24. The Sineram method: eradication

You put these thoughts inside my head
Plant the seed and now they spread
I'm so numb, I'm so numb
Clarity - ENMY


Anno 1, giorno 40 - h 09:38

Il professor Arvo Vestergaard continuava a prendere appunti sul proprio taccuino. Ogni tanto lanciava un'occhiata fugace a uno dei dossier che aveva aperti sulla sua scrivania. Catalogava tutto, in modo quasi maniacale, ma senza ordine e disciplina non avrebbe mai potuto eccellere in quel lavoro.
Stava cominciando a crearsi un nome anche come neuropsichiatra di comunità e come sperimentatore di una nuova tecnica, che fino a quel momento era nei sogni di molti suoi colleghi: il riconsolidamento mnestico.

La tecnica, per come l'aveva ipotizzata, consisteva nel recuperare e riportare i ricordi ad una modalità di elaborazione attiva, così facendo potevano essere modificati e rielaborati, quindi re-immagazzinati mediante una nuova traccia mnestica, assumendo una nuova rilevanza clinica, allora inimmaginabile.

Il candidato B02 che aveva scelto per quello che lui chiamava "secondo turno di sperimentazione" stava reagendo estremamente bene, ma in maniera troppo lenta rispetto all'atteso.

Le sedute di elettroshock e la terapia farmacologica con aloperidolo ad esse associata stavano gradualmente portando il ragazzo ad uno stato mentale di neosviluppo e gli ultimi dati dalla seduta con lo psicologo dell'Istituto davano ragione alla sua teoria.

Si ritrovò a leggere a bassa voce proprio nella parte che più lo interessava. «Un ricordo sbiadito, eh?».

Sul foglio successivo ricontrollò i dosaggi, di diazepam prima e triazolam poi, dall'inizio della terapia, fino all'attuale somministrazione di compresse da 0,25 milligrammi prima di coricarsi.

La relazione sull'andamento di Isairel Gates firmata dal Caporale Basha concluse in bellezza quella rassegna di documenti: stava sviluppando una buona attitudine al combattimento, richiedendo lezioni extra al poligono e le performance fisiche lasciavano ben sperare in un rialzo di punteggio al test per l'Accademia.

Nel complesso, pur con tempi di realizzazione più lunghi, quei risultati sembravano dare nuovo respiro ad un progetto con fin troppi insuccessi.

Chiuse il dossier e si spostò con la sedia per rimetterlo al suo posto nello schedario.

Quando Vestergaard spostò l'attenzione sul fascicolo del paziente B01, la sua espressione di s'incupì in un lampo.

Gli ultimi esami elettrocardiografici mostravano ancora di più i segni di una irregolarità, forse dovuta all'uso prolungato di metilfenidato.

Prese un secondo foglio e controllò le richieste alla farmacia interna dell'Istituto e i dosaggi consegnati, che risultarono irrisori, se rapportati ad età e peso del paziente. L'occhio cadde su una riga in particolare e un lungo sospiro riempì il silenzio della stanza: posò gli occhiali sulla scrivania e si stropicciò le palpebre, esausto. Chiese alla segretaria di chiamargli l'Assistente Holmberg con urgenza.

Aveva bisogno di parlare con lui prima della riunione con i suoi finanziatori, per sgombrare la mente da tutti i dubbi che lo avevano assalito.

Quando l'uomo varcò la porta dell'ufficio, il professore gli fece cenno di sedersi, visibilmente agitato.

«Che succede, dottore?». Il vecchio non gli rispose, limitandosi a girare verso di lui uno dei fogli che aveva già visionato e ad indicare uno dei farmaci prelevati dall'infermeria.

«Hai di nuovo chiesto una scatola di zolpidem.».

L'uomo si appoggiò allo schienale della poltrona, rilasciando una risata bassa e gutturale. «Era questa l'urgenza, dottore? Una scatola di sonniferi?».

«Non. Quel. Sonnifero.», scandì.

Si osservarono come due leoni pronti ad affrontarsi con le zanne e con gli artigli.

Il sospiro che lasciò le labbra del Professore cancellò dalla faccia dell'Assistente il sorriso. «L'amnesia non è contemplata in questa parte del programma ed è da ritenersi come una reazione avversa. Non sei un medico e non sai che interazioni ci possono essere tra i vari farmaci. Per quanta cultura tu possa avere, non potrai mai essere autonomo nelle scelte, chiaro?».

La mascella dell'Assistente si contrasse per trattenere la rabbia.

Vestergaard lo osservo umettarsi più volte le labbra e deglutire quasi a vuoto, ma quella reazione non era frutto solo delle sue parole.

«E devi anche smetterla di farti di metilfenidato. Sta diventando una droga ed è meglio che tu smetta il prima possibile. Per un effetto analogo basta ingerire un caffè, una bevanda energetica o del guaranà. Guardati! Sei su di giri anche adesso.».

Il rosso si sistemò sulla sedia, visibilmente a disagio per quella lavata di capo improvvisa e, a suo pensare, immeritata.

La voce gutturale del professore si addolcì all'improvviso, come quella di un padre che redarguisce un figlio inesperto e scapestrato. «Se non hai disturbi da curare e lo usi come stimolante, ti rovinerai. Non sappiamo neppure che effetti collaterali a lungo termine possano esserci.».

Pur ritenendolo un pazzo, prestava molta attenzione a ciò che diceva Vestergaard e, col beneficio del dubbio, si rialzò dalla poltrona a capo chino, visibilmente scosso da quelle ultime parole, dette con quel tono così gentile e premuroso.

«Per il bene del progetto...», ma non finì la frase che la segretaria entrò nell'ufficio annunciando dei visitatori.

«Sono arrivati i rappresentanti della Sineram, Signore. Li faccio attendere oppur...».

«Adesso li ricevo. Holmberg stava giusto uscendo.».

Il vecchio scoccò un'occhiata al giovane uomo, invitandolo con un gesto ad uscire.

Logan Holmberg trovò curioso come quel loro colloquio fosse iniziato e finito con un cenno della mano.

Con saluto militare si accomiatò, incrociando, appena fuori dell'ufficio, un paio di uomini distinti. Uno di questi, vestito con un completo candido, camicia e scarpe nere, cravatta argentata, lo squadrò dall'alto in basso, come se si ritenesse superiore al resto degli esseri umani.

Una voglia sorda di mettergli le mani addosso s'impossessò di lui, tanto che velocizzò il passo per allontanarsi da quell'ufficio, da quell'atrio, da quel corridoio.








«Professore!».

La voce profonda dell'uomo vestito di bianco era cordiale, mentre gli stringeva la mano. «Ho incrociato qui fuori il nostro primo prototipo. Magnifico! E che sguardo! Oh, quegli occhi, così felini, così... Tremendi!».

Vestergaard abbozzò un sorriso di cortesia. «La ringrazio.».

La Sineram Medics Division era il fiore all'occhiello della Sineram Corporation e aveva scelto l'Änderung Institut di Vestergaard come una delle sue varie ramificazioni.

La società si era interessata sin dall'inizio alle tecniche di riforma del pensiero tanto da finanziarne parte delle ricerche in campo neuropsichiatrico.

Davanti al Professore stava seduto Hissam Dhul-Riasato'ddin, in tutta la sua tracotanza.

L'uomo, che aveva da poco passato la trentina, era il rampollo di una famiglia di petrolieri e, agli occhi del Professore, risultava essere un pazzo scatenato che dirigeva una società biomedica, senza alcun reale interesse per la scienza o senza averne le competenze necessarie.

Lui era un commerciale, puro e semplice, devoto al dio denaro e a chissà quali altre perverse pratiche.

Tra tutte le persone della famiglia Dhul-Riasato'ddin, quella che aveva di fronte era la più molesta e quella che meno sopportava.

Hissam si sporse verso di lui. «Sono qui per parlare di cose serie, Arvo. Stai andando avanti col progetto, vero?».

Il professore s'incupì di colpo. «Ho bisogno di un po' di tempo. Il soggetto che abbiamo scelto è giovane e reagisce bene, ma è un po' lento nei progressi. Stiamo valutando le cause di questi ritardi nella nostra tabella di marcia.».

«Ti prego, - si massaggiò con un dito la tempia, socchiudendo gli occhi – non doveva essere tutto più facile con dei ragazzini?».

Arvo sospirò ancora una volta. «B02 ha avuto delle reazioni avverse non previste ad alcuni trattamenti. In più è molto sveglio, a tratti sospettoso. Non voglio inficiare il risultato finale.».

«Ma non sei proprio tu che mi insegni che per la scienza "anche il fallimento è un risultato"?».

Vestergaard gli sorrise di rimando, quasi a schernirlo: «Ma non sei proprio tu che mi insegni che "il tempo è denaro"? O vuoi che butti via le mie ore di lavoro e i tuoi soldi? Va benissimo.».

Hissam sbuffò spazientito, incrociando le braccia al petto alla stregua di un bambino.

All'uomo che era con lui sfuggì un sussulto, che pareva l'inizio di una risata.

«A parte i malesseri, che intoppi ci sono stati?».

«Intoppi... Fisici, persone che riportano il soggetto ad una condizione pre-terapeutica.».

L'uomo con l'abito bianco si alzò dalla poltrona, dirigendosi verso la finestra che si affacciava sul cortile. «Soluzioni?».

Vestergaard lo raggiunse. Alcuni ragazzi erano usciti per la ricreazione e si stavano formando piccoli gruppetti sparsi.

«Allontanarli sarebbe una soluzione.».

Lo udì ridacchiare, mentre con le mani in tasca osservava i ragazzi interagire tra loro: alcuni sembravano affiatati, altri esclusi, altri ancora avevano un comportamento istrionico mentre giocavano o si approcciavano ai compagni.

«Ho un'altra soluzione per gli intoppi fisici.».

Il Professore voltò il capo ad osservare il giovane uomo che aveva accanto.

«Cioè?».

Lo vide pensieroso per un breve istante, poi udì chiaramente le sue parole. «Come si chiama in medicina? Ah, sì! Eradicazione.».

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