12 - 12 - 2021


Shén Mì si ricordava di essersi soffiato dentro alle mani per scaldarle un po', chiedendosi esattamente chi glielo stava facendo fare.

E poi aveva sospirato di nuovo. Zia Ráo, ecco chi.

Era la sorella minore di sua madre, era un'anima festaiola da sempre e aveva un debole per lui da sempre. Dopotutto era il suo unico nipote.

I suoi figli, i cugini di Shén, erano più grandi; insomma, non poi così tanto, ma abbastanza da avere altro da fare di domenica che venire a pranzo dagli zii.

Cioè i loro zii, i genitori di Shén. Era una tradizione di famiglia, che la domenica si pranzasse tutti insieme: quando lui era più piccolo venivano anche Zhui e Daliè, appunto i cugini, ma da una manciata di anni a quella parte preferivano restarsene a dormire.

Shén se ne era un po' dispiaciuto all'inizio, ma ormai non ci faceva neanche più caso. Beh, in realtà quel giorno gli sarebbe piaciuto che fossero stati loro due a subire lo spirito natalizio della loro madre.

Zia Ráo aveva notato che quell'anno c'era il mercatino di Natale per il corso, e a pranzo aveva annunciato fermamente che ci sarebbe andata, e che avrebbe voluto un accompagnatore.

Chiunque, aveva detto, ma Shén sapeva a chi sarebbe toccato.

E quindi eccolo lì, nell'aria fredda e buia di metà dicembre, ad aspettare che zia Ráo arrivasse per andare in piazza. In realtà non gli era dispiaciuto così tanto, non aveva di meglio da fare ed era molto tempo che non passava del tempo con lei: ciò che lo preoccupava di più era la folla che avrebbero incontrato.

Si era prefigurato le persone, il rumore, le voci, i passi, tante cose tanto vivaci. Sperava di riuscire a sopportarlo.

«Shén Mì!»

La zia era bassa come sua madre, ma aveva i capelli più chiari, grigi, e gli occhi più tendenti al castano che al rosso.

In quel momento stava camminando svelta verso di lui, con un giubbone scuro e una sciarpa verde, il fiato che faceva nuvolette.

Il ragazzo si era messo in faccia un sorriso timido e si fece trascinare dalla zia per le vie.

Il corso non era affatto lungo, dopotutto quella non era una grande città, però c'erano abbastanza luci e bancarelle per quattro: c'era odore di castagne, e di zucchero e di vino cotto. A zia Ráo brillavano gli occhi, andava da uno stand all'altro come una monade impazzita sorridendo. Shén si era permesso di ammettere che era divertente, sua zia era una delle persone che compensavano il suo essere crepuscolare.

Le luci della città erano semplici e tutte uguali, lampeggianti color bronzo, e si sommavano a quelle colorate che si vedevano dalle finestre: l'alberellino che stava in piazza era sobrio e drappeggiato di quei fasci di lucine allegre, era riuscito a strappargli un sorriso.

«Oh, le castagne!»

Shén era rimasto a fare la fila con la zia e l'aveva aiutata a portare i cartoni con le castagne calde, poi si erano seduti sul muretto che circondava l'alberello in piazza. Shén aveva apprezzato il fatto che la zia avesse deciso di andare di sera, quando la grande folla era defluita.

All'inizio avevano mangiato in silenzio, guardando le luci e ascoltando la musica natalizia che veniva da dei piccoli altoparlanti, poi la zia gli aveva chiesto come andava la scuola, se gli piaceva e se aveva aiutato la mamma a fare gli origami.

Shén Mì aveva parlato come un libro aperto, non si era reso conto di quanto gli fosse mancato.

Le aveva raccontato della scuola, dei compagni, dei corsi di recupero, del greco e del latino e dell'umorismo pessimo per cui il suo indirizzo era conosciuto, e poi delle versioni che venivano assurde e del giorno in cui avevano portato una decorazione per uno e avevano addobbato la classe per Natale; zia Ráo l'aveva ascoltato, aveva riso alle sue battute pessime, si era entusiasmata quando le aveva mostrato le foto dell'aula decorata e alla fine si erano anche messi d'accordo, per la settimana dopo, per prendere la cioccolata calda come dicevano da una sacco di tempo di fare.

Shén Mì ci ripensò da sotto le coperte, appena prima di dormire; si trovò a sperare che la settimana passasse velocemente.

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