Capitolo 10 - Ricominciare

Non era una buona serata per sostare all'esterno. Deneb era arroccata tra i monti e persino nella bella stagione le temperature erano inclementi dopo il tramonto, costringendo i cittadini a tirar fuori gli abiti pesanti. Chloe indossava un corto abito blu con solo uno scaldacuore bianco a proteggere le braccia, ma la brezza pungente che picchiava contro le gambe nude era troppo debole per far rabbrividire lei, abituata al gelo che si respirava tra le nuvole.

Appoggiò la schiena alla parete di una bottega chiusa, osservando da lontano l'ingresso del Teatro Vecchio - una costruzione rettangolare circondata da portici ad archi stretti, come voleva l'architettura hedeana pre-imperiale. Avrebbe potuto superare facilmente i portoni chiusi con Maelstrom, ma preferì attendere lì fuori la conclusione del concerto. Aspettò che gli spettatori si riversassero per le strade, uomini e donne ben vestiti avvolti nei loro cappotti che commentavano entusiasti le esibizioni canore; Irene venne fuori dopo quasi un'ora, stringendosi nel piumino bianco troppo corto per proteggere le gambe fasciate in pesanti calze scure.

Rideva, circondata dai suoi amici, agitando una mano per salutare gli altri cantanti e procedere verso la sua carrozza. Poi i suoi occhi scivolarono sull'angolo della strada e lì incrociò lo sguardo di Chloe: tanto bastò per congelarla sul posto, spegnendo il sorriso per fare spazio a un'espressione incerta.

Chloe staccò le spalle dal muro, ma non venne avanti. Si concesse solo di supplicarla con gli occhi. La carrozza era parcheggiata sul viale alla sua destra; Irene avrebbe potuto raggiungerla senza incrociare Chloe, se avesse continuato a camminare, e lei avrebbe recepito il messaggio.

I suoi amici farfugliarono qualcosa. Arroz si spostò al suo fianco, come a volerla schermare, fissando Chloe di sottecchi. Non erano mai riusciti a legare: le cose non avevano funzionato, tra Louis e Arroz, e lui si trascinava ancora dietro una percepibile sensazione di disagio quando parlava con Chloe. Elizè, una lasyardiana dalla pelle chiara tempestata di lentiggini, cercò di afferrare l'amica per un braccio per incamminarsi verso la carrozza; Irene però si ritrasse, liberando polvere dorata. Scosse il capo e la rassicurò con un sorriso tirato, poi si separò dalla comitiva e picchiettò i tacchi bassi sulle larghe pietre della via principale.

Chloe la raggiunse nel piazzale, osservando con la coda dell'occhio il gruppo di amici che non le staccava gli occhi di dosso mentre prendeva le distanze.

«Il concerto è finito» disse Irene, piccata. Si fermò di fronte a lei e tenne la testa ben alta, ma il collo rigido tradiva il suo nervosismo. «Sei arrivata tardi anche stavolta.»

«Ho pensato che sarebbe stato meglio aspettare fuori, non volevo distrarti.» Chloe si concesse un sorriso debole.

"So quanto ti renda nervosa notare un problema che non puoi affrontare subito." Avrebbe voluto dirle. "Conosco il modo in cui aggrotti le sopracciglia e sbuffi, incapace di concentrarti finché non puoi provare a risolverlo, e lo amo come ogni altra parte di te."

Invece si schiarì la voce, sistemando dietro le orecchie i capelli azzurri che sfuggivano alla coda. «Volevo chiederti scusa.»

«È tardi anche per questo» obiettò lei, incrociando le braccia al petto. «Avresti dovuto pensarci prima di lasciarmi da sola il giorno del mio debutto.»

«Beh... Sarebbe stato impossibile: in quel caso, non avrei avuto nulla di cui scusarmi.»

Irene arricciò il naso. «Detesto la tua retorica.»

"Prima l'amavi."

Chloe si trattenne di nuovo, umettandosi le labbra. Quella risposta secca non faceva male quanto ricordare le genuine risate che un tempo le regalava.

«Non sono qui per giustificarmi» disse invece. «Posso dirti che non era mia intenzione, ma ciò non cambia che ti ho delusa e ho infranto ogni promessa che ti avevo fatto. Hai ragione tu, su tutto; avrei dovuto dirti questo, quella sera, ma quando mi sono ritrovata stretta all'angolo, ho... Ho perso il controllo.»

Abbassò gli occhi, sfuggendo al suo sguardo. Sentiva scalciare nel suo petto la necessità di spiegare: era stata costretta ad assentarsi, quella sera. Era tornata stanca e provata, prossima all'Affaticamento e vittima dello strano malessere che si appropriava di lei quando abusava di Maelstrom. Le sembrava ingiusto dover ammettere i suoi errori senza la possibilità di spiegare cosa c'era dietro, ma serrò le labbra impedendo alle parole di venir fuori.

"Hai scelto di vivere tra loro pur sapendo che avresti dovuto mentire" si ammonì. "Ora accetta le conseguenze in silenzio."

«Non volevo urlarti addosso quelle cose; non le penso nemmeno» proseguì, rialzando lo sguardo. «Non sono vere, mi ci sono aggrappata solo perché non volevo ammettere di essere io quella in torto. C'è questa sciocca convinzione che, se si è in due a sbagliare, allora i tuoi errori pesano meno... Ma non funziona così. Lo so, eppure non sono riuscita a fermarmi. Se potessi semplicemente ritrattare tutto, lo farei; se potessi tornare indietro e mettere a posto le cose, credimi, lo farei. Ma non posso.» Chloe lo pronunciò con cura, ma Irene non ne avrebbe mai colto il reale significato.

Aveva riflettuto parecchio sulla cosa, dopo la rottura. Gli insegnamenti heikun sostenevano che era possibile porgere le proprie scuse solo quando si provava sincero pentimento, e Chloe era pentita, ma avrebbe agito diversamente se le fosse stato concesso di rivivere quel giorno? Era giusto provare rammarico per una scelta che avrebbe compiuto in ogni caso?

Le sembrava così sbagliato, eppure non credeva di avere davvero avuto scelta. Se avesse ignorato i suoi doveri pur di andare al concerto, i Purificatori non avrebbero raggiunto in tempo i criminali, che sarebbero sfuggiti al Giudizio. Inoltre, l'Ordine l'avrebbe punita severamente e avrebbe dovuto lasciare Sayfa, perciò anche Irene. Le sarebbe rimasta a fianco quella sera per abbandonarla la mattina dopo.

«Posso solo farti le mie scuse» concluse, stringendosi nelle spalle. Non aveva una soluzione a quel dilemma; poteva solo prenderne atto. «Non è molto, ma meriti almeno questo. Forse è davvero tardi o penserai che sono parole vuote, ma... Mi dispiace, Irene. Mi dispiace sul serio.»

Irene la guardò in silenzio, asciugandosi gli occhi lucidi nel modo più composto che riusciva. La pelle sotto il mento si raggrinziva quando tratteneva il pianto, e lei divideva il respiro in brevi scatti: non era evidente per tutti, ma lo era per Chloe.

«Non è solo quella sera» le disse. La sua voce era spezzata, gettava fuori ogni parola come se dovesse lottare per riuscirci. «Era solo l'ultima di tante, piccole cose. Tutte le volte mi hai chiesto scusa, tutte le volte io ti ho creduto e tutte le volte mi sembrava di essere tornata al punto d'inizio. Io ti amo, ma non posso continuare a correre in cerchio, Chloe. Se vogliamo stare insieme deve cambiare qualcosa, altrimenti non-»

«Non ti sto chiedendo di darmi un'altra possibilità» la fermò Chloe, e Irene si irrigidì. Le sfuggì un singhiozzo e dovette strofinare di nuovo gli occhi con le dita.

«No?»

Sembrava delusa. Era stata Irene a lasciarla, ma il suo sguardo sembrava supplicare dammi una buona ragione per tornare insieme. Qualcuno l'avrebbe definita troppo buona, ma era più che altro testarda: si rifiutava di vedere le cose a cui teneva andare in pezzi. Finché avesse visto una speranza di miglioramento avrebbe tentato e tentato ancora, incasellando fallimenti e continuando a provare, convinta che quella sarebbe stata la volta buona.

Chloe amava questo lato di lei. Le somigliava, per certi versi; però sapeva che quella speranza era solo un'illusione.

«Ti amo, Irene. Ti amo più di quanto riesca a dimostrare, ma questo non basta: non posso esserci per te come desideri e come meriti.» Chloe chiuse gli occhi per un lungo istante, respirando a fondo. «Non riesco a spezzare quel cerchio. Ci ho provato, più e più volte, ma non ne sono in grado. Non adesso, non così. Tu stai correndo verso il tuo sogno, ma io non ho la più pallida idea di cosa fare della mia vita e non posso chiederti di stare con me finché non avrò capito come gestirla.»

Irene ridacchiò nervosamente, stringendosi nelle spalle. «È buffo, no? Ti ho lasciato io, però sembra il contrario.» L'ilarità scemò rapidamente, e lo sguardo si annacquò di angoscia. «Perché dev'essere tutto così complicato, Chloe? Perché non possiamo capire insieme come farla funzionare?»

«Perché vorrei prometterti che le cose andranno meglio, ma non so se sarà davvero così. Vorrei essere la fidanzata che meriti, ma non so se riesco a farlo: è questa la verità, e non posso trascinarti ancora in un circolo senza fine. L'hai detto tu: se vogliamo stare insieme deve cambiare qualcosa, ma non posso chiederti di sacrificarti e aspettare che io capisca come fare

Le braccia di Chloe scivolarono lungo i fianchi, senza forze. La mente aveva compreso che fosse la scelta migliore, ma per il suo cuore non era altrettanto facile accettarlo: pronunciare quelle parole drenava energia ai suoi muscoli, alleggerendola di un peso per poi abbandonarla al suolo come un sacchetto vuoto e stropicciato.

«Mi dispiace, Irene» singhiozzò. Per quante volte l'avesse ripetuto, non le sembrava mai sufficiente. «Non volevo questo. Se ci fosse un modo per ricominciare, farei in modo che le cose andassero diversamente. Magari, se mi fossi accontentata di essere tua amica, sarei riuscita a fare bene almeno quello. Magari sarei riuscita a renderti felice, magari non avrei dovuto dirti addio.»

Irene abbassò lo sguardo e si strofinò i palmi sugli occhi, mugolando di comprensione. Sembrava così afflitta che Chloe aveva difficoltà a capire se non riuscisse a parlare o non volesse farlo; doveva sentire anche lei quel vuoto nel petto, quella sofferenza che la semplice logica non riusciva a colmare. Prese aria fino in fondo e la gettò fuori in lenti sospiri, quasi fosse la preparazione per uno sforzo fisico, poi drizzò le spalle.

«Come ti chiami?» domandò. Chloe aggrottò le sopracciglia, ma lei non si scompose: tirò su col naso e si schiarì la voce. «Come ti chiami

Un singhiozzo sfuggì dalle labbra di Chloe, il fiato bloccato nel petto.

Se ci fosse un modo per ricominciare...

«Chloe» sussurrò, sentendo gli occhi inumidirsi. La guardò con tutta la gratitudine di cui era capace, piegando le labbra all'insù, e anche Irene sorrise.

«Che nome buffo, per una jiyana.»

«È colpa di mia madre. L'ha scelto lei, le piacciono i nomi dunier.»

«Oh, meglio così! Almeno non rischierò di dimenticarlo.»

«E io non dimenticherò il tuo, Irene che si legge Airin

Irene ridacchiò, facendo sparire le mani dietro la schiena. Un suono agrodolce, dolore e speranza che si mescolavano assieme. «La prossima settimana sarò a Vega per un concerto al Teatro Credentia. Posso farti avere un biglietto, se ti andasse di...»

«Mi va» la fermò Chloe. «Mi va eccome

Gli occhi di Irene si fecero lucidi, ma non si preoccupò di asciugarli e li tenne fermi nei suoi. «Ti aspetto.»

«Ci sarò.» Chloe annuì, parlando con la solennità di una promessa. «Questa volta, ci sarò.»



Finalmente ritroviamo un po' di gioia, anche se il finale ha un retrogusto amaro 💔 

Sapevamo già quale sarebbe stata la conclusione della loro storia, però mi mette comunque addosso un po' di tristezza ç_ç 

Al di là di Bluebird, però, credo che sia davvero la conclusione migliore per loro - o almeno, lo è considerando che attualmente Chloe non è in grado di fare più di questo. Da un lato mi viene da dire che ha conosciuto Irene "troppo presto" perché potesse funzionare, dall'altro però credo che senza Brycen non sarebbe comunque riuscita a "venirne fuori", diciamo così.

Quindi, tutto sommato, credo sia meglio così :3

Con l'epilogo di domani concludiamo questa piccola avventura, vi aspetto!

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