Capitolo 10 - Regola numero uno
Cat spinse via la coperta in uno sbuffo. Si era rigirata nel letto così tante volte che il materasso era esposto per metà e i capelli erano sparpagliati ovunque. Sembrava tutto scomodo, il suo corpo non voleva saperne di stare fermo e ogni volta che provava a chiudere gli occhi le palpebre si spalancavano come se qualcuno le avesse tirate a forza.
Si alzò. Camminare un po' avrebbe conciliato il sonno, anche se forse non riuscire a dormire non era così male. I suoi sogni sapevano essere troppo vividi, si ostinavano a scavare in tutto ciò che si sforzava di evitare e non era sicura di volerli affrontare. Distrarsi, ecco cos'avrebbe aiutato: dedicare la sua attenzione a qualcosa che non sbatacchiasse il cuore di qua e di là nel petto fino alla nausea.
La porta della camera di Kolt era aperta, la luce soffusa di una lampada a Sihir filtrava nel corridoio. Si sporse oltre l'uscio e lo vide seduto alla scrivania, i capelli biondi raccolti in un ammasso disordinato e gli occhi fissi sullo scheletro della pistola che si rigirava tra le dita. Il manico e il cilindro centrale giacevano sulla scrivania insieme a molle e altri pezzi metallici che Cat non avrebbe saputo dove posizionare, era sempre stata più brava a smontare cose piuttosto che a ripararle.
«Che te ne fai delle pistole se puoi sparare col tuo Naru?»
Cat aveva sperato di vederlo almeno sussultare, ma Kolt si voltò con calma e la fissò con un sopracciglio alzato. Versò su un panno un liquido dall'odore così pungente da farle arricciare il naso, poi cominciò a lucidare la canna della pistola.
«Che te ne fai di due Pietre se per i fornelli ne basta una sola?»
Cat aggrottò la fronte e si avvicinò alla scrivania. Cos'era, una sottospecie di indovinello? «Una la tieni come riserva, metti che l'altra finisce il Sihir prima di consumarsi. Tu però il Sihir lo prendi dall'aria, quello mica finisce!»
«Neanche le tue gambe finiscono, ma se provi a correre da qui a Lenwish vedrai che schiatti a terra prima di arrivarci. Usare un Naru stanca, se il tuo corpo non riesce più ad assorbire Sihir sei fottuto. E se qualcosa ti blocca il Focus? Fottuto. Puoi anche avere il potere di far esplodere la gente con uno schiocco di dita, ma sei inutile se non puoi muovere le dita.»
«Se non puoi muovere le dita non puoi manco sparare con quella» obiettò Cat indicando la pistola.
«Per fortuna non è il mio caso» sghignazzò Kolt. Mise da parte la pistola e passò alla pulizia del cilindro, passando uno scovolino negli alloggi dei proiettili. «Dipendere solo dal tuo Naru non è una buona idea, non puoi mai sapere quando ti toccherà farne a meno. È sempre meglio avere un piano di riserva.»
«Non sembri uno che ha un piano di riserva.»
«È quello che lo fa funzionare così bene!» Kolt le fece l'occhiolino. «Regola numero uno, impara a giocare con le apparenze. Meno la gente si aspetta qualcosa e più opportunità hai di sorprenderla.»
«Ma quante regole numero uno ci sono? Ne hai dette almeno dieci!»
«Punto primo, sono certo che fossero meno di cinque. Punto secondo, non è colpa mia se sono tutte importanti.»
«Una era "ho sempre ragione".»
Kolt schiuse le labbra in un mezzo respiro e alzò il capo, gli occhi stretti e lo sguardo perso nel vuoto mentre pensava. Dopo un breve istante, alzò le spalle e ammorbidì l'espressione con un sorriso. «Sì, in effetti quella è più importante delle altre, facciamo che è la numero zero.»
Cat sbuffò, spintonandogli il braccio. «La smetti di prendermi in giro?»
«È la verità! Devi sempre avere una buona carta da giocare, ma nessuno deve saperlo. E se vuoi sopravvivere in strada sarà meglio che impari la lezione il prima possibile.» Kolt cominciò a riassemblare la pistola, agganciando il cilindro metallico nel suo alloggio prima di incastrarlo nella canna. Le viti e le molle sparivano tra le sue mani con una velocità tale che Cat riusciva a malapena a seguirlo, e prima che se ne accorgesse stava già avvitando l'impugnatura bianca. «Ora fai la brava e vai a dormire, a quest'ora i bambini dovrebbero essere a letto.»
«Non sono una bambina!»
«Shh! Parla piano, vuoi svegliare tutti?» sibilò Kolt, occhieggiando alla porta socchiusa. «Hai idea di quanto riesca a parlare lo spilungone? Se arriva qui a fare un monologo di mezz'ora sulle ore di sonno necessarie o stronzate simili, te lo sorbisci tu.»
«Non sono una bambina» ripeté a voce più bassa, incrociando le braccia al petto.
Lui non la guardò neppure. Mugolò una condiscendenza ironica mentre rimirava la pistola di nuovo completa, poi posò l'arma sulla scrivania e cominciò a smontare l'altra, di un metallo talmente scuro che era quasi nero.
«Cretino, idiota e deficiente» borbottò Cat.
Lo sentì sghignazzare più forte mentre si voltava, e quando fu a un passo dall'aprire la porta si fermò. Guardò Kolt, il sogghigno beffardo ancora sulle labbra, e stropicciò il viso in una smorfia. Le prudevano le mani, il cuore pompava fuoco nel sangue e non aveva intenzione di andarsene così infastidita mentre lui rideva. Corse verso il letto, ignorando i richiami di Kolt per sistemare un cuscino dietro la schiena e infilarsi sotto le coperte.
«Ma sei scema? Dicevo il tuo letto, non il mio!»
«Chi se ne frega, preferisco questo. Vattene tu nel mio letto.»
Kolt inarcò un sopracciglio. Lasciò andare la pistola e si voltò, sporgendosi oltre lo schienale della sedia. «Mi stai cacciando dalla mia stanza? Wow, che ripicca incredibile, questo sfoggio di maturità mi sconvolge.»
«Se dici che sono una bambina, allora mi comporto da bambina» disse Cat, sistemandosi meglio sotto le coperte. «Io non mi alzo. Se ti avvicini mi metto a urlare.»
Lui soffiò una risata. «Non lo faresti.»
Cat gli lanciò un'occhiata di sfida. Aprì la bocca e prese un respiro rumoroso, ma prima che riuscisse a riempire i polmoni Kolt aveva già alzato le mani.
«Ferma, ferma, ho capito!» Kolt borbottò qualcosa tra i denti, imprecazioni e bestemmie, poi si arrese in un sospiro. «Puoi restare.»
Il sorriso di Cat si allargò. «Che te ne fai davvero delle pistole? Come riserva te ne basterebbe una, tu ne hai due. Non mi freghi.»
«A parte che sono cazzi miei, prima dicevo sul serio... È solo che a volte non sono le pistole il piano di riserva.» Kolt prese l'arma che stava smontando, priva del cilindro e del manico nero e lucido, e la fece ruotare un paio di volte attorno all'indice prima di cominciare a svitarla e separarla in pezzi più piccoli. «Avere un Naru è come pescare il Sole. Devi capire quando giocarlo, se scopri le carte prima del tempo gli altri sapranno come fotterti, ti tocca bluffare fino alla fine. Un Dotai come me non ha bisogno di armi, però ci sta averne una dietro, per sicurezza. Ma due? Che diresti di uno che ha una Pietra di Sihir nel fornello e due di scorta?»
Cat aggrottò la fronte. «Che è un idiota.»
«Che è un idiota!» ripeté Kolt schioccando le dita. «È inutile, cazzo! Perciò se vedi uno che si porta dietro due Columni del 508 con manico in ossidiana e madreperla, pensi che di sicuro non ha altro da giocare. E mentre ti fai le tue belle teorie, io ti frego con quello a cui non hai pensato.»
Afferrò la pistola già pulita e si alzò. La strisciò contro il braccio mentre si avvicinava al letto, facendo ruotare il cilindro anche se era vuota. Puntò la canna contro la fronte di Cat e tirò indietro la levetta della carica, l'indice pronto a premere il grilletto, poi lasciò la presa e la fece roteare sul dito fino a offrirle il manico.
«Prendila.»
Cat fissò l'arma di sottecchi. «Non la so usare.»
«Sante stelle, cos'ho appena detto? Le apparenze, cazzo» sbuffò Kolt. L'afferrò per il polso e le schiantò la pistola in mano, assicurandosi che stringesse le dita attorno all'impugnatura bianca. «Vuoi fingerti disarmata? Non nascondere la pistola, mettila in mostra e poi fingi di perderla. O fattela rubare, fai credere di aver finito le munizioni.»
Cat si rigirò la pistola tra le dita, gelida e più pesante di ciò che avrebbe immaginato. La luce al Sihir creava sfumatura rosate sul manico in madreperla, il metallo chiaro era intagliato su entrambi i fianchi con foglie e motivi ricurvi. Non era fatta per una mano piccola come la sua, riusciva a malapena a tendere l'indice per toccare il grilletto decorato, se avesse dovuto sparare davvero forse avrebbe dovuto tenerla con le mani. Sapeva mirare bene con una fionda, quanto mai poteva essere diverso? Anche se fosse, non sapeva come caricarla. Non aveva neppure dei proiettili. Se l'avesse puntata contro qualcuno, però, gli avrebbe comunque fatto paura.
«Non è un regalo, quella rivoltella vale seimila lunari. La rivoglio indietro dopo che avremo recuperato il tesoro, ti metto in conto ogni graffio» disse Kolt. Sparpagliò viti e pezzi metallici sulla scrivania, cominciando a pulirli uno a uno con il liquido dall'odore atroce.
«Non mi insegni a sparare?»
«Forse. Potrei pensarci, se ti comporti bene... Ad esempio andando a dormire – nel tuo letto, non nel mio.»
Cat abbassò lo sguardo, seguendo gli intagli sulla pistola con le unghie. Non poteva rimanere sveglia tutta la notte, ma sentiva ancora il petto schiacciato, la sola idea di restare sola con i suoi pensieri le agitava lo stomaco.
«Posso res—?»
«No.»
Cat si accigliò. «Ma non ho nemmeno—!»
«Non se ne parla. Scordati che mi metto a dormire per terra o sulla sedia per i tuoi capricci.»
«Non sono capricci» borbottò, gonfiando le guance con l'ennesimo sbuffo. Doveva davvero sembrare una bambina. Gli occhi pizzicavano e sbatté le palpebre per scacciare le lacrime, sperando che Kolt non l'avesse notato. «Tanto io qua non ci volevo stare! Non mi servi tu e neanche la tua stupida pistola!»
«Davvero? E io che avevo quasi deciso di spiegarti come si usa...» disse Kolt, facendo danzare una lunga vite scura tra le dita. «Però se non vuoi fa nulla. Me la riprendo.»
Allungò una mano, ma Cat strinse la pistola al petto e si fece indietro. «Ho detto che non mi serve, non che non la voglio. Insegnami.»
Drizzò il busto e tenne la testa ben alta mentre lui sghignazzava. Se la stava solo prendendo in giro avrebbe usato la pistola per sbattergliela in testa, invece le fece cenno di seguirlo alla scrivania e cominciò a elencare nome e funzionamento dei pezzi più importanti che giacevano sul legno. Il cilindro si chiamava tamburo, la levetta era il cane... E per un paio d'ore Cat riuscì a dimenticare cos'era che la teneva sveglia.
La mattina successiva il cielo era di un azzurro accecante. Cat aveva visto quel colore solo in spiaggia, dove i fumi di Sihir erano più rarefatti e il sole splendeva libero da nubi e vapori. Lenwish era sempre avvolta da una sottile patina grigio-violacea, persino nelle giornate più serene, perciò non era abituata a vedere l'erba così verde, i fiori così gialli, il bianco delle mura così puro che sembrava irradiare luce. E cos'era quel silenzio? La villetta sorgeva su una collina isolata, foresta da un lato e una ripida scogliera dall'altra, ben distante dal centro cittadino. Sottili refoli violacei si levavano dai comignoli delle abitazioni circostanti, ma niente clangori metallici o sbuffi di grosse tubature, solo il vento che sibilava tra i capelli e i cinguettii di uccelli nascosti tra le fronde. Tutta quella quiete le faceva prudere la pelle.
Continuava a smuoversi sul ceppo di legno su cui era seduta, facendolo oscillare in un sordo tok tok ogni volta che un lato batteva contro il terreno. Non appena aveva raccontato di aver polverizzato parte del riformatorio, Brycen aveva insistito perché si spostassero all'esterno. Si erano allontanati dalla villetta di parecchi metri, poi Edvokin e Alexiej avevano arrangiato tavolo e sedute con assi e blocchi di legno. Chloe aveva fatto sparire in un vortice tutti i libri che Brycen aveva tirato fuori dalla liberia, e su richiesta del fidanzato – o marito, non l'aveva ancora capito – ne tirava fuori uno e ne gettava via un altro, come se quell'oscurità vorticante fosse una sorta di borsetta. Era l'unica a sedere al tavolo insieme a loro, Brycen aveva chiesto di andarsene persino a Kolt perché Cat potesse concentrarsi senza distrazioni – e lei si era guardata bene dal dire che avrebbe preferito che restasse.
Se avesse dovuto decretare il più affidabile tra i due, Brycen sarebbe stato la scelta ovvia. Si sentiva la puzza di persona per bene da un chilometro di distanza, di quelli che non serviva sforzarsi di frugargli nelle tasche perché ti avrebbero riempito di soldi e favori solo a chiederlo. Era disgustosamente gentile, tutto sorrisi e belle parole, e si stava sforzando così tanto di metterla a suo agio da risultare ridicolo. Cat gli aveva lanciato addosso alcune spighette di pabbio mentre camminavano, ma lui non si era innervosito e si era persino tenuto l'erba appiccicata ai vestiti. Si poteva essere più noiosi di così?
Quantomeno Kolt parlava la sua stessa lingua. Cat aveva provato a colpire anche lui, ma prima che potesse lanciargli contro il pabbio si era ritrovata con una manciata di spighette sulla testa e l'aveva visto andarsene sghignazzando. Forse non poteva fidarsi – di sicuro non poteva fidarsi – ma era difficile ricordarselo quando sorrideva. Faceva sembrare tutto semplice, come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi, e lei aveva un disperato bisogno di crederci.
«Cat? Domando scusa, ho utilizzato una terminologia eccessivamente tecnica?»
Brycen la guardò con occhi grandi di preoccupazione. Aveva spalancato un grosso tomo sul tavolo e aveva cominciato a spiegare qualcosa riguardo alle diverse tipologie di Sblocchi, ma dopo mezzo minuto Cat aveva smesso di ascoltarlo. Il suo sayfano era impeccabile, fatta eccezione per il duro accento zimeo, però parlava come una maledetta enciclopedia e lei non aveva voglia di stargli dietro.
Non aiutava il fatto di aver dormito poco. Quand'era tornata in camera sua era troppo stanca per guardare l'orologio, e sebbene fosse sveglia da ormai tre ore faticava a concentrarsi e sentiva ancora le palpebre pesanti – non riuscì comunque a pentirsi. Aveva legato la fondina al fianco e, benché non avesse ancora dei proiettili, il peso dell'arma le era di conforto.
«A che mi serve sapere tutta questa roba?» sbuffò, ondeggiando ancora sul tronco. «L'ho già sbloccato, il Naru. Devo solo capire come usarlo. Dimmi qual è il mio Focus e cominciamo ad allenarci!»
«Tu sei l'unica che può comprendere quale sia, io posso solo fornirti supporto durante il processo» disse Brycen in un sospiro. «È più facile assorbire Sihir se possiedi uno scopo, una direzione precisa di come utilizzare l'energia mistica. Definire le caratteristiche del tuo Naru renderà più semplice valutare i possibili Focus, soprattutto se ci concentriamo sul suo principio base. Ogni Naru ha un collegamento unico con il Sihir, un ventaglio di possibilità che ruota attorno a un concetto cardine. Tuttavia, comprendere il tuo è più complesso di quanto potrebbe sembrare, tenendo altresì a mente che lo stesso effetto può derivare da numerose cause. Il tuo è un evidente caso di Sblocco scatenato, ciò significa che il Naru si è espresso nel suo massimo potenziale a seguito di una forte risposta emotiva. A differenza di uno Sblocco naturale, in cui risponde a una precisa volontà e si manifesta nella sua caratteristica più basilare, il Naru è fuori controllo ed è in grado di superare i suoi stessi limiti, alterare la realtà in modi impossibili da replicare per—»
«Sante stelle, non puoi riassumere e basta?»
Il viso di Brycen si fece subito rosso. «Quello era il riassunto.»
«Per scoprire qual è il tuo Naru dobbiamo capire cosa puoi e non puoi fare, e lo Sblocco è l'unica fonte di informazioni che abbiamo» disse Chloe, stringendo la mano del fidanzato-forse-marito. «Sappiamo che polverizzi cose, ma come? Le disintegri? Le trasformi in sabbia? Polvere? Cenere?»
«E come cavolo faccio a saperlo?»
«Analizzeremo diversi aspetti del tuo Sblocco e annoteremo le caratteristiche che riesci a ricordare, procedendo per esclusione finché non riduciamo a tre o meno i Naru che possiedono i requisiti adatti» disse Brycen. «Potremmo persino essere in grado di identificare quello esatto, tuttavia tieni a mente che questo non è un Centro di Ricerca e io sono un appassionato, non un Ricercatore, i miei studi non mi rendono qualificato a—»
«Vedrai che troveremo il tuo Naru in un batter d'occhio» si intromise Chloe, sorridendo.
Cat trascorse le ore successive a rievocare gli avvenimenti al riformatorio, dal momento in cui aveva sentito la prima scarica di Sihir in corpo a quello in cui era scivolato via dal corpo. Brycen tirò fuori un taccuino e cominciò ad annotare le risposte all'infinita serie di domande con cui interrompeva la narrazione, barrando voci dalla lista di possibili Naru che aveva selezionato. Sotto consiglio di Chloe, Cat chiuse gli occhi e cercò di visualizzare se stessa in quel corridoio, sforzandosi di concentrarsi su dettagli sempre più specifici. Di che colore era la sabbia che la seguiva? Che suono aveva mentre scivolava giù dal terzo piano? Era abbastanza grossa da sentire la grana sotto le dita? Le pareti si erano spaccate o erano semplicemente collassate? Cos'aveva provato quando l'ammasso polveroso l'aveva riportata a terra? In che modo si era mosso?
Più le domande si facevano tecniche e specifiche, meno Cat era in grado di rispondere. Certi particolari le sfuggivano e di altri non era affatto certa, ma Chloe e Brycen sembravano tirar fuori una moneta da ogni sua parola. Pronunciava mezza frase e loro erano lì a fare congetture e supposizioni, incastrando le proprie teorie a quelle dell'altro, guardandosi come se fossero in grado di leggersi nel pensiero. Cat si sarebbe strappata il cuore piuttosto che ammetterlo, ma quel genere di complicità le alleggeriva il petto. Aveva sempre odiato le coppiette che facevano le coppiette, tutte smancerie e sdolcinatezze, e quei due avevano tutta l'aria di essere così zuccherosi da far venire la nausea, però vederli lavorare insieme era... rassicurante. Le sembrava di rivedere i suoi genitori, che non le erano mai sembrati così innamorati come quando progettavano un colpo insieme. Stelle, quanto li invidiava.
Quanto le mancavano.
«È una cosa che fai spesso?» chiese Brycen d'un tratto.
Cat dovette ragionarci su per qualche istante prima di capire a cosa si stesse riferendo. Non ci aveva fatto caso, ma a un certo punto aveva cominciato a mangiarsi le unghie e in quel momento si stava rigirando tra i denti il pezzo che aveva strappato via dal pollice.
La sputò a terra e fissò Brycen sotto le sopracciglia aggrottate. «E allora?»
«Interessante» disse lui, accarezzandosi il mento. «È un po' azzardato, ma...»
«Proviamo con la frutta secca» trillò Chloe, allegra. Gli occhi neri dal taglio allungato erano vispi e attenti come quelli di un gatto. «Dovremmo avere delle mandorle... Vado subito a prenderle!»
Sparì in un vortice oscuro prima che Cat potesse prendere fiato per parlare. Quando tornò, neanche un minuto dopo, aveva con sé un sacchetto di mandorle che lasciò aperto sul tavolo.
«Prova a sgranocchiare queste» disse, le labbra incurvate all'insù. Non si stancava mai di sorridere? «Non puoi certo consumarti le unghie mentre cerchiamo di capire se Bry ha ragione oppure no.»
«Ragione su cosa?»
«Sul tuo Focus» intervenne Brycen. «Uno dei possibili modi per assorbire Sihir è attraverso la focalizzazione sensoriale, è necessario che un determinato senso venga stimolato in qualche modo. La sensazione di qualcosa di piccolo e duro tra i denti – come può essere un'unghia – potrebbe essere la risposta che stiamo cercando.»
Cat alzò un sopracciglio. «Non mi stavo mangiando le unghie quando ho usato il Naru.»
«Uno Sblocco scatenato è involontario, dunque non è necessario un Focus. È vero che alcuni Dotai interiorizzano l'accaduto e lo utilizzano come collegamento al Sihir, ma è valido solo per una piccola percentuale. I Focus sono per lo più gesti quotidiani, sensi a cui ci affidiamo più di altri, parole che reputiamo importanti o azioni che ci aiutano a sfogare la tensione.»
Se Cat avesse potuto stropicciare il viso più di così l'avrebbe fatto. Non sapeva granché sui Focus, ma attingere al Sihir mangiando qualcosa? Non aveva senso. Sembrava stupido, una teoria sparata a caso, eppure Chloe e Brycen la guardavano con una serietà che era difficile mettere in discussione. Da Kolt avrebbe potuto aspettarsi una risata per aver creduto a qualcosa di tanto assurdo, ma Brycen... Non credeva che uno scherzo simile potesse anche solo attraversargli la mente.
Afferrò una mandorla, era stata sgusciata e pelata e restava solo il centro bianco e liscio. «Perciò devo mangiarla e provare a distruggere qualcosa?»
«Ritengo sia preferibile esercitarsi sull'eventuale capacità di disintegrazione in un secondo momento» disse Brycen. Si schiarì la voce, ma quello rese solo più evidente la sua agitazione. Era così rigido che, se l'avesse spinto, sarebbe caduto sull'erba così com'era, come un tronco abbattuto. «Concentrati sulla masticazione e prova a sollevare la polvere presente sul tavolo – magari un angolo specifico, agire su un'area ristretta risulterà più semplice. Visualizza l'energia mistica nella sua mente, richiama quella sensazione che hai percepito durante lo Sblocco e immagina i granelli che si sollevano verso l'alto.»
Cat si rigirò la mandorla tra le dita, poco convinta, poi se la ficcò in bocca. Tenne lo sguardo fisso sulla porzione di tavolo davanti a sé e ordinò alla polvere di levarsi in aria, ma quando spaccò la mandorla tra i denti non accade nulla. Si sistemò meglio sullo sgabello e frantumò la mandorla tra i denti fino a ridurla in poltiglia, ne mangiò un'altra e un'altra ancora, ma nessun guizzo attraversò i muscoli e tutto rimase immobile.
«Mannaggia ai buchi neri! Non funziona!»
«Se può aiutarti, pensa al Sihir come qualcosa di concreto» suggerì Chloe. Agitò una mano e un piccolo vortice oscuro si aprì di fronte al palmo, spostandosi al movimento delle sue dita. «Per me l'energia è fatta di fili, fingo di afferrarli e tirarli come se dovessi muovere una marionetta.»
«Te la senti di fare un altro tentativo?» Brycen sorrise e spinse il sacchetto di mandorle verso di lei.
Cat roteò gli occhi in uno sbuffo, poi affondò la mano tra le mandorle e ne mangiò tre in un boccone. Qualcosa di concreto... Pietre di Sihir? Erano intrise di energia e non riusciva a pensare a qualcosa di più concreto della roccia, però erano anche pesanti, dure. Se avesse attirato a sé delle pietre l'avrebbero schiacciata, e non si era sentita così mentre correva lungo i corridoi del riformatorio. Si sentiva leggera, forte, libera. Se le pietre l'avessero sommersa, lei le avrebbe spinte via e sarebbe sgusciata fuori, le avrebbe fracassate una a una fino a scacciare ogni peso.
Una mandorla scrocchiò tra i denti. Le Pietre di Sihir erano un minerale strano, più duro del diamante, bruciava come il carbone ma si consumava dopo settimane intere. L'energia che conteneva sembrava inaccessibile in altro modo, ma se fosse riuscita a tirarla fuori? Se le avesse frantumate tra i denti, liberando il Sihir direttamente nella sua bocca? Rompere le cose le era sempre riuscito bene, forse per questo il suo Naru aveva scelto di distruggere tutto.
Masticò con più foga e immaginò Pietre al posto delle mandorle, e le sembrò di sentire il sapore dolciastro del Sihir sulla lingua, l'energia che si mescolava alla saliva e si diffondeva nel suo corpo attraverso ogni muscolo. Scariche di vitalità lungo le braccia, euforia incontenibile, il cuore che batteva come fosse ovunque. Riusciva a percepirla, afferrarla, le apparteneva.
La gettò fuori come se dovesse spingere qualcosa di pesante, e il Sihir si insinuò tra le crepe del legno e catturò ogni particella di polvere sulla superficie. Si alzarono prima minuscoli granelli, a malapena visibili sotto la luce, poi un ammasso grigio prese forma davanti ai suoi occhi, una nube compatta sospesa a mezz'aria che diventava via via sempre più grande. Quand'ebbe raggiunto le dimensioni di un pugno, Cat le ordinò di muoversi e quella obbedì, schizzando in avanti prima di sfaldarsi sopra la testa di Brycen.
Lui prese fiato in un sussulto rumoroso e restò immobile, le mani a mezz'aria e gli occhi stretti. Cat sghignazzò, ripulendo con la lingua le briciole di mandorla che erano rimaste incastrate tra i denti. Ce l'aveva fatta. Per il sole e le stelle, ce l'aveva fatta!
«Dato che hai capito come fare, perché non togli la polvere dai capelli di mio marito?»
Chloe le puntò addosso uno sguardo severo. Sorrideva ancora e aveva un tono allegro, ma gli occhi erano talmente affilati da far venire i brividi. Cat inghiottì a vuoto, poi mangiò un'altra mandorla e obbedì. Quando l'ultimo granello di polvere abbandonò i capelli di Brycen, lui sospirò come se fosse rimasto in apnea per tutto il tempo. Sante stelle, quante storie per un po' di polvere.
«Complimenti, Powder! Sei il sogno di ogni casalinga!»
Kolt levò un fischio di apprezzamento, applaudendo mentre si avvicinava. Dietro di lui camminavano Edvokin e Alexiej, spalla a spalla, il primo stringeva una bottiglia di vino e il secondo un cesto di vimini. Edvokin sfoggiò un sorriso ampio ed esclamò qualcosa in zimeo che suonava come un invito a festa, ma su richiesta di Brycen passò a un sayfano traballante.
«Avevi detto niente distrazioni, ma questa è una necessità. Certo, il cibo si poteva fare a meno, ma è un buon accompagnatore!» Rise di gusto mentre stappava la bottiglia. «E poi ho visto che siete riusciti, dobbiamo fare festa. Lesha, prendi i bicchieri. Chi vuole essere il primo?»
«Non credo che Cat abbia l'età giusta per bere» disse Brycen.
«Io l'ho detto. Non ascolta» borbottò Alexiej.
Edvokin scacciò quelle rimostranze con un gesto della mano. «Tutte le età sono giuste per bere. Via i libri, è tempo di fare pranzo!»
Brycen si arrese all'entusiasmo di suo cugino e il tavolo improvvisato si riempì di piatti, bicchieri e frittate di verdure tagliate a pezzi. L'odore di vino rosso invase la collina e l'aria si riempì presto di chiacchiere e risate, così leggera mentre scherzavano tra loro. Era trascorso così poco tempo da quella naturalezza, meno di un mese, eppure sembrava un'eternità.
«Goditelo finché puoi» le sussurrò Kolt all'orecchio. «Domani si torna a Lenwish. Il caro, vecchio grigiore di casa.»
Cat serrò i denti. Non aveva più una casa, senza Quentin e Darby quelle mura non avevano alcun significato. Aveva uno scopo, però. E aveva un Naru. Prese un'altra mandorla dal sacchetto e sentì scorrere l'energia mistica quando la schiacciò tra i denti, strappandole un sorriso.
Si sarebbero pentiti di averli ammazzati. E ancora di più di non aver ammazzato anche lei.
Povero, povero Brycen! Non è solo il bersaglio preferito di Kolt ma anche quello di Cat, che non ci pensa due volte a fargli i dispetti. Quanta pazienza ci vuole... Per fortuna lui ne ha da vendere!
Kolt si rivela il solito pagliaccio, fa tanto il gradasso ma alla fine non scaccia davvero Cat e le lascia persino una delle sue pistole, insegnandole qualcosa a riguardo. Certo, si tratta di un prestito e finché collaborano ogni vantaggio di Cat è anche il suo, ma il punto con lui è sempre che poteva farne a meno e invece il passetto lo ha fatto.
Dall'altro lato abbiamo una tsunderina di tutto rispetto, adoro il fatto che sia sveglia e infantile al tempo stesso, oltre all'impulsività che si porta dietro. Gli eventi si susseguono e lei non ha avuto neanche il tempo di elaborare il suo lutto, che affronta così come viene, un po' cercando di non pensarci e un po' focalizzandosi sul presente.
Mi piace il modo che ha di approcciarsi al Sihir, il suo è un Focus molto particolare e mi stuzzicava di mostrare i suoi primi tentativi ♥ Non avevo previsto di inserire tante informazioni a riguardo, ma Brycen ha fatto il Brycen e... niente, è andata così, ha fatto tutto da solo xD
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, con comparsana finale dei Leshvik per colpa di Trachemys (sono proprio stata costretta, eh, sto soffrendo proprio, come no). Tra i vari memini mi è venuto in mente l'aggancio perfetto per la chiusura e che fai, te ne privi?
Detto ciò ci vediamo al prossimo capitolo!
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