Confusing what is real

Izuku si risvegliò con il volto premuto contro il terreno umido, la sensazione fredda della terra che si attaccava alla pelle lo scosse dal torpore. Il primo pensiero che lo colse fu di disorientamento.

Era a faccia in giù, esattamente come si ricordava di essere caduto mentre fuggiva dalla belva, in preda al panico. Con un gemito, si sollevò appena, il corpo ancora intorpidito, e la confusione lo travolse.

La prima cosa che fece fu osservare le sue mani e il suo corpo: era vestito, interamente. Nessuna traccia di...

Avvampò al solo pensiero, una mano premuta all'altezza del petto a cercare di capire perché il cuore avesse preso a battere così forte.

Si sedette lentamente, cercando di mettere ordine nella sua mente, che continuava a rimescolare frammenti confusi e offuscati di ciò che era accaduto, nonostante sentisse le gambe doloranti.

Si toccò il collo, il busto, le gambe, alzando i vestiti e cercando eventuali ferite di morsi o graffi o altro, ma non trovò nulla.

Non c'era alcun segno di ciò che aveva vissuto.
O creduto di vivere.

Il battito del suo cuore era ancora accelerato, ma il suo corpo era integro, sano e leggermente indolenzito, come se tutto fosse stato solo un brutto sogno e lui fosse rovinosamente inciampato sui suoi stessi passi, svenendo per il colpo.

Izuku si guardò intorno, gli occhi che passavano velocemente tra i tronchi degli alberi e l'oscurità che ancora avvolgeva il bosco. Cercava quella belva, quell'essere selvaggio che l'aveva inseguito e che, per un attimo, aveva avuto il totale controllo su di lui. Ma non c'era nulla. Solo il silenzio del bosco, interrotto occasionalmente dal fruscio delle foglie smosse dal vento.

Scosse la testa, cercando di liberarsi dall'intontimento, e si accorse che la borsetta dei dolcetti che aveva con sé si era aperta, spargendo il contenuto sul sentiero. I suoi movimenti erano ancora goffi, mentre cercava di raccogliere gli oggetti sparsi per terra: caramelle, piccoli pacchetti colorati e un paio di decorazioni che si erano sparpagliati nel buio. Con le mani che tremavano leggermente, raccolse tutto in fretta, come se temesse che l'ombra della belva potesse ricomparire da un momento all'altro.

«Che... Che cosa è successo?» mormorò tra sé, la mente ancora appannata, perché non riusciva a trovare un senso a ciò che aveva vissuto.
O, ancora una volta, che aveva creduto di vivere: doveva essere stato uno scherzo della sua mente, una fantasia macabra generata dalla stanchezza e dal bosco oscuro. Forse la sua immaginazione aveva giocato con lui, distorcendo la realtà fino a renderla irriconoscibile...

Una volta raccolto tutto, si sollevò in piedi, le gambe ancora deboli sotto il peso del suo stesso corpo. Si fermò un istante, respirando a fondo, e sentì il torpore lentamente lasciare spazio a una sensazione di sollievo: non c'era nessun predatore che lo cacciava, nessuna presenza minacciosa pronta a sopraffarlo. Solo la quiete del bosco notturno.

Con il cuore che iniziava a calmarsi, Izuku riprese il sentiero, i passi ancora incerti, ma determinati. Ogni metro che percorreva sembrava allontanare sempre di più l'ombra di quella strana esperienza, portandolo fuori da quel labirinto di paura e angoscia in cui era stato intrappolato. Il respiro si fece più regolare, e lentamente il pensiero che fosse tutto finito cominciò a farsi strada dentro di lui.

Poi, dopo qualche centinaio di metri, sentì qualcosa di diverso nell'aria.

Un suono.

Dapprima lontano, appena udibile, poi più chiaro: musica.

Le note allegre di una canzone si facevano strada attraverso gli alberi, accompagnate da risate e chiacchiere spensierate. Izuku sollevò lo sguardo e vide, appena oltre una radura illuminata dalla luce della luna, una baita in legno: accogliente, con luci che si intravedevano dalle finestre e una piccola veranda adornata con decorazioni di Halloween.

Il suo cuore si alleggerì immediatamente, e la tensione che lo aveva accompagnato fino a quel momento sembrò sciogliersi del tutto.

I suoi amici dovevano essere lì, ad aspettarlo. Il senso di isolamento e pericolo che aveva provato nel bosco si dissolse, sostituito dalla promessa di calore, compagnia e sicurezza. Un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra mentre si avvicinava alla baita, lasciando alle spalle il freddo e l'oscurità del bosco.

Poi ripensò a quella specie di incubo vivido che aveva sperimentato e bloccò i suoi passi sul primo gradino della veranda, il cuore che aveva ripreso a battere furiosamente.

Kacchan.

Sicuramente c'era anche Kacchan lì, con gli altri. Allora avrebbe avuto la riprova che quello era stato solo un brutto scherzo dovuto ad una caduta rovinosa, al suo inciampare e cadere e perdere i sensi...

Deglutì nel salire quei pochi gradini, inspirando profondamente nell'aprire quella porta in legno, decorata con una ghirlanda fatta di aghi di pino, fiori secchi e fette di arancia essiccata e cannella.

Il calore e il suono delle risate all'interno sembravano attrarlo come un faro nella notte. Spalancò la porta e fu accolto da una scena vivace e rassicurante con la festa che era già in pieno svolgimento. La musica che si sentiva attutita da fuori, dentro rimbombava in ogni stanza e le risate si fondevano con il crepitio del fuoco nel camino. I suoi amici, vestiti con costumi stravaganti, lo accolsero con calore, e lui sorrise, provando a nascondere l'ansia e il lieve turbamento che era tornato a farsi strada dentro il petto, mentre il profumo di cibo e vino si mescolava all'aria calda che riempiva la stanza.

Finalmente poteva rilassarsi.
Il peso che si era accumulato sulle sue spalle mentre vagava nel bosco scompariva poco a poco. Il cuore, che fino a quel momento aveva martellato senza sosta, trovava un ritmo più regolare, e Izuku si lasciò andare a un sospiro profondo, grato di essere lì, in mezzo ai suoi amici. Guardandosi intorno, riconobbe i volti familiari e si sentì avvolto da un calore rassicurante.

E poi, come se il mondo avesse deciso di prendersi gioco di lui, lo vide.

Accanto al camino, con un bicchiere di vino in mano e un'espressione rilassata, c'era Katsuki che parlava con Mina.

Non c'erano tracce della bestia che aveva incontrato nel bosco: non aveva orecchie o coda. I suoi denti erano perfetti e non vi era alcuna traccia di zanne acuminate nè di artigli sulle sue dita. Eppure Izuku provava quella strana sensazione, come se un velo di sudore gli si fosse formato improvvisamente sulla pelle e lo rendesse appiccicaticcio e sporco e un campanello nella sua testa lo allertava, dicendogli che quello che era successo nel bosco non era stato davvero solo un sogno.

Katsuki voltò appena lo sguardo, gli occhi sanguigni guizzarono nella sua direzione e Izuku si gelò sul posto, proprio mentre Tsuyu lo abbracciava calorosamente e Ochaco gli rubava la sporta dalle mani, estraendone i dolcetti un po' ammaccati e le patatine.

Katsuki voltò il capo e lo guardò, alzando lentamente il calice di vino. Il suo sorriso era quasi complice, e c'era una luce maliziosa nei suoi occhi. L'apparente normalità di quel gesto avrebbe dovuto essere rassicurante, ma qualcosa in quel sorriso gli fece rizzare i peli sulla nuca.

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