«Odio l'epica.»

«Tu odi tutto, Alexis.»

«In particolar modo l'epica.»

«Perché quest'avversione ancestrale?»

Matthew sospirò, era abituato a quel genere di conversazione, sapeva che ad Alexis piaceva essere ascoltato quando faceva polemica e gli rispondeva in tono gentile e paziente, senza neanche alzare gli occhi dal quaderno mentre copiava le frasi da tradurre, facendo avanti e indietro nel libro d'inglese con una matita a tenere il segno nella pagina del vocabolario.

Alexis sbuffava, con il raccoglitore aperto e la testa appoggiata sulle braccia incrociate, si limitava a guardare l'amico.

«Quegli eroi rinunciano a tutto per la gloria e l'immortalità.»

«Non è vero. Alcuni hanno altre priorità. L'amore magari, o la patria.»

«Nominane uno che è stato contento.»

«So dove vuoi andare a parare.»

«Non voglio parare da nessuna parte.»

«Sì invece. È una citazione da un libro.»

«Non lo sapevo.»

«Lo sapevi.»

«Non importa,» sbottò Alexis, raddrizzando la schiena. «Il punto è che hanno solo quello in testa. Non esiste altro, solo l'onore. Vogliono tutti diventare divinità.»

«Stai generalizzando.»

«Non ha importanza.»

Matthew appoggiò la penna e alzò gli occhi blu su quelli dell'altro, con un sorriso lievemente scettico: soddisfatto di aver catturato la sua attenzione, e forte della consapevolezza d'aver ragione, Alex si animò.

«Sacrificano ogni cosa di cui potrebbero godere nella vita in onore del bene superiore, che nel novanta per cento dei casi è l'immortalità, ma non la raggiungono mai, mai. Quindi non ha senso, non ha senso.»

Aveva alzato la voce senza rendersene conto mentre parlava, sì. Si infervorava decisamente con facilità.

«Alexis,» Matthew alzò le mani, atterrito dalla violenza dell'amico, anche se le reazioni del genere erano piuttosto tipiche di lui, «Calmati,»

«Ho ragione!»

«Magari ne è valsa la pena, per quanto ne sappiamo noi potrebbero davvero essere diventati divinità, no?»

«No, te l'assicuro! Non ho mai visto nessuno di loro!»

Matthew sollevò le sopracciglia, «Anche se fosse,» gli concesse con scetticismo, «Noi dopo cinquemila anni ancora ne parliamo. Non è una forma di immortalità?»

Alexis rimase a bocca asciutta.

A essere sinceri, non gli era mai venuto in mente: era un concetto affascinante nella sua semplicità, non aveva niente a che fare con il genere di eternità che conosceva ma non per questo era meno efficace, a pensarci.

Poteva rappresentare un sotterfugio brillante per chi non avrebbe mai potuto vivere fisicamente in eterno.

Senza più argomentazioni, Alex incrociò di nuovo le braccia sul tavolo e si accasciò di nuovo sui libri.

«Matthew,»

«Alexis,» sospirò lui. «Ma hai già finito i compiti?»

«L'inglese lo sapevo parlare,» piagnucolò il ragazzo, «Anche il tedesco e il francese e tutte le insulse materie che ci fanno studiare,»

«Come no, Alexis.»

«Parlo sul serio!»

«Hm.»

Lui gonfiò le guance e si girò dall'altra parte, arrabbiato, ripromettendosi che non avrebbe più parlato al compagno di stanza fino alla fine della giornata.

«Matthew,»

«Alexis...»

«Dimmi qualcosa,»

«Domani abbiamo l'interrogazione d'inglese, Alexis,»

«... dimmi qualcos'altro,»

«... domani è dicembre, allora.»

«Dicembre?!»

Come dicembre?

Il ragazzo controllò la data sul telefono con una certa sollecitudine, oh dio, è vero.

Domani è il primo dicembre.

Si seppellì la faccia tra le mani con un sospiro: già si prefigurava i giorni interi passati a navigare nelle acque di un devastante mal di testa, e la vocina petulante della corona di ferro che si insinuava nella sua mente e rendeva ancor più scarsa la sua già breve soglia dell'attenzione.

A dicembre l'influenza dei cieli sul suo comportamento diventava progressivamente più forte, la corona si stringeva intorno alla sua testa, si intrometteva nei suoi pensieri e nelle sue conversazioni, gli ricordava dei suoi fratelli lontani e gli inculcava nel cervello la scomoda realtà che un giorno avrebbe dovuto abbandonare quella vita, che si era impegnato tanto per costruire.

Sospirò.

«Va tutto bene, Alexis?»

«Sì, sì. Pensavo solo che il tempo passa veloce.»