iii. testa di coniglio è strano
LA COSA buffa dei giorni che ti cambiano la vita era che cominciavano come giorni qualunque.
Darcy si era svegliata, aveva fatto colazione, aveva lavato i denti e si era vestita. Il sole brillava nel cielo privo di nuvole, mentre una brezza freddina indicava l'avvicinarsi dell'autunno. La ragazza scese di corsa le scale, la gonna della divisa portata lunga fino alle caviglie e il fiocco viola sciolto attorno al collo.
«Allora, fratellino, pronto per un nuovo giorno di—» si fermò con una mano sul muro, quando notò che Arion non era in soggiorno come suo solito. Al suo posto vi era solo zia Silvia che, in piedi accanto al lavandino, puliva i piatti della colazione.
«Uh, dove diavolo si è cacciato Arion?» domandò la ragazza, che senza accorgersene si stava legando i capelli con il fiocco della divisa.
La donna scosse la testa, mentre asciugava un bicchiere con un panno: «Credevo lo sapessi tu, si sarà alzato presto».
Darcy sbuffò: «Certo, e io sono Taylor Swift. Quel ragazzo è la persona più pigra e dormigliona della città!».
Si morse una guancia, sovrappensiero: aveva la sensazione di starsi dimenticando qualcosa di fondamentale, ma per qualche ragione non riusciva a venirci a capo. Batté le palpebrebe come per chiarirsi la mente.
«Vabbè, vorrà dire che lo vedrò a scuola». Tutto quello sembrava sbagliato, ma non poté fare altro che mettersi l'anima in pace e non pensarci.
«A dopo, tesoro, e salutami tuo fratello!».
• [𖧷] •
Con grande sorpresa di Darcy, Arion non si era presentato a lezione. E fu quello a far scattare la modalità "sorella protettiva". Non era da lui marinare la scuola, specialmente senza avvertire qualcuno.
«Giuro che se non rispondi manco sta volta, io—» e partì la segreteria.
"Ehi! Sono Arion! In questo momento non sono disponibile! Se volete, potete lasciare un messaggio—"
«Fanculo!» urlò Darcy, attirando l'attenzione di diversi studenti.
Il vento intorno a lei spirava intenso, le ciocche viola dei suoi capelli che si attorcogliavano intorno al suo volto. I grandi occhi blu notte che lanciavano scintille, scattando dallo schermo del telefono al vialetto di pietra davanti a lei. Quell'ora aveva matematica, ma sembrava essersene dimenticata.
Prese le sue cuffie dallo zaino e se le portò alle orecchie, camminando a passo deciso verso l'auditorium, l'unico posto al quell'ammasso di aule che potesse calmarla.
Nella sua testa giravano un numero infinito di maledizioni poco carine nei confronti di suo fratello e della sua stupida testa bacata. Non era esattamente una novità, ma quel giovedì ci trovava più gusto del solito.
Le porte dell'auditorium erano imponenti, o almeno era come le avrebbe definite Darcy. A tutti potevano sembrare delle semplici porte, colorate e con una maniglia nera, ma per la ragazza rappresentavano l'entrata per un altro mondo, il suo mondo, quel mondo in cui aveva la certezza di essere veramente brava.
Non c'era momento della sua vita in cui non ricordava la musica al suo fianco. Le note che le giravano attorno, le splendide melodie suonate al piano, alla chitarra, al violino. Le serate passate davanti a uno spartito, disperata nel trovare il ritmo giusto.
Era sempre alla disperata ricerca di una melodia sulla quale cantare, o ballare, o cantare e ballare. Senza la musica lei non era niente.
Entrò di gran lena nella sala, che a quell'ora del giorno fortunatamente era deserta. Le poltrone rosse, il palco davanti a lei, il pesante sipario legato ai lati, tutto in quello stanzone le sembrava stupendo e incredibilmente familiare, come se fosse stato creato per lei.
Si sfilò uno dei nastri che portava legati ai polsi e lo strinse forte attorno ai suoi capelli, in una coda alta e scompigliata, che durante la giornata era stata costretta a sciogliere. A quanto pareva, usare il fiocco della divisa come lega-capelli andava contro il regolamento.
Ma, in quel momento, non le importava, così tirò fuori il suo telefono e lo collegò ad una piccola cassa che veniva usata per le prove degli spettacoli. Voleva solo schiarirsi la mente, smettere di pensare e lasciarsi andare, lontano dalla realtà, come sempre quando ballava.
Tun, tun, tun . . . La musica iniziò a rimbombarle attorno, Belladonna di Ava Max che riecheggia a nell'aria. Darcy chiuse gli occhi e prese un bel respiro, alzando le braccia e mettendosi in posizione.
Forgive me for making you wait up for me
I'll pull you in like the waves of the sea
I promise
Yeah, I promise
Sorrise. La canzone era appena iniziata e già si sentiva meglio.
Correva, saltava, andava da una parte all'altra del palco dell'auditorium come una cavalletta.
It's hard to forget me, just wait and you'll see
I cannot help it, it comes naturally
If I'm honest
I'm never honest
Canticchiava le parole tra sé e sé, un ghigno enorme in volto, le guance che le facevano male.
Un passo a destra, uno a sinistra, scatto in avanti . . .
You'll be screaming out my name
Cursing me for getting oh so close
Didn't mean to cause no pain
But it's just out of my control, oh boy
And you're better off on your own
Uh, yeah
Non c'erano parole per descrivere come il suo cuore battesse ogni volta che si muoveva a ritmo. Si sentiva libera, con l'anima che spirizzava gioia.
Era come se i colori diventassero più brillanti intorno a lei, un arcobaleno in terra, il suo paradiso personale.
Belladonna, belladonna, belladonna, belladonna
Poisonous, contagious, get you high in my cabana
Belladonna, belladonna, belladonna, belladonna
Dangerous, addictive, don't come here unless you wanna
Belladonna, belladonna
Belladonna
Solo quando ballava o cantava provava tutto questo.
Era se stessa al 100%, forte, sicura, bella . . . come se nessuno potesse raggiungerla, potesse toccarla. Una ragazza sola ma al di là del mondo, della realtà.
Uh, sweet like a flower at the beginning
But nothing is ever the way that it seems
But I like it
I can't deny it
Era così immersa nella melodia che non si accorse della porta dello stanzone aprirsi.
Fu sicura di distinguere delle voci di due ragazzi, al di sotto della musica, ma non ci fece caso.
Soon as I'm done, I just get up and leave
I swear I don't do it intentionally
I can't help it
A little selfish, oh
«Darcy!» la chiamò qualcuno, ma la ragazza ignorò tutto, continuando a ballare, concentrata. Chi se ne frega del resto — pensò — Arion è un idiota, ma sa cos'è giusto è sbagliato. Non dovrei preoccuparm-
«Dars!».
Al soprannome, si girò verso la voce. Suo fratello era appena entrato dalla porta, e la stava guardando con occhi grandi e spaventati. La ragazza non riuscì a trattenersi dal spedirgli un'occhiataccia, ma non abbandonò i suoi passi, continuando a ballare.
You'll be screaming out my name (oh)
Cursing me for getting oh so close
Didn't mean to cause no pain (oh)
But it's just out of my control, oh boy
And you're better off on your own
«Quella è tua sorella?» sentì una nuova voce chiedere.
Darcy si rese conto in quell'istante che accanto ad Arion si trovava un altro ragazzo, abbastanza basso e con una folta capigliatura verde, che le ricordò le orecchie di un coniglio.
Alzò le sopracciglia, mentre faceva una giravolta. Non l'aveva mai visto prima.
Belladonna, belladonna, belladonna, belladonna (yeah, oh, yes)
Poisonous, contagious, get you high in my cabana
Belladonna, belladonna, belladonna, belladonna (oh, yes)
Dangerous, addictive, don't come here unless you wanna
Belladonna, belladonna
Belladonna
Scese giù dal palco, sempre a ritmo della canzone, avvicinandosi ai due ragazzi, un ghigno sulle labbra che fece rabbrividire Arion. Quando sua sorella faceva così, significava nulla di buono.
La musica continuava ad andare avanti, ma, questa volta, l'attenzione di Darcy era rivolta completamente ai due nuovi arrivati.
«Fratellino mio!» esclamò. «Mi sei mancato tanto!».
Il ragazzo accanto ad Arion assunse un'espressione confusa, sussurrandogli all'orecchio: «È sempre così?».
Lei lo sentì, e dovette trattenersi dal non saltargli a dosso e prenderlo a calci in faccia. Tuttavia, sembrava avere improvvisamente un tic all'occhio sinistro.
«Uhhh, e chi abbiamo qui?» chiese, sbattendo le ciglia. «Chi è il tuo nuovo amico, Arion?».
Quest'ultimo rimase fermo come un pesce lesso per quelle che parvero ore, ma alla fine, grazie ad una particolare occhiata di lei, si riscosse: «Oh, ehm, è d—difficile da spiegare . . .» balbettò, grattandosi il naso con un dito.
Con un sorriso a dir poco smielato, che fece trattenere un conato di vomito a Darcy, Testa di Coniglio le tese la mano: «Sono Fei Rune». I suoi occhi erano di una particolare sfumatura di acquamarina. «Piacere di conoscerti».
La ragazza rimase immobile, lo sguardo che vagava dal viso alla mano di . . . Foi? Fai? Non erano passati neanche cinque secondi che aveva già scordato il suo nome. Una risata si accese tra i denti di lei, le braccia incrociate e senza la minima intenzione di ricambiare la stretta: «Vorrei poter dire lo stesso» arricciò le labbra, con dei finti occhi da cucciolo. «Ma odio tutti gli amici di mio fratello».
Proprio quest'ultimo sbuffò, le guance appena rosse, imbronciandosi: «Ma non odi Lucian e Riccardo».
«Chi?».
«È proprio per questo che siamo qui». ridacchiò . . . Fei?, le mani adesso nascoste nelle tasche. Se Darcy fosse stata più furba, avrebbe capito che il ragazzo era divertito dai suoi commenti. Tuttavia, non lo era. Intelligente, intendo. Non in quel momento, almeno. «Che io sono qui. Devo aiutare Arion a sistemare le cose».
«E sistemare cosa, di preciso?» chiese Darcy, alzando un sopracciglio. Sperava solo che non l'avessero interrotta per qualcosa di stupido. Nessuno la interrompeva quando ballava. «Anzi no, sapete cosa? Non mi importa». Si rivolse a suo fratello con un'espressione totalmente infuriata, i capelli che sembravano più arruffati, come rispecchiassero il suo stato d'animo: «Dove diavolo sei stato?!» sbottò. «Mi sveglio e non sei in casa! Non ti presenti a lezione né rispondi alle mie chiamate! Hai la minima idea di quanto io e zia Silvia eravamo preoccupate?!». Fece un paio di passi verso di lui, così arrabbiata che quasi pareva volesse prenderlo a pugni.
Arion sembrò sudare freddo per un attimo, forzando un sorriso e alzando le mani davanti a sé, arretrando: «Sì, sì, hai ragione . . . I—Io, ecco, ehm . . .» Guardò verso Fei, domandando aiuto.
«Tuo fratello non poteva venire a scuola, oggi» si intromise Testa di Coniglio, attirando l'attenzione di Darcy, che emise un suono spaventosamente simile a un ringhio. Il ragazzo deglutì: «Non— È complicato».
«Oh, ne sono sicura» rispose cupa lei, gli occhi che lanciavano scintille. «Al contrario, un bel pugno in faccia a entrambi è semplice quanto bere un bicchier d'acqua».
Calò un silenzio in cui nè Arion né Fei osarono spacciare parola, e per un attimo Darcy fu convinta di averli terrorizzati a morte. Stava per scoppiare a ridere, quando, però, Testa di Coniglio la battè sul tempo. Arion gli lanciò un'occhiata stupita.
«Sei divertente, gazzella!» esclamò Fei, tra le risate. «Non voglio rovinare il tuo entusiasmo, ma non mi sembri proprio qualcuno in grado di fare una cosa del genere».
«Oh, sei morto» sussurrò tra sé e sé Arion, allontanandosi lentamente da i due. Sapeva cosa stava per fare sua sorella.
Una scintilla maliziosa brillò nello sguardo della ragazza, che dopo aver grugnito allo stupido soprannome, si scrocchiò le nocche delle mani: «Scommettiamo?».
E prima che Fei potesse anche solo aprire bocca, il gancio destro di lei lo colpì in pieno naso.
Un poderoso CRACK riempì l'aria, mentre Fei squittiva di dolore e sorpresa. Un rivolo di sangue non perse tempo a scivolare lungo il suo mento fino a cadere a terra. Plick.
Il ghigno di Darcy non poteva essere più largo.
«PORCA P—».
«Ehi, ehi, ci sono dei bambini qui, Testa di Coniglio! Contieniti!» disse la ragazza, indicando suo fratello, che aveva osservato lo scambio scuotendo la testa. Saggia decisione.
«MI HAI DATO UN PUGNO SUL NASO!» ribattè lui, mentre cercava di fermare l'uscita di sangue con una mano. «Sto sanguinando!».
Darcy scrollò le spalle: «Io te l'avevo detto» cinguettò, divertita. «Puoi solo incolpare te stesso».
«Ma io—io pensavo—».
«Che non avessi le palle per prendere a cazzotti un ragazzo incredibilmente intimidatoro come te? Arion, si può sapere cosa hai raccontato di preciso al tuo amico Fai, qui?».
«È Fei!».
«Se ti fa dormire meglio la notte» rispose con un occhiolino.
Arion sospirò. Perché devo avere una sorella pazza? «Ehm . . . forse faremmo meglio a spostarci da un'altra parte per parlare e— beh, trovare del ghiaccio per te, Fei».
Un sibilo di dolore stabilì il suo assenso.
• [𖧷] •
Darcy era piuttosto sicura che la sua giornata non potesse diventare più assurda di com'era già.
Ci aveva pensato Testa di Coniglio a rompere questa certezza, quando le aveva spiegato di come lui venisse dal futuro, Arion fosse un campione di calcio, e che lo era anche lei: se n'era solo scordata.
«Ok, ok, fammi ricapitolare» esordì alla fine del discorso. Erano in uno dei giardini della scuola, nascosti tra alcuni cespugli, seduti per terra, e la schiena contro un muro di lamiera arrugginita. «Io e Arion, insieme alla nostra squadra, che a quanto pare dovrebbe essere quella della Raimon, abbiamo vinto il torneo Cammino Imperiale, abbattuto il Quinto Settore, e siamo entrambi dei calciatori professionisti». Si bloccò un attimo. «E tu vieni dal futuro».
Guardò Fei negli occhi, come se si aspettasse di vederlo scoppiare a ridere e dirle che era tutto uno scherzo organizzato da lui e suo fratello. Non accadde. Testa di Coniglio, invece, annuì serio, i folti capelli verde acqua che ondeggiavano ad ogni movimento.
«Lo so che può sembrare strano ma—».
«Non essere ridicolo» lo schernì lei, poggiando la testa sul metallo dietro di sé e puntando gli occhi blu verso il cielo. «Hai visto mio fratello? Ormai il mio concetto di "strano" è oltre questo mondo».
«Ehi!».
«Sai bene che ho ragione» sbuffò. Non sapeva più a cosa credere.
La faccenda era assurda, troppo assurda per essere reale: andiamo . . . viaggi nel tempo? Ricordi cancellati? Lei, Darcy Sherwind, amica di un'intera squadra di ragazzi? Nah, era impossibile.
Eppure, qualcosa nello sguardo di Fei la fece tentennare. In effetti era un po' strano. Si prese del tempo per osservarlo meglio: indossava una giacca arancione con maglia e pantaloni bianchi. Da una delle tasche spuntava una specie di piccolo disco grigio.
«Questo cos'è?» chiese, sfilandoglielo dai pantaloni.
Testa di Coniglio sorrise — e no, non avrebbe smesso di chiamarlo così: «È un mini proiettore olografico ad alta risoluzione».
Darcy storse il naso: «Ovvero?».
«Se me lo dai, te lo mostro».
«Ah! Col cavolo! Chi mi dice che non è un laser in miniatura? Per quanto ne so potresti aver detto la verità e venire dal futuro! Non mi fido di chi sa più cose di me. Quindi grazie, ma non grazie».
«Dars . . . ».
«Che c'è? Dovresti essermi grato!».
Con un sospiro, il Ragazzo dal Futuro — ehi, un nuovo soprannome! — riprese l'aggeggio in mano e lo rinfilò in tasca. «Come preferisce, sua maestà».
Le sopracciglia della ragazza si sollevarono. L'aveva appena chiamata "sua maestà"? «Ritiro tutto. Sei fantastico, Testa di Coniglio. Continua a chiamarmi in quel modo e potrei anche considerare di credere alle tue stronzate».
«È la seconda volta che usi quel soprannome» non riuscì a trattenersi dal notare, Fei. «Potresti smetterla?».
«Fei . . . » il povero Arion non riusciva a trattenersi da cercare di calmare gli animi. Sua sorella era una bomba ad ologeria e, con quelle richieste, il suo nuovo amico stava lentamente segnando la sua condanna a morte.
«E perchè dovrei farlo, Testa di Coniglio?» inclinò il capo verso di lui. «È azzeccatissimo! Non avrei mai pensato di trovare qualcuno con dei capelli più strani di mio fratello».
Un sospiro rassegnato, che sembrò provenire da entrambi i ragazzi.
«Stiamo perdendo tempo» esordì il Ragazzo dal Futuro, alzandosi in piedi. «Wonderbot si starà chiedendo che fine abbiamo fatto. Capisco che volevi salutare tua sorella, Arion, ma abbiamo cose più importanti da fare».
«Woo, woo, primo: nulla è più importante della sottoscritta. E secondo: chi sarebbe questo "Wonderbot"? Uno dei tuoi orsetti robot di peluche?» chiese, senza prendersi il disturbo di tirarsi in piedi.
«Precisamente» rispose Fei, ridacchiando fra sé e sé come se stesse facendo una battuta riservata solo a lui.
Arion, d'altro canto, aveva quasi terminato la sua riserva di sospiri. «Darcy, coraggio. Non stiamo mentendo, te lo giuro! So che è difficile da credere—».
«Rettifico: impossibile» precisò lei.
«Ma è tutto vero! Il calcio è in pericolo! Ci sono queste persone che—che lo vogliono cancellare! Completamente! Non ti ricordi proprio?» continuò imperterrito, mettendosi a gambe incrociate. «Io sono un centrocampista, tu un difensore! Il migliore della squadra! Riccardo è il nostro capitano — ehm, cioè, in realtà il capitano sono io, ma non è importante — Lucian è uno dei migliori attaccanti e anche il tuo migliore amico. E—E poi ci sono Victor, Gabi, Subaru . . .»
«Ok, ok, ti fermo qui» alzò una mano. «Ci sono molti casini, tra cui il fatto che hai sbattuto la testa da qualche parte, ma ehi! Non è esattamente una novità, giusto? Tu dici sempre stupidaggi!». A quel punto, neanche ciò che lei stessa stava dicendo aveva senso.
Con un verso frustrato, i suoi capelli lunghi le ricaddero davanti agli occhi come una tendina. «Sentite» mormorò dietro quella folta capigliatura, mentre Fei ed Arion si scambiavano uno sguardo speranzoso. «Forse avete ragione, forse no. Ma— Dio . . . avete idea delle cose di cui parlate? Ricordi, futuro, viaggi nel tempo, io e mio fratello che sappiamo giocare a calcio . . .» scosse la testa, le ciocche viola che si muovevano con essa. «È pazzesco, mi sembra di stare in un film, o in uno di quei programmi di scherzi!».
Non seppe di star stringendo i pugni, fino a quando una mano si posò sulle sue spalle. Il respiro le si bloccò in gola, l'aria rimossa dai polmoni, il mondo che andava in stand-by.
Era Fei. Darcy serrò la mascella.
«Sta tranquilla» mormorò, la voce dolce e apprensiva. Il peso del suo sguardo acqua marina era tutto sul capo della ragazza. «È difficile da processare, lo so. Un tizio qualunque arriva con tuo fratello a dirti che la vita che credi di aver vissuto è tutta una bugia. Ma—».
«Non toccarmi» sibilò a denti stretti.
La mano del ragazzo sulla sua spalle si irrigidí.
«Fei» lo avvertí Arion, sguardo improvvisamente serio. Il Ragazzo dal Futuro si girò verso di lui, le sopracciglia aggrottate.
«Toglimi. Le mani. Di dosso» ripeté Darcy, la voce bassa e velenosa. Sembrava pronta a farlo a pezzi. E con molto di più che un semplice pugno sul naso.
Passò un secondo dove Fei sembrò preso alla sprovvista dal tono, tuttavia, alla fine ritrasse la mano in ogni caso.
Quando il tocco del ragazzo scomparve, la postura di lei sembrò rilassarsi e un sospiro di sollievo le scappò dalle labbra. Improvvisamente, con gli occhi luminosi e il sorriso tornato sul viso, sembrava fosse successo niente.
Si tirò in piedi, evitando lo sguardo del Ragazzo dal Futuro. «Bene, cosa dobbiamo fare?».
Fei battè le palpebre, lo sguardo ancora fisso sul punto da cui la ragazza si era alzata. Scosse la testa e si schiarì la voce: «Non . . . Non pensavo mi, ecco, credessi».
«Ed è qui che sbagli. Potrò non fidarmi di te, ma, per quanto mi pesi dirlo, mi fido di mio fratello» e come per provarlo, posò una mano sulla spalla di Arion, che rispose con un sorriso incerto.
«Quindi, ripeto: cosa dobbiamo fare?».
—— angolo autrice!
finalmente ho finito questo capitolo! 3300 parole sudate, devo dire, ma non è così male.
ah, e per mancanza di tempo non sono riuscita a revisonarlo. ma giuro che non appena la scuola mi darà un attimo di tregua lo farò! se trovate degli errori di grammatica che neanche un camionista, sapete perché.
vi è piaciuta la prima interazione tra Darcy e Fei? non pensavate davvero che li facessi innamorare così all'improvviso, stile "mi perdo nei tuoi occhi e bla bla bla" vero? ah! non mi conoscete per nulla! Darcy non ha una bella esperienza con . . . il genere maschile, se la vogliamo mettere così, e non spoilero di più. ce ne vorrà di tempo perché siano tutti "ragazzo-ragazza".
ma siate pazienti, prima o poi ci arriveremo.
detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
alla prossima!
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