'acqua. Rise di gusto quando le vide imprecare contro di lui e i suoi amici. Come se a loro importasse! Salì sopra un tavolo, buttando giù da esso altri vestiti lavati e asciugati, per poi saltare giù, atterrandoci sopra perfettamente.

Prese insieme ai suoi amici un tubo di metallo, e lo incominciò a sbattere su tutto quello che si trovava davanti, creando una sorta di ritmo.

Una volta fuori dal cortile, lui e i tre ragazzi si divisero di nuovo.

Call me a schemer
Call me a freak
How can you say that?
I'm just unique

Poco prima di dirigersi verso il mercato, Carlos notò come Mal, cantando, avesse disegnato una gigantesca M su una tenda, scostandola subito dopo. La vista dell'uomo che era intento a lavarsi al di là di essa lo fece scoppiare a ridere.

What, me a traitor?
Ain't got your back?
Are we not friends?
What's up with that?

Sentì riecheggiare ancora una volta la voce di Jay. Dal suo tono, Carlos immaginò si stesse prendendo gioco di qualcuno.

So I'm a misfit
So I'm a flirt
I broke your heart
I made you hurt

Mentre passava attraverso la folla di persone presenti nel mercato (ricordandosi di urtare con una spallata chiunque intralciasse la sua strada) Carlos vide con la coda dell'occhio Evie intenta a flirtare con un tizio qualunque. Prima che questi potesse anche solo dire una parola, la ragazza gli aveva già sfilato dal collo un foulard color pesca, scappando subito dopo.

The past is past
Forgive, forget
The truth is
You ain't seen nothing yet

Carlos salì su uno dei tanti tavoli pieni di cibo proveniente da Auradon, e, cantando, si divertì a buttarne cesti su cesti per terra. Ogni volta che ne colpiva uno con un calcio, alcuni uomini che lavoravano lì imprecavano contro di lui, augurandogli le peggiori maledizioni. Ma Carlos continuò per la sua strada imperterrito, neanche un po' spaventato da quelle minacce. Non erano niente in confronto a quello che faceva con lui sua madre.

Saltò giù dal tavolo aggrappandosi a una corda attaccata al muro, e nel farlo lanciò ad una povera donna una cesta vuota che le si andò proprio a posare sulla testa. Ridendo, Carlos salì su un carretto che trasportava della paglia e, mentre si allontanava, ne tirò un po' a quella stessa donna che gli si stava avvicinando arrabbiata. Con un ghigno, il ragazzo corse verso Jay.

Mirror, mirror on the wall
Who's the baddest of them all?
Welcome to my wicked world, wicked world

Lui e il suo amico si divertirono a fare acrobazie su acrobazie tra le bancarelle del mercato, mandando letteralmente all'aria gli sforzi dei negozianti di concludere i loro affari. Nel mentre, Carlos si mise in tasca alcuni pezzi di bigiotteria sbeccata, certo di poterla poi rivendere nel negozio sotto casa sua. Aveva bisogno di materie prime per le sue invenzioni. E non si fece neanche sfuggire l'occasione di sfilare un portafoglio ad un passante.

Con la coda dell'occhio vide Mal e Evie che li osservavano dall'alto di un piano in metallo sopraelevato, ghignando e ridendo. Quando sia lui che Jay sentirono alcune delle persone che stavano importunando urlare diversi insulti verso di loro, decisero che era ora di levare le tende. Seguiti dalle ragazze, corsero fuori dal mercato.

I'm rotten to the core, core
Rotten to the core
I'm rotten to the core, core
Who could ask for more?
I'm nothing like the kid next, like the kid next door
I'm rotten to the, I'm rotten to the
I'm rotten to the core

Ballando e cantando in mezzo alla strada, e vedendo come le persone che li osservavano scappassero in preda alla paura, Carlos si sentì più vivo che mai. Decise che forse vivere sull'isola non era poi una cosa così terribile.

Quando la canzone finì, Carlos tirò un sospiro di sollievo per la stanchezza, ma al tempo stesso sentì già la mancanza dell'adrenalina che gli scorreva in corpo.

Rise insieme ai suoi amici quando Mal rubò un lecca-lecca ad un bambino che passava lì davanti per caso.

Ma ben presto le risate vennero rimpiazzate da urla di terrore. Tutta la gente che si era avvicinata in strada, scappò terrorizzata. Carlos capì all'istante il perché.

Alle spalle della sua amica Mal erano comparsi degli uomini grossi come armadi, e questo voleva dire solo una cosa. Carlos sospirò, mentre sentiva Evie vicino a lui irrigidirsi.

Dopo essersi schiarita la voce, Mal si girò verso la fonte del terrore comune con un ghigno stampato in faccia: «Ciao mamma!» disse.

Malefica fece la sua comparsa dietro le sue guardie del corpo. Il suo scettro, l'Occhio del Drago, emanò una tetra luce verde. Carlos e Evie rabbrividirono. Il loro unico incontro con quello stupido bastone non era stato dei migliori, e non desideravano certo ripetere l'esperienza. Quindi si tennero a debita distanza da madre e figlia.

Carlos a volte restava quasi a bocca aperta nel vedere quanto Mal fosse simile a sua madre. Era di certo una bella ragazza, magra e minuta. Aveva lunghi capelli che emanavano riflessi viola, e dei grandi occhi verdi che esprimevano malvagità da tutti i pori. Carlos doveva ammettere che molto spesso era come se stesse guardando Malefica, e non la sua migliore amica.

«Che delusione, Mal!» esclamò Malefica «Rubi anche i dolci ora?».

«Ma era di un bambino!» ribatté la ragazza, porgendo la caramella alla madre.

Malefica sorrise malvagia: «E brava la mia cattivella!».

A quelle parole, Carlos fu certo di aver visto passare negli occhi di Mal una scintilla di speranza. Subito soffocata da Malefica, che dopo aver sputato sul lecca-lecca, lo ridiede al bambino.

Mal sospirò: «Mamma!».

«Sono i dettagli, Mal, che fanno la differenza tra meschino e malefico! Io alla tua età scagliavo maledizioni su interi regni, cara!» ridacchiò la regina dell'isola, mentre sua figlia ripeteva fra sé e sé quelle parole, come se le avesse sentite centinaia di volte. Molto probabilmente è cosìpensò.

Quando madre e figlia si allontanarono per parlare, Carlos sentì un pugno sul suo braccio. Alzando gli occhi al cielo, si girò verso Jay.

«Ho un affare da proporti che non puoi rifiutare!» ghignò il ragazzo.

Non era una novità. Jay era sempre alla ricerca di affari che gli facessero guadagnare qualcosa in più.

«E sentiamo, quale sarebbe?» chiese Carlos, incrociando le braccia al petto.

Lo sguardo del figlio di Jafar sembrò illuminarsi, tirando fuori da una tasca della sua giacca una boccetta piena di un liquido blu fluorescente.

Carlos sgranò gli occhi: «Dammela subito!» disse, lanciandosi contro l'amico, per cercare di prendere l'oggetto.

Ma Jay, essendo molto più alto del figlio di Crudelia, alzò semplicemente il braccio, ridacchiando.

«Oh, andiamo!» sbuffò Carlos «Ok, ok. Che cosa vuoi per quella?»

Jay incominciò a giocare con la boccetta, lanciandosela da una mano all'altra. Tutto questo sotto lo sguardo di Carlos, terrorizzato che l'ampolla potesse finire a terra e spaccarsi in mille pezzi.

«Che ne dici di un accordo? Io ti dò questo bellissimo oggettino contenente non so cosa, e tu mi dai quel foulard che hai rubato prima. Prendere o lasciare?». Finalmente il ragazzo smise di giocare con la boccetta, allungando poi una mano verso Carlos.

Lui non ci pensò due volte: «Andata!» E si infilò subito l'appolla in tasca, mentre Jay iniziò a giocare con il suo nuovo pezzo di stoffa.

«A cosa ti serve quella sostanza?» gli chiese curiosa Evie, che per tutto il tempo era stata a sistemarsi il trucco in un piccolo specchio portatile.

Carlos si grattò il naso con aria furba: «Vedrai!».

La sua amica stava per ribattere quando la voce di Malefica li riportò alla realtà.

«Oh! A proposito, ho delle novità!» esclamò a gran voce, ridacchiando «Voi quattro, siete stati scelti per frequentare una nuova scuola . . . ». A quelle parole, il volto di Carlos si illuminò. « . . . a Auradon!» concluse Malefica.

Ok, questa non me l'aspettavo — si disse Carlos.

Subito, lui, Evie e Jay fecero un sprint, cercando di allontanarsi da Malefica e da quella stupida notizia. Ma non fecero neanche mezzo metro, che gli scagnozzi della regina dell'isola li bloccarono, costringendoli a restare lì fermi.

«Cosa?!» gridò Mal «Io non vado in una scuola strapiena di "principessine in rosa"!».

«E principi perfetti!» aggiunse Evie, con aria sognante, per poi essere zittita da un'occhiata assassina di Mal. Carlos ridacchiò.

Ma poi il sorriso gli morì sulle labbra quando alcune immagini del sogno fatto quella notte gli riaffiorarono in mente. No, non può essere premonitore! pensò. Si rifiutava di ammetterlo.

Aveva sognato di trovarsi in una camera completamente rosa. Ai muri era attaccata della carta da parati piena di fiorellini, e il letto che si trovava addossato in un angolo, aveva al di sopra centinaia di cuscini che andavano dal lilla al bianco.

Ma la cosa più inquietante era rappresentata dalla ragazza che, canticchiando una dolce melodia, si spazzolava i capelli. Lui nel sogno aveva cercato di non farci caso, ma poi quella che sembrava essere una principessa gli aveva rivolto la parola.

«Che ne dici di andare a fare un pic-nic? Oggi il sole è magnifico!». Aveva il sorriso più luminoso che avesse mai visto. Carlos aveva dovuto trattenersi dal vomitare.

La positività per Carlos, come per tutti i Cattivi, era inquietante e nauseante. Così come lo era tutto in quel sogno.

Si riprese dai suoi pensieri, quando Evie gli schioccò due dita davanti alla faccia.

«Ehi, tutto bene? Sei rimasto due minuti buoni a fissare il nulla! Gli altri si sono già allontanati per andare verso casa di Mal» gli disse, mentre con un dito si arrotolava una ciocca dei suoi setosi capelli blu notte.

Lui annuì semplicemente, mentre insieme a Evie si dirigeva verso il Castello delle Occasioni.

E mentre saliva le scale sbilenche di quel posto, sperò con tutto se stesso che quello fatto fosse stato solo un sogno.

—— angolo autrice!

Alloraaaa . . . che ne pensate del punto di vista di Carlos? Io lo amo! È stato divertentissimo da scrivere.

Non vedo l'ora di pubblicare gli altri capitoli!

Domanda di oggi: qual'è la vostra versione di Rotten To The Core preferita? La mia è sicuramente l'originale, ma devo dire che amo anche la versione di D3. Quella fatta da Sofia non mi dispiace, ma mi sembra perda molta dell'energia che caratterizza questa canzone. Ma vatemi sapere voi cosa pensate!

Vi ricordo come sempre di lasciare una stellina e un commento!

Alla prossima!

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