23. Motherfucker now you got my attention

I wake up every morning with my head up in a daze
I'm not sure if I should say this, fuck, I'll say it anyway
Everybody tries to tell me that I'm going through a phase
I don't know if it's a phase, I just wanna feel okay, yeah
~ Falling in reverse ~


Anno 1, giorno 32

Ansiti e colpi sordi.

Solo questo si sentiva in quel momento, intervallato da piccoli grugniti da sforzo.

Tutti in palestra erano impegnati a dare pugni e calci a fantocci di cuoio e sabbia.

Ogni minuto di lotta era intervallato da un minuto di corsa.

Il circuito continuava con dei sacchi posti a terra, su cui dovevano sedersi e scaricare una raffica di pugni, come se quell'attrezzo da palestra fosse un nemico da abbattere con tutta la violenza che avevano in corpo.

Un altro minuto di corsa e un minuto di camminata portando tra le braccia un nuovo sacco da boxe.

Un minuto ancora di corsa e si ricominciava daccapo.

Isairel si sentiva stremato: gli dolevano le braccia e le anche bruciavano ad ogni passo perché stavano ripetendo quell'esercizio da un quarto d'ora buono.

In più quella mattina aveva tutto lo stomaco sottosopra, il giorno prima aveva fatto delle terapie, vomitato l'anima e si sentiva la testa appesantita.

Quando si sedette sul manichino, ansante e madido di sudore, decise di arrendersi.

Il suo corpo non era forte come quello degli altri.

Ianco, a pochi metri da lui, continuava a tenere quel ritmo sostenuto, perché il suo corpo atletico e ben allenato sopportava meglio lo sforzo e la sua volontà d'animo era resa ferrea da un unico scopo: entrare in Accademia.

Deglutì a fatica, a corto com'era di fiato, asciugandosi il sudore della fronte sulla maglietta.

Lo sguardo che il Caporale Basha gli rivolse da lontano lo fece rabbrividire. «Avanti, Gates! Non battere la fiacca! Ultimo giro e ci sei!».

Guardò il sacco tra le proprie gambe. Una voce nella sua testa lo indusse a immaginare il volto di Frandsen sotto i propri pugni, dandogli una nuova spinta a continuare quell'estenuante lezione.

La sua immaginazione lo aiutò anche quando fu ora di caricarsi in spalla il sacco, di circa venti chilogrammi: si ricordò di Neva, della sua espressione impaurita appena tirata fuori da casa. Quasi si mise a correre col sacco in spalla, più per l'immedesimazione in quel vecchio ricordo che per recuperare tempo nel percorso.

Il fischio acuto del Caporale fece fermare tutti, chi si accasciava a terra, chi beveva, chi vomitava per lo sforzo, come Isairel.

«Allora, piccoli fiorellini di campo, – li schernì – abbiamo ancora una buona mezz'ora prima della fine della lezione. Vi allenerete nel corpo a corpo. In quell'angolo, per chi volesse, ci sono dei bendaggi per le mani, ma non voglio che facciate a botte se non necessario!».





Andy Solis era un ragazzo di Litharand, con cui non aveva mai parlato. Era nella classe parallela alla loro e non avevano mai avuto occasione neppure di incrociarsi in palestra o in mensa.

Cominciarono a scrutarsi, a girare intorno l'un l'altro a distanza, un passo dietro l'altro come in una danza esasperante.

All'improvviso Andy prese le braccia di Isairel, cogliendolo totalmente impreparato, facendolo scivolare e cadere con un tonfo sui listoni di legno lucido della palestra. Lui gli fu subito sopra il torace, con le ginocchia a bloccargli le braccia, lasciando libero movimento solo alle gambe.

Aveva i capelli corti, lisci, castani e un'espressione talmente imbronciata da non riuscire a scorgere, con quella luce, il colore dei suoi occhi.

«Ti arrendi?», chiese. Il cenno di assenso di Isairel lo fece rialzare.

Una voce familiare li raggiunse, facendo sussultare Isairel. «Tecnica buona, signor Solis. Tuttavia, non abbassi mai la guardia, anche i più piccoletti possono avere la meglio.».

Il sorriso beffardo e lo sguardo tagliente dell'Assistente Holmberg gli fecero accapponare la pelle.

«Uno a zero per Solis!», gridò.

Eppure, ciò che quello stronzo aveva detto corrispondeva a verità: se avesse voluto davvero avere la meglio, avrebbe dovuto pensare in fretta ad una soluzione.

Andy aveva dalla sua l'altezza, che poteva portarlo in vantaggio ed era più giovane di Isairel di un paio d'anni, ma molto più alto e robusto.

Quando fu di nuovo davanti all'avversario, Isairel rimase in guardia, immobile per qualche secondo. La prima mossa che Andy aveva fatto lo aveva spiazzato e gli aveva dato un enorme vantaggio.

"Questa volta non mi freghi..." pensò, ma quello lo aveva di nuovo afferrato.

Questa volta il moro rimase in piedi per qualche secondo, piantato come una statua, per poi alzare velocemente un piede dietro a quello dell'avversario, facendo rovinare a terra entrambi.

Con un balzo, Isairel gli si sedette sulla pancia, facendogli esalare un'imprecazione, bloccandogli i polsi sotto il braccio e spostando il peso e il gomito sulla gola dell'avversario, chiudendogli ogni possibilità di movimento e respirazione.

Andy faceva resistenza e cercava di rovesciarlo, inarcandosi e facendo leva con le gambe per farlo cadere di lato. Isairel spinse ancor di più col peso del corpo contro il pavimento, lasciandolo boccheggiante.

«Uno pari, stronzo.», sibilò, a pochi centimetri dalla faccia del ragazzo.

Appena si fu rimesso in piedi lanciò un'occhiata di sfida all'Assistente.

«Perché non prova lei, Holmberg? Ha paura di farsi battere da un piccoletto come me?».

Metà dei ragazzi si zittirono immediatamente: il tono troppo alto di quelle battute aveva portato l'attenzione tutta su quei due.





Provò ad attaccarlo, ma quello schivò il colpo.

L'Assistente gli cinturò la vita con un braccio, facendo precipitare entrambi al suolo. Il contraccolpo gli mozzò il respiro.

Si arrotolarono sul pavimento cercando, l'uno, più giovane e inesperto, di primeggiare sull'altro, notevolmente più abile.

Holmberg gli catturò le braccia sul torace, salendo poi a cavalcioni su di lui, bloccandogli le gambe a terra.

Isairel sentiva l'odore acre del proprio sudore misto a quello di Holmberg e fu una sensazione stranissima, come di qualcosa di già vissuto.

«Uno a zero per me, pivello», disse l'uomo con tono beffardo.

Holmberg era come una bestia inferocita, che voleva cuocerlo pian piano, sfiancandolo e facendogli uscire tutta la rabbia che cercava di trattenere.

La sua abilità nel combattimento era cosa nota tra gli insegnanti e le guardie dell'Änderung, era molto esperto, capace di prevedere le mosse dell'avversario con pochi istanti di confronto. Riconosceva ogni punto debole al primo sguardo.

Isairel accettò la mano che l'uomo gli tendeva per rialzarsi, usandola come trucco per scaraventarlo nuovamente a terra e cercare di averne la meglio.

Holmberg, invece, sfruttò la situazione a proprio vantaggio facendo muovere il ragazzo su di un fianco e poi con la pancia verso il pavimento.

Fece un balzo e gli fu di nuovo sopra il sedere e poi un altro balzo, fin sulla schiena.

Sapeva che il suo corpo lo stava schiacciando e che tra poco gli sarebbe mancato il fiato: Isairel continuava a dimenarsi, ma lui lo teneva a terra.

Due colpi con la mano sul pavimento per arrendersi. Un'altra battaglia persa.

Erano entrambi sudati. Forse Isairel di più.

Un nuovo sorriso si formò sul volto dell'Assistente Holmberg, mettendo in mostra dei canini naturalmente affilati. «Siamo a due sconfitte oggi, Gates. Ti arrendi?».
Aveva qualcosa di strano nel viso. Era quasi...compiaciuto?

La risposta del ragazzo fu un sibilo appena udibile. «Vaffanculo».

Ianco era rimasto col fiato sospeso tutto il tempo della lotta. Sapeva bene che il gesto sconsiderato di Isairel nello sfidare direttamente Logan Holmberg avrebbe avuto delle conseguenze. Questo, però, non cancellava la sua voglia malcelata di gettarsi nella mischia e dare una lezione esemplare a quello stronzo dell'Assistente.

Di nuovo tutti e due al centro della stanza, mentre la voce rauca del Caporale metteva tutti in allerta. «Vedete, ragazzi, Gates si è gettato nel primo round di lotta in maniera incosciente e preda di una rabbia cieca, non conoscendo l'avversario. Questo l'ha portato in svantaggio e ha fatto guadagnare la vittoria al signor Assistente.».

«Stai più attento, Gates!», urlò qualcuno tra i ragazzi, che cominciavano a parteggiare per lui.

Il moro scrutò l'avversario, decidendo il da farsi.
Puntò alla provocazione, perché sapeva di toccare un nervo scoperto. «Questa volta starò più attento e non mi farò battere da te!».

Questa volta fu il rosso a spintonarlo con forza, in un impeto d'ira per quell'affronto diretto.

«È un attacco lineare. – ansimò l'uomo – Esci dalla linea e attacca! Vuoi fare di nuovo una figura di merda?».

Lo spintonò ancora, portando i ragazzi attorno a loro a scansarsi per evitare di essere presi in mezzo alla lotta.

Alla terza spinta Isairel reagì: con un movimento fluido delle gambe schivò il colpo, tenendo i pugni accanto al viso.

L'Assistente si voltò immediatamente, rimettendosi sulla difensiva. «Ancora!».

L'uomo caricò, protendendo le braccia verso il ragazzo per spingerlo di nuovo.

Con la mano sinistra Isairel controllò entrambe le braccia dell'avversario, abbassandole con forza; la destra, ancora libera, afferrò a palmo pieno la faccia di Holmberg, facendolo sbilanciare per il contraccolpo sul collo.

Con un tonfo Holmberg cadde a terra, girandosi su un fianco appena in tempo per non picchiare la testa sul pavimento.

Il brusio attorno a loro cessò all'istante.

L'uomo si rialzò con fatica, rifiutando l'aiuto del caporale Basha, ancora col fiato pesante per lo sforzo e la sorpresa di essere stato atterrato. «Impari in fretta, ragazzino. Ancora!».

Erano fradici di sudore e stremati. Per Isairel vedere Holmberg così su di giri fu come avere un blackout che lo annientò per un istante: lui aveva reagito istintivamente e quell'uomo aveva comunque previsto la sua mossa.

Ansimava per lo sforzo e il cuore sembrava voler schizzare fuori dal petto.

«Rifallo, ma blocca il mio collo col braccio. Non farmi cadere. Mi fido di te.», ansimò Holmberg, preparandosi ad un nuovo attacco.

Quella frase lo spiazzò, per quale motivo ora gli stava dando una lezione di lotta?

Ripensò a poco prima: il colpo che gli aveva dato l'avrebbe fatto cadere e battere con violenza la testa. Quella poteva essere l'occasione giusta. Tuttavia...

Non gli diede il tempo di pensare, perché con una spinta lo riportò alla realtà, facendolo indietreggiare di un paio di metri.

Stava preparando un nuovo assalto con la fronte lucida di sudore, l'espressione seria e concentrata, come se non dovesse essere distratto da nulla e nessuno.

Un passo in avanti e quella danza ricominciò.

Un piede indietro, braccia abbassate. Mano sulla faccia.

Era quello il momento giusto.

Il suo corpo si mosse contro la sua volontà: gli si avvicinò alle spalle, le braccia ai lati del collo, senza fare troppo sforzo, seguendo l'inerzia di un corpo sbilanciato che cadeva all'indietro.

Portò la testa al petto, aiutandosi col peso del proprio corpo. Holmberg non oppose resistenza e piegò le gambe, rovinando a terra.

Isairel, ancora con le mani intrecciate sul viso dell'Assistente, lo girò di peso, portandolo faccia a terra.

Lasciò immediatamente la presa e schizzò lontano, come se il corpo dell'Assistente fosse bruciante come il fuoco. Aveva l'affanno e le tempie pulsavano, eco del suo cuore in subbuglio.

L'uomo proruppe in una risata liberatoria, facendo leva con le mani per alzarsi dalla posizione in cui era finito.

Un sospiro corale arrivò da tutti i giovani presenti alla lezione.

Il Caporale rimase in silenzio, a braccia conserte. Conosceva l'Assistente quanto bastava per sapere che quello spettacolino era stato fatto solo per il proprio piacere personale più che per insegnare qualcosa ai ragazzi.

Isairel aveva lo sguardo fisso sulle proprie mani, come se non gli appartenessero: aveva intenzioni diverse, eppure gambe e braccia non avevano risposto agli stimoli del suo cervello, ai suoi pensieri.

Ianco avrebbe voluto corrergli appresso, abbracciarlo. Lo vedeva così stranito, fuori di sé, ma non si mosse: era impietrito, come tutti gli altri spettatori lì presenti.

Fu proprio Holmberg ad avvicinarsi al ragazzo, mettendogli una mano sulla spalla, mentre uno studente gli riconsegnava gli occhiali. «Hai fatto un ottimo lavoro, Gates. Perfetto nella parte, tecnica migliorabile. Hai danzato con me perfettamente. Grazie per questo piccolo momento di svago.».

Per quanto fosse assurda quella situazione, lo sguardo stranamente benevolo di Holmberg lo fece sussultare. Lo osservò sbottonarsi la camicia di ordinanza mentre si allontanava dalla palestra e pensò che quella fosse la prima volta che gli rivolgeva delle parole dal tono così sincero.

Ne riparlò con Ianco dopo le docce, a cena.
La risposta che ricevette da lui fu lapidaria e non lasciava alcuno spazio a giustificazioni.

«Sincero un cazzo! Isa, sai benissimo che Holmberg è uno stronzo e un sadico di merda. Lo sai meglio di chiunque altro. Non farti fregare e lascia perdere.»


It obliterates me, disintegrates me, annihilates me
'Cause I'm about to break down, I'm searching for a way out
I'm a liar, I'm a cheater, I'm a non-believer
I'm a popular, popular monster.

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