13 - 12 - 2021

Oh Dio.

Mikayl controllò ansioso l'orologio un'altra volta, per controllare se il tempo aveva rallentato dall'ultimo tentativo. E... no. No, non aveva rallentato.

Sentiva le persone nelle altre classi che parlavano, parlavano, parlavano e lui era lì, ad aspettare impacciatamente che il suo compagno  arrivasse, ed era irrimediabilmente in ritardo, in ritardo, in ritardo.

Squadrò l'aula sterile con le pareti dipinte di giallo stinto e si chiese perché era lì: avrebbe dovuto restarsene a casa, nella sua stanza, con la sua musica e il suo computer che avrebbe dovuto aggiornare e la sua tartaruga.

Invece era lì a sprecare il suo tempo. Molti dei corsi di recupero che organizzava la scuola erano "dai ragazzi per i ragazzi", ergo più che i corsi di recupero era possibile scegliere il tutoring. Che era comunque facoltativo, lo faceva chi voleva: in realtà era stata la sua prof di scienze a invischiarlo come tutor a causa dei suoi buoni voti assieme a un paio di altre persone della classe, 'ché quelli dello scientifico erano sempre stati molto apprezzati, dato che gli studenti con un'insufficienza in matematica e fisica abbondano, aveva tirato fuori la prof come poco rassicurante giustificazione.

Se fosse stato per lui non l'avrebbe mai, mai, mai fatto.

Controllò di nuovo l'orologio.

Ognuna delle classi ospitava quattro o cinque coppie "testa di legno" e "primo della classe che cercava di far raccapezzare qualcosa alla testa di legno"; dato che le coppie erano dispari, Mikayl aveva la fortuna di essere solo, e ringraziò silenziosamente per questo.

Quella situazione era già abbastanza imbarazzante senza che nella stanza ci fossero altre persone oltre al compagno che gli avevano assegnato. Anzi, a dir la verità sarebbe stato apprezzabile anche solo che il suddetto compagno arrivasse.

Il ragazzo cercò di fermare il piede che aveva preso a tremargli sul pavimento dal nervosismo, accese un'altra volta il cellulare e controllò un'altra volta l'ora, che continuava inesorabilmente ad aumentare?? Stiamo scherzando?? Avanti, avanti, avanti...

Guardò con intensità i numeri sullo schermo, desiderando di poterli ghiacciare in eterno.

Il telefono si spense quando le quindici e ventuno divennero le quindici e ventidue, e Mikayl sospirò, squadrando il suo riflesso.

«Uh, sei tu l'ultimo tutor rimasto??»

Alzò lo sguardo solo a causa di una voce allegra e squillante che proveniva dallo stipite della porta: era affacciato un ragazzo con la pelle olivastra, gli occhiali e una borsa a tracolla che straboccava di libri.

Sentì il familiare groppo in gola che gli impediva di parlare e si limitò ad annuire, e a spostare con il piede la sedia davanti a sé come cenno d'invito.

«Ottimo!» il ragazzo esclamò, sistemando i libri sull'ampiezza di due banchi, «Io mi chiamo Hector, sono del linguistico e i miei professori mi hanno consigliato di chiedere a qualcuno per recuperare matematica, quindi ho pensato di approfittare della scuola...»

Mikayl ascoltò giusto la prima frase, il resto lasciò che si perdesse in un brusio indistinto che gli riempiva le orecchie. Quel ragazzo aveva una voce... strana. Piena, forte, calda, il genere di voce che non si ignora facilmente, il genere di voce che lo faceva sentire sopraffatto solo a sentirla. Come avrebbe fatto a parlare con lui? Non era neanche riuscito a dirgli esplicitamente di entrare nella stanza. Come avrebbe fatto a spiegargli matematica? Non riusciva neanche a sentirlo parlare. Oh Dio, no. Lui non doveva finire in quel progetto, come c'era finito, doveva restarsene a casa, assolutamente...

«Ehi??» si riscosse quando vide Hector che gli schioccava le dita in faccia con aria preoccupata. «Stai bene?»

Forzò se stesso ad annuire.

«Ho... parlato troppo?»

Mikayl annuì di nuovo, cautamente, ed Hector abbassò gli occhi con un sorriso meno vivace.

«Scusa, sai. Me lo dicono in tanti che sono un po' "troppo", ma io non me ne rendo conto. Dimmelo se ti metto a disagio, ok?»

Mikayl annuì una terza volta, continuando a guardare giù sul banco.

«Fai lo scientifico?»

Il ragazzo dai capelli chiari fece un altro cenno di assenso con la testa.

«Immagino tu sia bravo, no?»

Un altro cenno.

Hector rimase in silenzio, e Mikayl lo apprezzò in maniera indescrivibile.

Quel primo incontro intero se lo prese solo per studiare il compagno occhieggiandolo di soppiatto: non riusciva a stare fermo, cambiava posizione sulla sedia ogni tre per due, ed era sempre una posizione scomposta. Aveva tutti i libri o usati, o talmente tormentati, piegati e scarabocchiati da sembrarlo. Aveva la lente destra degli occhiali scheggiata in alto. Dentro all'astuccio teneva una quantità piuttosto abbondante di matite, tutte masticate o temperate su entrambe le estremità. Aveva appesi alla borsa tantissimi portachiavi e moschettoni tintinnanti, che dovevano pesare più della borsa stessa. Aveva al polso alcuni braccialetti da due soldi di fili colorati, quelli che si comprano d'estate ai mercatini. Aveva il cellulare rotto.

Mikayl lo ringrazio internamente per il suo silenzio.

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