0. It's good to be alive

I was lost and I was gone
I was almost dead inside
This life can almost kill you
When you're trying to survive
~ Skillet ~

Correva veloce, tanto da far male. Per il dolore che sentiva, in un punto preciso dell'addome, era certo che si sarebbe aperta una voragine.
Schivò alcune buche sulla stradina sterrata, le scarpe scivolavano sul ghiaino, rischiando di farlo finire a gambe all'aria.

Aveva il fiato corto e, come se non bastasse, aveva il cuore gelato come il terreno, ma non voleva fermarsi.

L'inizio della primavera portava con sé i primi fili d'erba, che spuntavano coraggiosi dalla neve, e un cielo grigio-rossastro minaccioso. L'aria pungente del pomeriggio gli sferzava il viso e cacciava ancora nelle narici quella puzza insopportabile.

Quell'odore lo aveva investito dieci minuti prima, già da metà strada: acre e nauseante.
Poi, come qualcosa di primordiale, la paura era venuta a galla, una scossa l'aveva percorso dalla base della nuca fino al buco del culo, facendogli sollevare involontariamente i peli su tutto il corpo, rabbrividendo.

E quella tremenda sensazione, da quando si era messo a correre, non l'aveva più lasciato.
Quell'olezzo lo sentiva ancora, fin nella gola e qualcosa, portato dal vento, cadeva dall'alto, come se fosse della neve sbiadita: un pulviscolo grigio, sottilissimo, che si attaccava ai vestiti, alla pelle sudata, alle lacrime.

«Isairel!». Si voltò per un istante, rallentando, alla voce di Ianco Milner, facendogli cenno di proseguire oltre il bivio, verso casa, senza aspettarlo.
Correva e tossiva, cercando di non rovinare al suolo.

"Il bosco è sicuro", si disse, zigzagando tra i primi alberi sul limitare della strada.

Voci concitate si udivano dalle proprietà lungo la strada, e rumori forti.
Udiva raffiche, una dietro l'altra, rapide. Un frastuono che lo bloccò per alcuni istanti.

Strinse i pugni e accelerò il passo, il cuore che pompava come un forsennato e i polmoni che sembravano trafitti da milioni di spilli gelidi.

Ricordava quell'odore, anche se non lo aveva riconosciuto subito: le penne bruciate della gallina. Quell'odore di legno e pelle bruciata, amplificato ogni volta che passava a fianco a una delle case in fiamme.

Si fermò di colpo, paralizzato dal terrore.

Da dove si trovava, tra gli alberi, vedeva movimento attorno alle case, ma non riusciva a ravvisare le fattezze delle persone. Poco dopo, il cielo si tinse di una luce grigiastra e il sole scomparve.

Un rombo lo fece trasalire, tanto che si gettò tra gli arbusti e le radici mentre passavano delle camionette lungo la strada. La polvere sollevata lo fece tossire.

«Maledizione!». Strisciò per qualche metro prima di rialzarsi e continuare a correre verso la propria casa, tra gli alberi.

Che cosa sta succedendo?

Le fiamme uscivano con prepotenza dalle finestre della cucina, lambendo il tetto e incendiandolo.

Si precipitò verso una figura riversa a terra, incurante del fuoco e di tutto il resto.

«Mamma!», urlò, con quel poco di fiato che gli rimaneva, grattando le corde vocali.
Ma la madre era già morta, con la schiena squarciata da una raffica di mitra nel tentativo disperato di proteggere la figlia più piccola, ad appena un passo di distanza.

La bimba, sei anni appena, aveva la testa quasi staccata dal corpo, forse a causa della stessa raffica che aveva ucciso la madre.

I corpi, martoriati dai proiettili, avevano inzuppato con il sangue i vestiti freschi di bucato che le fiamme stavano già cominciando a consumare.

Si accasciò a un paio di metri dalla madre esangue, battendo i pugni sul terreno tiepido, piangendo della sua totale impotenza.

Sentiva le grida mischiate agli spari, le voci metalliche degli incursori e le bestie della fattoria vicina nitrire impazzite. Sentiva il calore del fuoco sul viso.

Si guardò attorno, nella totale devastazione, cercando la presenza di suo padre nell'orto dietro casa e nei campi.

Lo trovò riverso nel fosso che divideva la proprietà da quella del vicino, la testa piena di sangue e la vanga ancora in mano.
«Papà...», sussurrò avvicinandosi, non avendo più voce.
L'uomo bofonchiò qualcosa di confuso, allungando le braccia verso il figlio, per poi abbandonarle a terra nell'istante in cui la vita lo lasciava.

Distrutto, si distese nel fosso, accanto al cadavere del padre fino al tramonto.
La pozzanghera in cui si era sdraiato aveva uno strano odore metallico.
Si girò sul fianco, il naso a pochi centimetri dal terreno zuppo di sangue.
Il cuore continuava a pulsare disperatamente e udiva tutto ovattato. Cercò di chiudere gli occhi e regolare il respiro. La gola bruciava, le gambe e la schiena dolevano più che dopo una giornata a zappare la terra.

Poi, pian piano, il cuore cominciò a rallentare e, da dov'era disteso, poteva vedere da lontano le fiamme della casa che divoravano e facevano cadere il tetto.
Le raffiche di spari divennero colpi singoli in lontananza. Colpi che chiudevano singole vite.

C'erano sopravvissuti come lui? Qualcuno era riuscito a salvarsi?


All'imbrunire si mosse furtivo, trascinando il corpo del padre fino alla casa: gli sembrava come un sacco vuoto che continuava a sfuggirgli dalle braccia, sia per la stanchezza sia per il fango e il sangue.

Arrivato dietro l'abitazione, gli lasciò un bacio sulla testa sporca, stringendolo a sé tra i singhiozzi. Lo caricò in spalla per poi lanciarlo in una finestra, tra le fiamme.
Fece il giro della casa, facendo lo stesso con la madre, mentre le lacrime continuavano a bagnarli guance e labbra.

Poi, con delicatezza, prese tra le braccia la sorella, come se avesse paura di svegliarla. Non fu troppo accorto e la testa rotolò via dal corpo appena lo sollevò.

Cacciò un urlo strozzato, stringendo al petto il corpicino senza vita e calciando nel fuoco la testa con uno scatto di rabbia furibonda.

Cadde in ginocchio, dondolando col cadavere tra le braccia per un tempo indefinito, prima di rialzarsi e consegnarlo alle fiamme, nel cuore un pesante miscuglio di odio, rabbia e tristezza.

Si trascinò poi fino al capanno dell'orto, distante dal fuoco, ma abbastanza vicino da poter avere un minimo di tepore, perché in quel punto esatto si sentiva al sicuro.
In quel suo rifugio tutto il suo autocontrollo si sgretolò: senza voce, pianse tutta la notte, emettendo lugubri lamenti, coperti dal crepitare delle fiamme e dallo scricchiolio della casa che bruciava e crollava.

Si svuotò di ogni singola lacrima e, con esse, prosciugò qualsiasi sentimento avesse nel cuore, perché ormai aveva meno di nulla.

This is how it feels when you're bent and broken
This is how it feels when your dignity's stolen.
~ Skillet ~

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Se volete ben capire le vibes della storia...eccovi la PLAYLIST:

https://open.spotify.com/playlist/7xnswHLLFyGmXwyL85LhA2?si=PBNSKeP-Q5OIXMRigwpXhg

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