20. Weak knees

Giorno 285 - inizio inverno, alba

La neve copriva ancora il terreno del sottobosco e scricchiolava leggermente ad ogni passo e Isairel si muoveva furtivo tra gli alberi, seguendo le indicazioni del capo pattuglia.
Il fiato caldo gli scaldava il volto dietro il passamontagna.
L'ultimo attacco l'aveva separato dai suoi compagni ed ora si ritrovava da solo ad affrontare un numero imprecisato di avversari.

Un paio di spari in lontananza lo misero in allarme, abbassò il capo verso la spalla e parlò in una ricetrasmittente. «Yellow. Qui Gates. Spari a ovest. Meno di cinquecento metri. Passo.».

"Yellow. Qui Stefanich. Squadra ovest, mantenere posizione. Respingere nemico se necessario. Passo e chiudo."

Notò una depressione nel terreno e una grossa roccia che spuntava dalla neve.
Corse a nascondersi, l'arma impugnata con entrambe le mani di fronte a sé.
Con una scivolata finì addosso alla roccia, riprendendo fiato.
La trasmittente gracchiò di nuovo. "Yellow. Qui Pedersen. Area est libera. Passo e chiudo."
Abbassò per un momento le spalle, come a voler scaricare un po' la tensione accumulata.

I colori dell'alba riflettevano sui cristalli di neve ghiacciati dalla bassa temperatura.
Quel piccolo momento di stupore e rilassamento durò pochi istanti, perché alle sue spalle udì un rumore familiare: un'arma caricata a pochi passi da lui.

Riconoscibile anche dietro il passamontagna, l'assistente Holmberg era in piedi di fronte a Isairel e gli puntava contro il fucile.

Non aveva mai mostrato simpatia nei suoi confronti e la cosa era reciproca, tuttavia non capiva quell'attacco diretto, visto che era proprio lui il suo capo pattuglia.

Alzò le mani in segno di resa, tremava e sperava che abbassasse l'arma. «Sono Gates, Signore!».
L'uomo emise un sospiro di scherno verso il ragazzo. «Gates! Sei il solito rammollito. Stai sempre a nasconderti da qualche parte.».

Tentò di mordersi la lingua per non rispondere, ma, colto da una rabbia improvvisa, gli puntò contro la pistola.
«Cosa vorrebbe fare? Spararmi per questo? Un attacco ci ha colto di sorpresa e tre miei compagni sono stati presi. Non sto scappando. Sto cercando di salvarmi la pelle e... Non ho alcuno scrupolo a sparale, se mi può salvare la vita!», ma le mani tremavano e non seguivano le sue parole e il suo tono di voce fermo.

Holmberg scoppiò in una risata sommessa: «Alla fine, ti sono spuntati i coglioni, ragazzino. Test superato.».

Abbassò l'arma e si posizionò accanto al ragazzo per controllare la situazione, appena oltre la roccia. Da quella distanza poté notare quattro uomini in nero che si avvicinavano furtivi da lontano.

Lo sguardo concentrato dell'uomo gli mise i brividi: sembrava una belva in caccia. Poteva percepire tutta la determinazione che traspariva da quelle iridi ambrate, su cui poteva notare il leggero alone delle lenti a contatto, tanto gli era vicino.
Aveva le ciglia color rame, folte e imperlate di brina e lentiggini anche sulle palpebre, che la carnagione diafana faceva risaltare ancora di più.

Nonostante l'antipatia reciproca che in quei mesi si era via via acuita, Isairel nutriva comunque un certo rispetto per l'Assistente. In più di un'occasione si era rivelato saggio e dispensava consigli preziosi. In altre era meglio non averci proprio a che fare, perché imprevedibile: si divertiva a vedere tutti i ragazzi dell'Änderung in difficoltà, fosse per una prova fisica o per un test di economia. E Isairel aveva sempre i brividi ogni volta che incrociava il suo sguardo.

Lo odiava profondamente perché era stata sua l'idea di chiudere a chiave le camerate di notte. In quel modo le occasioni per vedere Ianco si erano ridotte drasticamente e, nelle ultime settimane, non avevano potuto incontrarsi e, per questo, ne avvertiva la profonda mancanza.
Il pensiero della loro unica notte assieme gli procurò una vampata improvvisa di calore e un urgente bisogno al basso ventre, che gli fece maledire quei pantaloni troppo stretti sull'inguine. Sperò in cuor suo che Holmberg non se ne fosse accorto.

D'un tratto l'uomo cominciò a parlargli a voce bassa, appena udibile, «Ho avuto una conversazione interessante con il Professore ieri sera.».
Isairel lo fissava interdetto, l'arma ancora tra le mani e la schiena appoggiata alla dura roccia.

«Abbiamo verificato il tuo rendimento scolastico di questi mesi e le tue prove fisiche. Per noi sei il candidato ideale per un nuovo tipo di addestramento.».

L'uomo imprecò nel vedere gli avversari sgattaiolare tra gli alberi, non capendo la loro strategia.

Isairel non comprendeva il significato delle parole dell'Assistente.
«Che cosa vuol dire, signore?».

Holmberg perse un solo attimo per guardare il ragazzo che aveva accanto. Piccole rughe d'espressione incorniciarono i suoi occhi brillanti, riflettendo il suo sorriso, sapientemente celato dietro il passamontagna.

L'uomo non rispose, sporgendosi appena oltre la roccia e sparando in direzione di un albero. Sopra di loro alcuni uccelli presero il volo, spaventati dal rumore.

«Il Professor Vestergaard sta portando avanti un progetto grande, complesso e ambizioso per poter sconfiggere definitivamente quella feccia ribelle. Hai buone doti fisiche e un buon intelletto. Con il giusto aiuto potresti fare grandi cose per lui.».

Isairel ancora non capiva. «Grandi cose?».

«Vuoi continuare ad annaspare a terra come un verme o vuoi vendicare il tuo paese, i tuoi amici, i tuoi genitori? In questo mondo siamo tutti in guerra, per cose più o meno stupide o sentimentali. La cosa importante è che dovresti sempre sapere per che cosa combatti.».

Isairel strinse la presa sull'impugnatura della pistola, i denti stretti per il dolore, ancora pulsante, di tutto ciò che aveva perduto e che, in tutti quei mesi d'Istituto, aveva solo tenuto sopito nel proprio cuore.

«Tu lo sai per cosa combatti, per cosa ti addestriamo, Gates? Per la tua libertà. La tua e di questo Paese. Devi solo trovare il giusto grilletto.».

Il ragazzo spostò l'attenzione dalla canna dell'arma all'uomo che gli stava a fianco. «Cosa intende con il mio grilletto?».

«Il prossimo passo è trovare ciò che fa scattare in te la molla, il grilletto... Quella cosa che ti rende convinto di cosa stai facendo, della correttezza delle tue azioni. E il progetto che stiamo portando avanti ti aiuterà in questo. Ne sono più che certo.».

Si sporse appena e sparò, colpendo come un cecchino uno degli uomini alla spalla. Una serie di imprecazioni si levarono dagli avversari, colti di sorpresa.

«Andiamo!», gridò l'uomo e, con un agile movimento, Holmberg si alzò dalla propria posizione, sparando alcuni colpi contro i nemici. Isairel lo imitò.

«A destra! Quello sta scappando!».

Il giovane non se lo fece ripetere due volte: puntò l'arma verso il fuggitivo e gli sparò un paio di colpi in direzione delle gambe, facendolo rovinare a terra.

Nell'avvicinarsi questi si levò il passamontagna: il volto arrossato di Ianco lo guardava con astio, disteso nella neve, ansimando pesantemente, privo di fiato. Sulla gamba, le macchie di colore giallo avevano imbrattato il tessuto dei pantaloni scuri del ragazzo.

«Fanculo! Fanculo! FANCULO!», imprecò, picchiando selvaggiamente il pugno nella neve, mentre cercava di tirarsi a sedere.

Il moro si tolse il passamontagna e gli allungò una mano. «Beh, ti ho preso Ian, sei fuori gioco adesso!».
Ianco gli schiaffeggiò la mano, non voleva alcun aiuto, ferito com'era nell'orgoglio.

Holmberg osservò la scena, mentre parlava nella ricetrasmittente, comunicando la fine dell'addestramento.
Scoccò un'occhiata di rimprovero ad Isairel, che, imperterrito, era tornato ad allungare la mano per aiutare l'amico.

Holmberg ricacciò Ianco Milner con la schiena a terra, piantandogli il piede sulla spalla e facendogli perdere l'equilibrio.

«Gates, prima lezione. – lo ammonì – Mai lasciare un nemico ferito ed in grado di rivoltarsi contro di te.».

Ianco era a terra, allibito quanto Isairel: quell'azione dell'Assistente li aveva colti entrambi impreparati.

Holmberg prese il braccio di Isairel e lo puntò contro il suo compagno. Caricò l'arma per lui.
«Spara.».
I due giovani si guardarono l'un l'altro, gli occhi sbarrati. Isairel balbettò qualcosa, Ianco affermava di essere ferito ed arreso e che quello era solo un cazzo di addestramento.
«Sparagli, Gates. È un ordine.», ma Isairel si rifiutò categoricamente.

L'uomo gli prese l'arma dalle mani e sparò tre colpi al giovane a terra, direttamente al petto, mentre il colorante giallo finiva anche sul volto del ragazzo, facendolo tossire più per il contraccolpo che per la polvere.

«Mi domando a che serva addestrarti. Fuori da qui saresti morto in ogni caso per mano del nemico o per decisione della corte marziale per aver disubbidito ad un comando.».
Li stava tenendo d'occhio da parecchio. E il tentennamento di Gates ad un comando di così facile esecuzione fu la prova di ciò che da mesi sospettava.
Si tolse il passamontagna, passandosi una mano tra i capelli, arruffandoli.

Gates accucciato ad aiutare Milner a rialzarsi fu l'ultima immagine che l'Assistente Holmberg ebbe dei due ragazzi, prima di gettare l'arma nella neve accanto a loro e di voltarsi con un'espressione di sdegno sul volto.
«Ogni azione ha una conseguenza, Gates. Ricordatelo bene.».

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