SPIN OFF - KOSUKE

– Sei davvero divertente, Kosuke!-.

– Le tue battute sono le migliori!-.

– Le tue prese in giro fanno morire dal ridere!-.

– Continua a essere così divertente, e arriverai lontano!-.

Ho imparato da quando ero bambino quanto sia importante essere divertente. Se sei una persona divertente, gli altri parleranno con te, saranno più a loro agio, ti farai amici più facilmente, e avrai meno problemi. I miei genitori me lo dicevano sempre: "Sei un bambino divertente, Kosuke; continua così".

E io ho continuato così, ho imparato come essere divertente. Finchè ero un bambino, era semplice, i bambini si divertono con poco. Poi, ho iniziato a crescere, e mi sono reso conto che il maggiore divertimento delle persone... erano le altre persone.

Quando sono capitato in classe con Hiro alle elementari, mi sono accorto che il suo modo per avere tanto amici era quello di tenersi vicino le persone prendendo di mira le altre. Non volevo essere preso di mira. Così mi sono avvicinato a lui; ho iniziato a prendere in giro chi lui prendeva in giro, e pian piano mi ha fatto integrare nel suo gruppo, diventando uno dei suoi migliori amici.

Le mie prese in giro non sono mai state pesanti come le sue: non volevo fare piangere le persone, volevo divertirmi con loro. Quando vedevo gli altri rimanerci male mi veniva l'impulso di fare qualcosa, ma temevo che, se avessi agito, se la sarebbero presa anche con me.

E avevo paura: non volevo perdere i miei amici, non volevo rimanere solo, non volevo finire come quei bambini. Così, ho continuato a comportarmi come avevo sempre fatto: io dovevo semplicemente essere quello divertente, e in quel modo sarei stato al sicuro.

All'ultimo anno di elementari, una bambina mi ha intimato di smetterla: il suo nome era Maemi Kaito. Era una delle persone che Hiro prendeva più di mira, e anche una delle poche che ogni volta gli rispondeva per le rime. Le reazioni di Hiro verso di lei non erano mai esagerate, ma ho compreso solo dopo il motivo per cui fosse così, ovvero l'amicizia tra Maemi e Minato.

All'epoca non sapevo come mai Hiro non lasciasse che nessuno prendesse in giro quella bambina dai capelli rossi, ma non mi importava: sapevo chi potevo prendere in giro e chi no, ed ero a posto così.

Quando Maemi mi ha risposto, per un attimo sono rimasto immobile: non mi era mai successo prima, non sapevo come reagire. Ma non ho avvertito la solita paura che sentivo sempre quando temevo di non essere stato abbastanza divertente, o di aver fatto una figuraccia: non avevo paura che i miei amici mi mandassero via, perché quella ragazza trasmetteva una fierezza e una sicurezza incredibili.

Mi sono affezionato, a quella sicurezza, e questo è il motivo per cui a lungo ho pensato che Maemi fosse la ragazza adatta a me: con lei vicino, non avrei più dovuto fingere, anzi, forse mi sarei sentito anche meglio di quando ero costretto a prendere in giro gli altri per piacere a Hiro e ai suoi amici.

Hiro era d'accordo con quella mia cotta, pensava che, se mi fossi avvicinato a Maemi, lui avrebbe avuto delle possibilità con Minato, per cui non è stato un problema dirglielo... anche se, ovviamente, Maemi evitava qualsiasi contatto, per cui per un certo periodo ci avevo rinunciato.

Poi, è arrivato lui. La nostra era una scuola piccola, anche alle medie avevo in classe quasi tutti gli stessi ragazzi delle elementari, compresi Meami, Minato e Hiro. Per cui mi è stato semplice accorgermi di non conoscere quel ragazzo dai capelli azzurri che è entrato in classe il primo giorno di scuola.

Mi ha incuriosito: il modo in cui teneva la testa bassa, come si guardasse attorno con diffidenza, senza provare a comunicare con nessuno... mi ricordava la fine che avevo paura di fare io.

Hiro non aveva ancora deciso se gli stesse simpatico o meno, visto che erano passati solo pochi minuti, per cui mi sono avvicinato a lui; mi sono seduto nel banco davanti al suo, e quando ha alzato lo sguardo gli ho sorriso.

– Con quei capelli sembri un puffo!- ho esclamato. Lui mi ha fissato per un attimo: non pareva esserci rimasto male, ma non rideva neanche... non sapevo come interpretarlo, così ho provato a continuare la conversazione.

– Mi chiamo Kosuke Takahashi- ho allungato la mano verso di lui, che dopo un attimo di esitazione me l'ha stretta.

– Souta Endo- la sua voce era bassa, eppure la sua stretta era forte, come se avesse dentro una sicurezza che non osava ostentare. Stavo per continuare la conversazione, ma Hiro mi ha richiamato, per cui mi sono dovuto allontanare.

I primi giorni è sembrato andare tutto bene, quel ragazzo era un po' timido ma simpatico, e io stavo già pensando di aver trovato un nuovo amico, diverso dagli altri, che magari avrebbe potuto capire... poi, abbiamo visto Souta parlare con Danuja.

Io non comprendevo bene quella ragazza, mi era praticamente indifferente: stava sempre in un angolo, parlava a malapena, non diceva mai la sua opinione e sembrava sempre in ansia. Eppure, per quanto mi fosse indifferente, per qualche motivo mi diede leggermente fastidio: in fondo, stavo provando io a fare amicizia con quel ragazzo per primo.

Ma fu la fine. Hiro decise che quel ragazzo era il nostro nuovo nemico, e iniziò a prenderlo di mira. Ho provato a fargli cambiare idea, ma ormai sapevo bene che con una sua parola anche io sarei stato completamente isolato, e non volevo. Così, sono rimasto in silenzio.

Sono rimasto zitto a osservare quel ragazzo venire maltrattato per niente, preso in giro su cose di cui non avevamo le prove, come il fatto che fosse gay. Come se poi ci fosse qualche motivo per prendere in giro una persona per questo.

Cercavo di essere lontano, quando Hiro voleva "vendicarsi", perché sinceramente non mi andava di assistere a quelle ingiustizie. Mi avvicinavo a lui dopo, come un codardo, come se bastasse preoccuparsi un pochino per eliminare tutte le cattiverie dei miei "amici".

Facevo battute, non potevo non farle, Hiro mi teneva d'occhio, mi lasciava avvicinare a Souta solo per quello: per prenderlo in giro. E Souta lo sapeva, ma nonostante questo non mi ha mai allontanato: anzi, varie volte l'ho trovato a osservarmi quando parlavo con altre persone, durante le lezioni, o in generale quando eravamo a scuola.

Per qualche motivo, quello sguardo sempre su di me era rassicurante, ha accresciuto la mia sicurezza. E in qualche modo contorto, ho iniziato ad affezionarmi a quel ragazzo, ai suoi sguardi, al modo in cui, pur odiando le prese in giro, mi accettava comunque, parlava con me. Sembrava volermi osservare davvero, era come se provasse a capirmi: anche quando non ero al centro dell'attenzione, lui comunque non guardava nessun altro.

Mi sentivo protetto dal suo sguardo: nonostante fosse lui, all'apparenza, ad aver bisogno di protezione, potevo leggere nei suoi occhi una forza immensa. Quel sentimento mi ha spinto a lasciare che mi osservasse quando ero più triste o impaurito, a mettere da parte la mia ipocrisia e i miei sensi di colpa per continuare a rimanergli vicino, anche se non potevo fare niente.

Sapevo che soffriva, ma ero egoisticamente felice del fatto che comunque non mi respingesse: grazie a lui, sentivo quasi di aver trovato una nuova forza.

Ho sentito come se il terreno mi fosse appena stato strappato da sotto i piedi: lui era andato via. Non era più lì, a osservarmi, ad ascoltarmi, a farmi sentire meglio. A farmi sentire accettato.

Avrei potuto scrivergli, ma non ne ebbi il coraggio: mi sentivo responsabile per quella sua fuga, sapevo di essere responsabile.

Hiro proibì qualsiasi contatto con lui, e io, per evitare di continuare a pensarci, sono tornato a Maemi, la mia sicurezza prima che arrivasse lui. Hiro faceva ancora il tifo per me, senza sapere che neanche la ragazza era ancora in contatto con Minato, ma non glielo dissi per evitare che proibisse anche i contatti con lei, o che iniziasse a prendersela con quella ragazza come aveva fatto con Souta.

Un giorno, Maemi mi ha chiesto come mai fossi così tanto fissata con lei.

– Perché tu sei forte-. Una risposta idiota, soprattutto per un ragazzo del gruppo del grande Hiro, professatore del patriarcato e della forza mascolina. Eppure, lei ha capito: ha capito che non ero il ragazzo che sembravo, e mi è rimasta vicino.

Ho avuto paura che sparisse, come Souta, per cui ho cercato di aprirmi di più con lei, di mostrarle che c'era altro dietro al ragazzo delle prese in giro che aveva sempre conosciuto.

Lei mi ha incoraggiato a cercare di ribellarmi, di essere forte; mi ha detto che non dovevo vergognarmi di chi ero, e se qualcuno non lo accettava semplicemente voleva dire che non avevo bisogno di lui nella mia vita.

Ma io non ce la facevo, non riuscivo a ribellarmi a ciò che ero sempre stato, non potevo neanche pensare di farcela davvero, sapevo bene che era impossibile, e ho continuato a scappare.

Quando abbiamo rivisto Minami e Souta in quel bar, il mio cuore per un attimo ha sussultato. Quel giorno, l'ho sentito di nuovo: quello sguardo su di me, quella sicurezza, quella protezione che non avvertivo da tempo.

E anche il senso di colpa, la consapevolezza di aver lasciato un ragazzo a soffrire per motivi che nessuno comprendeva, di non essere stato in grado di salvare una persona che probabilmente, come me, aveva molto più di quanto pensassi dietro la sua maschera di debolezza.

Così, non gli ho più scritto. Ho continuato la mia vita: ho seguito il mio sogno di diventare un presentatore, eppure non riuscivo a metterci abbastanza entusiasmo, a stare davvero bene con ciò che facevo; ero divertente, piacevo ai miei colleghi, ma mi sentivo sempre fuori posto.

Maemi, a un certo punto, si è stufata. E ha fatto bene: erano anni che cercava di aiutarmi, e io continuavo a essere un ragazzino impaurito al pensiero di non piacere a persone che, per quanto fossero orribili, mi avevano dato un posto sicuro dove non dovermi preoccupare degli altri.

Hiro mi ha offerto il suo aiuto, e ho pensato che fosse finita, che non sarei più riuscito a liberarmi di quella parte di me, che sarei rimasto intrappolato in quel ragazzo spaventato per sempre.

Poi, è arrivato lui. Nonostante tutto ciò che quei ragazzi gli avevano fatto, che noi gli avevamo fatto, lui si è presentato comunque, insieme alla sua migliore amica. Si è presentato, e io non ho saputo contenere le mie emozioni.

Ci ho provato, ma quando Maemi è arrivata e mi sono reso conto di tutto ciò che avevo perso per non averla ascoltata, ho rischiato di scoppiare. E lui, rassicurante e silenzioso come sempre, mi ha seguito.

Mi ha seguito, mi ha capito, mi ha consolato. E mi ha baciato.

Sono certo di non aver mai provato una tale pace e un tale senso di protezione nella mia vita come in quel momento.

Da quella sera, la mia esistenza è diventato un turbine infinito di emozioni: la paura non riusciva più a bloccarmi, sentivo sempre maggiormente il desiderio di stare vicino a quel ragazzo, di sentirmi protetto da lui. I sensi di colpa mi spingevano a starci lontano, mi ricordavano che non avrei mai portato nulla di buono... eppure, nonostante tutto ciò che avevo fatto, lui mi amava, mi aveva sempre amato, e lo faceva ancora.

E io mi sono nutrito di quell'amore, l'ho usato per dare una spinta alla mia vita: ho iniziato a tagliare i ponti con Hiro, mi sono impegnato di più al lavoro. E ho provato ad avvicinarmi a lui.

Ero confuso sui miei sentimenti, non capivo se fosse giusto, se potessi veramente fidarmi; sapevo che era importante per me, ma lui mi aveva amato per anni e io avevo saputo ricambiarlo solo con il dolore. Non potevo lasciare che continuasse a fare tutto lui, e allo stesso tempo non riuscivo a staccarmi da quella sicurezza.

Poi, quando abbiamo incontrato Hiro al parco, improvvisamente mi sono sentito calmo. Ho capito che non aveva senso: non aveva senso rimpiangere qualcosa che aveva fatto qualcuno che non ero io.

Hiro non aveva più influenza su di me, lui non mi serviva più; e Souta mi aveva perdonato, mi aveva perdonato perché lui aveva sempre capito. Aveva sempre capito come fossi fatto davvero, quali fossero i miei sentimenti, quanta paura provassi per comportarmi in quel modo.

E mi ha amato per quello.

E io volevo essere libero: libero di amare lui come quel ragazzo aveva sempre fatto con me.

E ho capito che non mi importava più: essere popolare, avere tanti amici, essere sempre divertente... a cosa serviva? Avevo con me un ragazzo fantastico, un'amica che mi aveva sempre spronato, e un'altra che aveva appena iniziato a farlo. Avevo il lavoro che volevo, non ero solo, ed ero felice. Ero me stesso.

Per questo non mi è importato. Non mi è importato che lui ci abbia visti, non mi è importato che l'abbia detto a tutti, non mi è importato delle possibili conseguenze.

"Questo sono io": era tutto ciò che avrei voluto dire. Finalmente, potevo dirlo con fierezza... ed era tutto merito suo.

Merito del ragazzo che aveva sempre amato il vero me, grazie a cui ho scoperto chi fossi davvero... e che mi ha permesso di amarlo a sua volta.

Adesso, io sono certo di amarlo. Sono certo di chi sono, e nel mio essere c'è anche amare Souta Endo. E non mi pento neanche un po' di chi sono.

– Kosuke, sei pronto? La festa di compleanno di Minato inizia tra poco-. Mi volto mentre Souta si affaccia alla porta del bagno.

– Arrivo- rispondo, raggiungendolo fuori dal bagno – come sto?- chiedo, sorridendo e allargando le braccia. Lui fa un piccolo sorriso mentre mi osserva.

– Benissimo, come al solito- dichiara, avvicinandosi e posandomi le mani sui fianchi, per poi tirarmi lievemente verso di lui e lasciarmi un bacio sulle labbra – pronto per andare?-.

– Certo- rispondo; mi lascia un ultimo bacio, poi, tenendomi per mano, si dirige verso la porta.

Lo affianco: quello sguardo che mi ha sempre fatto sentire al sicuro, adesso sta facendo molto di più, è riuscito a spronarmi ad andare avanti, a cercare di fare ciò che amo davvero, dandomi qualcuno sempre al mio fianco, dalla mia parte, pronto a sostenermi in qualsiasi momento; e grazie a lui, adesso sono in grado di fare lo stesso.

Grazie a lui, ora posso sorridere davvero.

🪶🪶🪶

Primo Spin-off concluso! Kosuke è un personaggio particolare, rappresenta la paura che abbiamo in molti di lasciarci andare, di accettare che possiamo cambiare se non stiamo bene con noi stessi... anzi, che sia necessario farlo. Souta sapeva di doverlo fare, mentre Kosuke a lungo non ha voluto accettare davvero questa realtà; per fortuna però, alla fine grazie a Souta ha trovato qualcosa di vero, e ora non vuole più lasciarlo andare.

Che ne pensate di questo piccolo Pov riassuntivo di Kosuke? Settimana prossima ci sarà il secondo Spin-pff, che concluderà ufficialmente questa storia, per cui non perdetevelo! Ci sentiamo presto!

~ Kyulia 

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