19. You make me feel like I'm home again
Giorno 240 - notte
Si svegliò di soprassalto nell'udire la serratura che scattava.
Da quando avevano dato l'ordine di chiudere le camere di notte iniziavano a circolare strane voci tra i ragazzi dell'Istituto.
E anche Isairel, già col sonno precario, aveva cominciato ad essere più vigile e a riposare molto peggio del solito. Soprattutto dopo quello che gli aveva raccontato Ianco.
«Isa...».
Quando udì la voce dell'amico, si stupì di vederselo appoggiato alla porta chiusa della stanza.
Nell'ultimo periodo stava seguendo un allenamento duro, in vista di una nuova selezione per l'Accademia militare, così avevano avuto poco tempo per vedersi.
Era scalzo, con solo il pigiama dell'istituto addosso e un profondo taglio sul labbro.
Lo vide dirigersi verso il piccolo lavandino, dalla parte opposta del letto.
Perché si sta lavando la faccia?
Da dietro, le sue spalle sembravano più larghe e il tessuto del pigiama gli tirava all'altezza delle scapole. «Ianco, che ci fai qui? Come sei entrato?».
Lo udì ridacchiare. «Ho rubato un passe-partou. Dai, fammi entrare.».
Non gli diede tempo di rispondere, che già il biondino si era sistemato accanto a lui sotto le lenzuola. La fronte fresca, leggermente umida di acqua, si posò sulla guancia di Isairel, facendolo rabbrividire.
Aveva trattenuto il respiro, agitato, fino a quando non aveva sentito il suo abbraccio saldo attorno alla vita.
Dalla notte del suo compleanno, Isairel non aveva avuto molte occasioni di condividere il letto in quel modo, né si era più confrontato con Ianco su quello che gli stava accadendo.
«Da chi hai preso la chiave?».
«Uno che mi doveva un favore.». Il ragazzo si rannicchiò contro di lui, infilando una gamba tra quelle dell'amico.
Isairel non domandò oltre, limitandosi ad accarezzargli la testa e la schiena. Udì il biondino sospirare.
«Che ti prende, Ian?».
«Niente, avevo bisogno di te. Mi mancavi.». Isairel lo strinse forte e gli posò un bacio sulla fronte.
Dopo un lungo momento di silenzio, il biondino riprese: «Sono stufo, Isa... Stufo di stare chiuso qui, di studiare, di ammazzarmi di allenamenti che porteranno ad un'altra sconfitta. Sono stufo di sentirmi usato...».
Le ultime sue parole finirono in singhiozzi che si trasformarono in un pianto silenzioso, senza che il moro potesse in alcun modo confortarlo.
Isairel lo strinse ancora più forte. «Non piangere, ti prego...», ma ci volle un po' prima che il biondino finalmente si calmasse.
«Hai un buon odore, Isa. Lo hai sempre avuto.». La risata sommessa del moro scosse tutto il suo torace, rimbombando nell'orecchio di Ianco e facendo eco al battere incessante del proprio cuore.
«Sei strano, Ian, più del solito.», riuscì a dire prima di un sonoro sbadiglio che gli fece socchiudere gli occhi.
Ianco la testa per guardare l'amico: la luce argentea della luna piena, da poco spuntata dalle nubi, illuminò entrambi. «Non sono strano. Non sai di alcol o di tabacco o... Sudore come quegli schifosi che passano da me quasi ogni notte. - strofinò il naso sull'incavo delle clavicole - Sai di buono, di sapone, di pulito. Mi sento... Sai di casa, Isa.».
Il respiro gli morì in gola a quel gesto, perché con quelle parole l'aveva colto di sorpresa.
Le labbra di Ianco gli cancellarono tutti i pensieri dalla mente, lasciandolo totalmente incapace e in balia di un vortice di sensazioni inattese e primitive.
Le labbra morbide e la lingua umida che giocava con la propria, i piccoli morsi sul vermiglio inferiore e appena sotto la linea della mascella. Tutto lo stava trasportando in un altro mondo.
Con dita tremanti sollevò appena la maglietta di Ianco, sentendo sotto i polpastrelli la pelle tesa dell'addome, calda e liscia. Affondò le dita nella carne del fianco, come a voler plasmare nuovamente quel corpo, tastandone ogni centimetro.
Nulla nei gesti di Ianco era dolce o delicato, eppure tutto lo era.
Non l'aveva programmato, non si erano chiesti se andasse bene.
Le domande forse erano semplicemente sprecate e il tempo andava troppo veloce per rispondere a dei perché balbettanti.
La mano di Ianco s'infilò all'interno dei pantaloni, frugandogli tra le gambe, cercando di liberare la sua erezione. Lui, di contro, lo bloccò con la propria.
Lo sguardo liquido e il fiato caldo dell'amico non lasciavano dubbi sulle sue intenzioni.
«Ti stai tirando indietro, Isa? Vuoi che smetta?», gli chiese con una punta d'ansia nella voce, mentre avvolgeva la mano calda attorno al membro dell'amico, strappandogli un sospiro troppo rumoroso. «No...».
Isairel si lasciò guidare, mentre l'umido dei baci di Ianco lasciava una scia tra l'orecchio e il collo che gli dava uno strano senso di sicurezza, tanto che pure la maglietta sembrava un impedimento in quel percorso.
Tentò goffamente di sfilarla, aiutato dal biondo, che fece lo stesso con la propria, prima di sfiorargli con i polpastrelli il petto.
Isairel seguì con le dita la striscia leggera di peluria bionda, dall'ombelico fino a oltre l'elastico delle mutande, facendo sospirare l'amico, eco del suo stesso respiro.
Le sue dita si mossero ad imitare quello che poco prima gli aveva fatto l'amico, muovendole con maggior decisione lungo il suo membro, cogliendolo di sorpresa.
Quando anche pantaloni e mutande furono scalciati via, sotto le coperte rimasero solo i loro corpi nudi e le loro fragilità.
Ianco sparì tra le lenzuola, depositando piccoli baci su tutto il torace del moro, scendendo fino all'addome e poi più giù, leccando l'erezione dell'amico dalla base alla punta, prima di farla sparire tra le labbra, succhiando appena.
Isairel inarcò la schiena sul materasso, frenando con la mano un gemito troppo rumoroso.
Non chiese. Non che avesse la lucidità per farlo.
A volte ci aveva pensato a quello che l'amico gli aveva raccontato.
A volte s'interrogava sulla veridicità delle parole ascoltate.
Poi partivano i singhiozzi, vedeva le labbra tumefatte o l'impronta di una mano sulla sua guancia e capiva che la realtà era peggiore di quando potesse immaginare.
Le dita affondarono tra i capelli del biondo, cercando prima di respingerlo e poi di trattenerlo ancora più a lungo, perché quella dolce tortura non terminasse troppo in fretta.
Quando si rifugiava in quella camera e si appisolava stretto a lui, dolorante ed esausto, Isairel lo coccolava, carezzandolo come faceva con Anika dopo un brutto sogno.
Ma quello era solo un incubo più vivido degli altri e il ritrovarsi l'uno nelle braccia dell'altro dava loro uno strano sollievo.
I capelli biondi di Ianco si muovevano al ritmo della sua testa, mentre il volto di Isairel, con un velo di sudore che faceva luccicare la pelle arrossata, si contraeva per la concentrazione di trattenersi.
Il calore sparì improvvisamente, lasciandolo frustrato. «Non così...», udì l'amico sussurrare.
«Non così, cosa?», ma lui si avventò sulle sue labbra, in un bacio profondo ed umido, continuando ad accarezzargli il membro, sfregandogli la propria erezione tra le natiche. In quella posizione, a gambe divaricate e nudo di fronte all'amico si sentiva vulnerabile.
Un senso di profonda angoscia si impossessò di Isairel, quasi come se lo stomaco venisse chiuso in una morsa: Ianco si era sputato su una mano e gli stava inumidendo la zona dell'ano.
«Sei nervoso?», gli chiese con una certa apprensione. «Mi fermo?».
Isairel aveva la bocca asciutta e balbettò un no poco convincente.
Incosciente, ecco come si sentiva.
Aveva la testa in una bolla come se stesse ancora in dormiveglia, e lo osservava con gli occhi acquosi di sonno e desiderio.
Ianco iniziò a massaggiargli il culo stringendolo tra le mani. Lo allargò fino a tirare la pelle e provocargli una fitta di eccitante dolore. Le dita del biondino, inumidite dalla saliva, iniziarono a stimolarlo, entrando con delicatezza dentro di lui. E quell'intrusione lo lasciò senza fiato per la sorpresa e per il dolore.
Era strano, fastidioso perché sentiva tutto l'attrito del dito contro quel suo anello di muscoli.
E Ianco, per quanto si sforzasse, non era delicato.
In quel frangente nessuno lo era stato con lui, nessuno s'era preso la briga di esserlo, preparandolo al dolore, alle lacrime o anche solo spiegandogli che fare.
Ma non voleva che Isairel sopportasse lo stesso, perché quello che provava e che voleva che anche l'amico sentisse era solo bene. Un gran bene.
Così sputò di nuovo sulla mano e si massaggiò il membro, in quella maniera forse fin troppo rude che aveva imparato a conoscere.
«Chiudi la bocca con la mano, Isa. Farà un po' male, ma cerca non gridare.».
Quando sentì la punta premere e provare a penetrarlo, Isairel cercò di seguire le sue indicazioni e respirare e rilassare i muscoli per accoglierlo, ma non era semplice; lottò con l'istinto di gridare, mordendosi con forza il polso per trattenersi, sforzandosi di tenere gli occhi aperti quando Ianco provò a spingersi più a fondo dentro di lui.
La mano del biondo gli carezzò la fronte e i capelli, cercando di rassicurarlo e rilassarlo con dolci sussurri.
Con un movimento lento e misurato del bacino, il biondo entrò ed uscì da lui, quel poco che bastava a non fargli troppo male. Le grida soffocate contro il polso si tramutarono presto in ansiti rochi.
Un calore tremendo si irradiava dal basso ventre fino allo stomaco, pulsava nelle tempie come un martello al ritmo delle spinte di Ianco e Isairel grugnì di piacere quando la frequenza degli affondi aumentò.
Avvertì i muscoli delle gambe cedere quando Ianco cominciò a toccargli di nuovo il membro, stringendolo nella mano e muovendolo al ritmo delle spinte.
Isairel non capiva se le lacrime che gli bagnavano le guance fossero di dolore o gioia o estasi, perché non ci mise molto a venire sul proprio petto. Alcuni schizzi lo colpirono al collo e gli finirono tra i capelli, mentre sentiva il membro di Ianco ingrossarsi dentro di lui e fargli ancora più male, mentre gli stringeva con forza il fianco prima di tremare, travolto anch'egli da un orgasmo liberatorio.
Ianco si accasciò su di lui e tornò il silenzio nella stanza. Piangeva sommessamente, tentando di mascherare i brevi singhiozzi con respiri rochi e profondi.
Con l'orecchio poggiato sul petto dell'amico, poteva sentire il cuore martellare nella cassa toracica e fare eco al proprio. Il sudore creava rivoli freschi e lucenti tra le clavicole e oltre le ascelle. Le lacrime scesero a bagnare il petto, confondendosi col sudore.
Quando Isairel alzò con fatica una mano per carezzargli i capelli arruffati, credette di morire. Di felicità mista a vergogna, suppose, perché l'aveva trascinato in una cosa che forse non voleva e che nemmeno lui sapeva bene cosa fosse.
Attrazione. Affetto. Amore.
Era tutto mescolato, come le lacrime col sudore e lo sperma appiccicoso tra i loro corpi.
Il ragazzo voltò il capo per guardarlo: «Tutto bene, Isa?», chiese, perché teneva la bocca socchiusa e pareva dormire profondamente.
Il moro annuì leggermente, ancora frastornato e con il cuore che martellava nelle tempie.
«È stato...strano.», riuscì a dire prima di tentare di puntellarsi sui gomiti, facendo sollevare anche l'amico.
«Strano?».
«Strano. E bello...».
Al sorriso che gli incurvò le labbra, Ianco si sporse per baciarli il naso e ridacchiò della sua espressione confusa, guardandolo in quei suoi occhi scurissimi. «Bello, sì. - e spostò lo sguardo tra di loro - Sai... credo che avremmo bisogno di una doccia.».
Isairel annuì e si sporse per baciarlo prima che decidesse di alzarsi.
Un bacio dolce, che per Ianco aveva il gusto di promesse importanti.
Come to me
In the night hours
I will wait for you
And I can't sleep
'Cause thoughts devour
Thoughts of you consume
~Ruelle~
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