CAPITOLO I. - PRE
Il vociare dei ragazzi che stavano approfittando dell'intervallo per un po' di riposo si espanse per tutto l'edificio scolastico non appena suonò la campanella. Persino chi passava nelle vie di fianco a esso poteva sentire un lieve brusio allegro, anche se vedere gli studenti della scuola media era difficile, visto che la visuale dall'esterno era bloccata dagli arbusti che crescevano nel giardino intorno all'edificio, a cui si poteva accedere solo tramite un alto cancello, rosso come le pareti esterne della scuola.
All'interno, molti alunni stavano approfittando di quei dieci minuti per fare due passi e sgranchirsi le gambe, mentre qualche coraggioso aveva deciso di gettarsi nell'impresa di provare ad andare il bagno in quel poco tempo di riposo dalle lezioni.
Osservo la mia immagine riflessa nello specchio del bagno scolastico: ho un po' di occhiaie, ma per fortuna si nota poco visto che ho la pelle leggermente scura... e di solito, i miei occhi dorati distraggono dal resto. Non che se ne preoccupino in molti comunque.
Sistemo leggermente i miei capelli blu, in modo che sembrino almeno decenti: ormai arrivano quasi alle spalle, dovrei decidermi a tagliarli... ma non è questo il momento per pensarci, tra poco la pausa pranzo sarà finita, devo tornare in classe.
Sospiro ed esco dal bagno, iniziando a camminare per i corridoi scolastici nella speranza di non incontrare nessuno... una speranza vana, ovviamente.
– So-u-taaa-. Mi volto di scatto, e noto che un gruppetto di miei compagni di classe si sta dirigendo verso di me, ovviamente capitanato da Hiro Okada. Capelli corti rossicci, occhi leggermente più scuri dei miei... e un carattere di merda già alle medie.
– Vieni un attimo con noi. Subito- ordina con un sorriso; un sorriso inutile, tutti nella scuola sanno che mi odia. E a nessuno importa, in realtà.
Serro appena le labbra e vado verso di lui; il ragazzo si volta e inizia a camminare insieme ai suoi amici, diretto verso il retro della scuola. Il posto preferito di questi bulli per decidere di accerchiare in cinque un ragazzo che non gli ha fatto niente e iniziare a picchiarlo per motivi sconosciuti a tutti, probabilmente anche a loro.
Mi porto le mani davanti al volto, sapendo bene che se reagissi sarebbe solo peggio: invece, così si stancheranno presto, e se ne andranno senza procurarmi troppi danni.
– Non reagisci neanche eh? Fai bene: i frocetti come te non hanno il diritto di difendersi- sento un pugno più forte degli altri colpirmi e tossisco leggermente. E dire che non ho mai detto a nessuno che sono gay, eppure...
Ma anche se non fosse così, dubito che mi ascolterebbero: mi odiano per principio, troverebbero in ogni caso un'altra scusa per fare ciò che vogliono, e io non posso contrastarli in alcun modo. Posso solo sopportare, cercare di difendermi e sperare che finiscano in fretta.
– Dai ragazzi, andiamocene- per fortuna, Hiro decide presto che non lo diverto più e si allontana insieme ai suoi amici.
Tossendo leggermente, mi siedo, la schiena contro il muro, cercando di ignorare il bruciore che avverto nei punti colpiti; probabilmente mi hanno lasciato dei lividi, ma almeno non è niente di troppo visibile o che mi impedisca di muovermi... Mi manca solo che tutta la città sappia della mia situazione, ho già abbastanza problemi con quei ragazzi senza che tutti mi vedano come un debole.
D'un tratto, un lecca lecca compare nella mia visuale.
– I dolci fanno sentire meglio-. Allungo la mano e afferro il lecca lecca; lo scarto e me lo infilo in bocca.
– Grazie- mi volto. Di fianco a me, c'è una ragazza con dei lunghi capelli rossi, leggermente mossi, non tanto alta; ha anche lei un lecca lecca in bocca, e i suoi occhi indaco sono fissi sull'orizzonte. O meglio, sul giardino della scuola, ma dubito stia fissando l'albero di fronte a noi, probabilmente è persa nei suoi pensieri.
– Che ci fai qui fuori?- le chiedo.
– Vi ho visti uscire- risponde, abbassando leggermente lo sguardo. Annuisco: lo immaginavo, in fondo lei è l'unica a preoccuparsi per me... e la mia unica amica. Per lei è pericoloso stare con me, se la vedessero potrebbe essere presa di mira a sua volta, ma quando siamo lontani da occhi indiscreti cerca sempre di starmi più vicino possibile.
– Senti Danuja...-.
– Minato- mi corregge lei. Sospiro.
– Sei l'unica persona al mondo che si fa chiamare per cognome dagli amici e per nome dagli altri- borbotto.
– Sai che mi piacciono i simbolismi. Il significato del mio cognome mi piace di più di quello del mio nome-. Ho sempre trovato strana questa sua decisione, non capisco come mai "Porto" le piaccia più di "Cavaliere" o "sovrana"... ma per essere mia amica, non poteva certo non essere una ragazza strana.
– Proprio riguardo questo, Minato... c'è un significato se giri sempre con questi?- alzo il dolce. Lei fa un piccolo sorriso.
– Mi ricordano l'infanzia. Quando ancora credevo... che tutti fossero buoni-. Annuisco e rimaniamo in silenzio mentre finiamo il nostro meritato dolce.
Minato... è l'unica persona che con me si comporta gentilmente. L'unica ad avere la conferma che sono gay, e non se ne fa problemi. Non so come mai si sia avvicinata a me: semplicemente un giorno, dopo uno scontro con Hiro, è venuta da me e mi ha offerto un dolce. Fino ad allora pensavo che fosse una ragazza gentile che va d'accordo con tutti, avevamo parlato solo poche volte in fondo, ma poi ho scoperto che la sua è solo apparenza per non avere problemi: in realtà, sono il suo unico vero amico.
– Sta per suonare- mormora. Annuisco e mi alzo; faccio una smorfia di dolore e lei mi lancia uno sguardo, ma non dice niente, sapendo bene che comunque non possiamo farci molto.
Buttiamo entrambi gli stecchini nel bidone in giardino, poi ci separiamo, tornando verso la nostra classe ma passando da due punti diversi per evitare che ci vedano insieme.
Quando ho conosciuto Minato, ho pensato che fosse una persona falsa: ma in realtà, mi sono reso conto che lei non dice mai niente di diverso da ciò che pensa; semplicemente lascia che le persone cadano nella loro stessa illusione, che credano ciò vogliono, su di lei e su ciò che pensa di loro. Il suo unico desiderio, proprio come il mio, è uscire da qui il più in fretta possibile senza problemi; la differenza tra di noi, è che lei ci sta riuscendo meglio.
Entro in classe e vado a sedermi al mio posto, pronto ad altre ore di inferno; un attimo dopo, vedo qualcuno sedersi davanti a me, con la sedia girata a metà in modo da guardarmi, e appoggiare la mano sul mio banco.
– Che faccia che hai! Su con la vita; hai un po' di occhiaie, ma mica stai morendo-.
Alzo lo sguardo e il mio cuore perde un battito nel vedere il sorriso del ragazzo che ho davanti: Kosuke Takahashi. Capelli biondi come quelli di un angelo, occhi di un viola bellissimo, e un sorriso che penso potrebbe convincere anche il peggior dittatore del mondo a fare un balletto per gli orfani.
– Sono solo un po' stanco- mormoro, leggermente imbarazzato; non è possibile che il mio cuore batta in questo modo ogni volta che gli sono vicino...
Tra l'altro, Kosuke è leggermente più basso di me, per cui quando siamo in piedi mi viene sempre una grande voglia di proteggerlo... mentre adesso che mi sta fissando negli occhi in questo modo, non ho la più pallida idea di come reagire. E il fatto che senta più il mio cuore che i rumori intorno non mi aiuta a ragionare.
Alzo appena lo sguardo e vedo Minato rientrare in classe, diretta verso Maemi, unica ragazza con cui ha un rapporto un po' più stretto; ma prima che possa raggiungere l'amica dagli occhi rossi e i capelli castano chiaro raccolti in due trecce, Hiro la raggiunge e inizia a parlarle.
– Si vede, hai delle occhiaie da drogato- ride Kosuke. Riporto lo sguardo su di lui: se continua a ridere mi ucciderà...
– Magari mi drogo davvero- commento, per vedere la sua reazione.
– Impossibile, non ne avresti il coraggio- dichiara, divertito, ma una luce quasi di preoccupazione passa nei suoi occhi.
– Hey Kosuke, vieni un attimo qui- lo chiama qualcuno, prima che io possa rispondere.
– Vedi di riprenderti mentre non ci sono o rischi di spaventare qualcuno- ride, prima di allontanarsi. Innamorarsi del ragazzo che fa sempre battute su tutti per avere tanti amici... è l'ultima cosa che farebbe qualcuno vittima di bullismo. Eppure...
Lo osservo mentre ride con altri ragazzi della classe. Eppure, ho visto qualcosa in lui. Quando nessuno lo guarda, quando non riesce a fare battute, quando si trova un minimo isolato... nei suoi occhi ho visto la paura. La paura di rimanere solo. Sarebbe così strano se gli dicessi che, se si avvicinasse davvero a me, non lo lascerei mai solo? Che io lo accetto per chi è davvero, e lo farò per sempre?
Vedo Kosuke voltarsi verso Maemi e i suoi occhi si illuminano. Serro le labbra. Si, sarebbe strano... devo dimenticarmi che una cosa simile possa accadere. Anche perché, sono troppo debole per proteggerlo da questo mondo; in fondo, sono il primo a esserne vittima.
Per distrarmi, distolgo lo guardo e mi ritrovo a osservare Minato, che, mentre parla con Maemi sta giocherellando con una ciocca di capelli, raccogliendoli in una treccia. In fondo... le piacciono parecchio i simbolismi.
🪶🪶🪶
Ed ecco a voi il primo capitolo della mia storia! Come potete notare, sono molto più corti rispetto a quelli delle mie FF, è una scelta mia: preferisco che ci si possa focalizzare sulle cose importanti, invece di mettere dentro troppo in un unico momento e rischiare di renderla dispersiva, soprattutto visti i temi affrontati.
Come vi avevo anticipato, in questo capitolo vediamo il passato di Souta: già dalle medie vittima di bullismo, una sola amica anche lei in difficoltà in quel mondo, e una cotta per un ragazzo che gli sembra impossibile da raggiungere...
Il suo passato ci accompagnerà anche nei prossimi due capitoli, prima di arrivare alla storia vera e propria; chissà se cambierà qualcosa...
Per il momento, spero comunque che il primo capitolo vi sia piaciuto; vi aspetto per il prossimo! Come ho detto, qualsiasi commento e critica costruttiva sono sempre ben accettati, quindi fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto!
~ Kyulia
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