Facciamo una scommessa - Parte 2 [Longshot]

Tipologia: Oneshot, Prequel [Canonica]

Rating: 16+ (Presenza di linguaggio volgare)

Avvertenze:

- Essendo legata a Kolt, la oneshot è un prequel di Longshot, più che di Bluebird. Non sono presenti spoiler sulla trama e può essere letta a prescindere.



Il pugno di Realgar lo colpì al centro dello stomaco, spezzandogli il fiato. Kolt aveva creduto che prima o poi si sarebbe abituato a riceverli – ed era migliorato a incassare, ma restò comunque senz'aria e le sue braccia non si mossero quando Realgar gli circondò il busto. A quel punto era già troppo tardi: Kolt scalciò, ma si ritrovò presto ad agitare i piedi a mezz'aria e l'attimo dopo volava sopra la testa di Realgar.

Subito piegò la testa in avanti e alzò le braccia a proteggere il collo, cadendo di schiena sul ring. Quello che i Rascals avevano all'interno della loro base era vero, con imbottitura, tela elastica e tutto il resto, ma un atterraggio mal eseguito faceva comunque male. Una scarica di dolore si diramò lungo il corpo di Kolt quando impattò contro il tappeto, e un lamento acuto gli sfuggì dalle labbra. Strinse i denti, rannicchiandosi in posizione fetale, ma Realgar lo costrinse a toccare il ring con entrambe le spalle. Kolt tentò di alzarne una, inutilmente. Era come cercare di smuovere una montagna. Come faceva a essere così forte? Era più grande di lui, ma era pur sempre una ragazza. E lui era un Dotai, Signore della Luce! Avrebbe dovuto essere più prestante di un comune essere umano, Gari se ne vantava di continuo, ma in sette mesi non era riuscito a sferrare un singolo pugno o a liberarsi da una sua presa.

Loona contò fino a tre, poi fischiò la conclusione dell'incontro. Il primo era stato l'unico che lui e Realgar avevano affrontato di fronte a un pubblico: lei sosteneva che non sarebbe stata una sfida abbastanza interessante e che avrebbe cambiato idea se le avesse dimostrato il contrario, ma non c'era ancora riuscito.

«La tua faccia non è una sfida interessante» bofonchiò Kolt mentre Realgar scendeva giù dal ring, acclamata da Loona e dagli altri Rascals che erano lì ad assistere. Dorotea si alzò sulle punte per baciarla, poi si affacciò oltre il bordo del ring. Era così bassa che riusciva a malapena a poggiare le braccia, si vedevano solo il viso tondo e i corti capelli verdi pettinati all'insù.

«Datti una mossa, Scemolt.»

Kolt si accigliò. Sbuffò in risposta, le braccia incrociate al petto mentre puntava lo sguardo al soffitto arrugginito del capannone. «Io faccio quello che mi pare, Lesbotea.»

«Ti ho detto che non è un insulto.»

«Ti ho detto che me ne sbatto il cazzo.»

Il respiro di Dorotea raschiò la sua gola in una specie di ringhio sommesso. «Sei solo invidioso perché sto con Rea.»

Kolt serrò le labbra, ma sentì comunque l'espressione accartocciarsi. «Figurati se mi interessa quella culona!»

«Che cazzo fai ancora lì, il sonnellino pomeridiano?» sbraitò Realgar, che stava radunando gli altri Rascals al centro della sala. «Fuori, che devo fare il culo a Yona!»

Kolt si alzò sbuffando, lo sguardo dritto davanti a sé per evitare quello di Dorotea. Legò i capelli in una coda – quando si erano fatti così lunghi da superare le spalle? – usando la bandana con il simbolo dell'ingranaggio spezzato che ogni Rascals portava al collo come riconoscimento. Una vera gang faceva tatuare il suo stemma ai membri, ma loro non potevano ancora considerarsi tale. No, beh, potevano farlo; in strada chiunque poteva fare qualunque cosa, purché fosse in grado di affrontare le conseguenze. Come gruppo di ragazzini, i Rascals erano innocui... ma se avessero tentato di fare l'ingresso nel gioco dei grandi avrebbero anche dovuto fare i conti con le loro regole.

Escluso Kolt, i Rascals avevano solo diciotto membri, due dei quali si erano uniti dopo il suo arrivo. Lui non era certo di dover rientrare nel conteggio, dopotutto avrebbe lasciato il gruppo quando sarebbe riuscito a sconfiggere Realgar. Quel giorno sarebbe arrivato presto, doveva solo capire come fare. Era per quello che la osservava in continuazione, non certo perché avesse una cotta o qualcosa del genere. Dorotea doveva aver battuto la testa da qualche parte per tirar fuori una stronzata simile, a lui non piaceva nessuno e soprattutto non Realgar, che con tutti quei muscoli era praticamente un uomo. Stava persino con una ragazza – due, forse; quello non l'aveva capito bene. Kolt l'aveva vista limonare con una sconosciuta che non faceva parte dei Rascals, ma sembrava che a Dorotea stesse bene. C'era anche stato un ragazzo per un po', uno più grande, di una gang di quelle vere... Chissà che fine aveva fatto.

Comunque, non gli importava. Odiava lei e odiava i Rascals, che lo trattavano come fosse uno di loro. No, quello non gli dispiaceva, però se lo facevano voleva dire che tutti lo davano per spacciato, certi che sarebbe rimasto lì per sempre. Gli scontri erano divenuti così frequenti e dal risultato così ovvio che molti non si fermavano più a guardare, ridevano a ogni sua sfida e la colpa era solo di Realgar, che era così forte e abile e carismatica e...

Perché sembrava che la stesse complimentando? Però lo era, maledetto il Lucente. Lo era persino più di lui – solo per il momento, ovvio – e di quello sì che era invidioso.

Kolt si sedette su una sedia a bordo ring, trattenendo a stento una smorfia di dolore quando una fitta gli attraversò i muscoli. La tela era ridotta a brandelli e l'imbottitura era così consumata che era come sedere direttamente sul metallo, ma ci si doveva arrangiare: la sede dei Rascals era una vecchia palestra abbandonata, dai muri ingialliti e le finestre rotte, in cui l'aria era così densa di polvere che respirare raschiava i polmoni e la puzza restava attaccata al naso per giorni. Nello stanzone c'erano solo pesi, sacchi da boxe e attrezzatura da allenamento, più le cianfrusaglie che i membri avevano rubato o raccolto dalla strada. L'unica cosa decente era il ring, che Realgar s'era impuntata di rimettere a nuovo. Il resto era fatiscente e a nessuno importava.

Realgar gettò via l'asciugamano con cui si era asciugata viso e collo, svuotò ciò che restava della sua borraccia e salì di nuovo sul ring. Non scommetteva quasi mai con gli altri Rascals, se non cose di poco conto, ma combatteva spesso e quasi ogni volta si aggiudicava la vittoria. Yona era tra i pochi che riusciva a batterla, anche se non aveva mai provato a spodestarla. Né lui né Laresh, che era altrettanto abile. Kolt aveva chiesto loro il motivo, ma quando aveva detto che erano più forti di Realgar entrambi erano scoppiati a ridere.

Yona salì sul ring scavalcando il bordo, scivolando sotto la terza corda. Era il più vecchio e il più alto tra loro, con spalle larghe e una barba viola piena che lo faceva sembrare cinque o sei anni più grande dei suoi diciassette anni. Lui e Realgar cominciarono a girarsi attorno, molleggiando sulle ginocchia con le braccia larghe, poi Loona fischiò l'inizio e si lanciarono uno sull'altro. Si afferrarono per le spalle, colpendosi a vicenda i fianchi con pugni decisi, le espressioni contratte mentre attorno a loro i Rascals urlavano in un tifo esaltato. Yona trovò un'apertura per schiantare Realgar al suolo, ma prima che potesse inchiodarla lì lei rotolò via e si rialzò, punendolo con un calcio nello stomaco.

Detestava ammetterlo, ma i suoi scontri lampo dovevano davvero sembrare patetici in confronto a quello. Yona si gettava su Realgar con la potenza di un treno, lei lo lanciava da una parte all'altra del ring come fosse un sacco della spazzatura e ogni volta che uno dei due toccava con la schiena a terra tutti contavano insieme a Loona certi che quello sarebbe stato il momento in cui avrebbe pronunciato il tre, e invece non arrivava mai. Kolt aveva la sensazione che un pugno di Yona gli avrebbe rotto qualche costola, Dotai o non Dotai, ma Realgar era...

Non era una questione di mera potenza. Certo, aveva più muscoli di lui ed era abbastanza forte da tenere testa a un mostro come Yona, però c'era anche tutto il resto. Il modo in cui lo afferrava per spingerlo a terra, contorcendosi per rendergli difficile rialzarsi; il modo in cui schivava o si assicurava di prendere i colpi nel modo meno problematico possibile: il modo in cui si dava lo slancio sulle corde o saltava per il ring come un'acrobata.

Realgar si issò su un paletto, evitando per un soffio l'assalto di Yona. Corse in equilibrio precario sulla corda fino a raggiungere il paletto successivo, provocò il suo avversario con una risata e quando lo vide muoversi gli diede le spalle, poi saltò. Kolt la osservò roteare a mezz'aria col fiato sospeso, e sussultò quando si abbatté contro Yona facendolo cadere a terra. Così impetuosa, inarrestabile, una brace che non smetteva mai di bruciare.

«Ammettilo, Rea ti piace» disse Dorotea, avvicinandosi al suo orecchio. Quando si era seduta al suo fianco? «Sei cotto come un uovo, ma non ti fai avanti perché sei un pollo. Po-popo-po!»

Kolt avvampò, chiudendo la bocca che non si era accorto di aver aperto. «Ma che cazzo vuoi? È la tua fidanzata, se non la vuoi lasciala invece di provare a smollarla a qualcun altro!»

«Ottuso come tutti i sayfani.»

«Sei sayfana anche tu, genio

«Io però l'ho capito subito» ribatté, drizzando il busto. «È semplice. A volte il meccanismo ha due ingranaggi, a volte no, e se provi a bloccarlo non funziona niente. Se ho tanti amici, perché non posso avere tante fidanzate? Perché non può averle Rea?»

Lui roteò gli occhi in uno sbuffo. Non gli sembrava così assurdo, ma non gli piaceva l'idea di una fidanzata, figurarsi più di una. I legami erano catene, Gari lo ripeteva sempre: gang, amici, fidanzati, famiglia... più t'importava e più ti trascinavano a fondo. Persino il loro legame sarebbe stato reciso, quando Kolt avesse imparato il mestiere, e allora sarebbero stati l'un per l'altro solo una risorsa potenzialmente utile. Non era il suo allievo, solo il suo investimento.

Quello era semplice. Quello era gestibile. Se non aveva catene non avrebbe trascinato a fondo nessuno, ecco perché aveva seppellito quelle che aveva insieme al suo nome.

Un boato entusiasta si levò dal gruppetto di Rascals che costeggiava il ring. Realgar si era di nuovo arrampicata dal paletto ed era saltata afferrando in volo la testa di Yona, tirandolo giù con lei. Il conto di Yoona arrivò a tre e l'incontro si chiuse con il suo lungo soffio nel fischietto.

Realgar si slegò le treccine dalla coda, scuotendo il capo per farle scivolare ordinate dietro la schiena, poi si voltò verso di lui. No, verso Dorotea che applaudiva e la incitava, ma non aveva importanza. Snudò i denti in un sorriso vittorioso e il cuore di Kolt si rigirò nel petto quando la vide ammiccare, cominciando a battere così forte che temeva si sarebbe potuto udire anche dall'esterno.

Ok, forse non la odiava. La ammirava, ecco, perché solo uno stupido avrebbe negato che ci sapeva fare e lui non era uno stupido. E gli piaceva, ma solo un pochino. E sì, aveva fantasticato su di lei, aveva baciato Vagha pensando a lei, e la guardava mentre si allenava perché indossava solo i pantaloncini corti e una fascia nera sul seno, ma non per questo voleva essere il suo fidanzato. Era solo una bella ragazza, e travolgente, energica, divertente, cazzuta e—

«Po-popo-po!»

Dorotea rise al suo fianco, le braccia piegate a imitare un movimento d'ali. Kolt bofonchiò l'ennesimo insulto e si tirò su, senza voltarsi a guardarla. Doveva sconfiggere Realgar, non provarci con lei, l'unica cosa importante era riprendersi la sua libertà.

Anche se, in effetti, non è che gliel'avesse proprio tolta. Quando Realgar gli aveva detto che avrebbe dovuto seguire i suoi ordini, Kolt aveva temuto che l'avrebbe comandato a bacchetta, umiliandolo con le richieste più ridicole, invece lo trattava come qualunque altro membro dei Rascals. Non era poi così male partecipare ai loro furti, avere un ruolo durante i combattimenti o anche solo trascorrere il tempo con loro. Quand'era con Gari non aveva molto tempo per divertirsi, e quando lo lasciava da solo... Beh, era da solo.

Ok, non odiava Realgar e non odiava neppure i Rascals, ma si rifiutava di essere costretto a stare lì. Doveva trovare un modo per sconfiggerla, per apprendere quei segreti di lotta che sembravano noti solo a lei e—

Si fermò. Quante volte gliel'aveva ripetuto Gari? Il modo migliore per vincere era rubare – soldi, conoscenza, abilità. Tutto ciò che avevano gli altri poteva averlo anche lui, tutto ciò che facevano gli altri poteva farlo anche lui.

«Rea!»

«Non ci provare» disse lei, la voce soffocata nell'asciugamano con cui stava tamponando il viso. Lo passò sul collo in un lento sospiro, lanciando a Kolt un'occhiata di sbieco. «Si era detto uno al giorno. Se vuoi farti pestare di nuovo, torna domani.»

«Non voglio sfidarti. Voglio che mi alleni.»

Realgar sgranò gli occhi, ma l'attimo dopo scoppiò a ridere. «Io? Cazzo, ma sei serio?»

«Sei o non sei il capo? Posso chiedere a Yoona o a Laresh, ma tu hai vinto più volte di loro, conosci mosse che nessun altro riesce a fare, butti giù ragazzi grandi il doppio di te. Voglio riuscirci anche io. Voglio imparare dal migliore, e la migliore a combattere sei tu.»

Per ora, aggiunse nella sua testa. Realgar l'aveva sconfitto decine di volte, ma non erano alla pari: lui era più giovane, più inesperto, se si fosse allenato al suo stesso modo di certo l'avrebbe superata. Avrebbe smesso di ridere di lui, l'avrebbe pregato di restare nei Rascals, sarebbe stata costretta a riconoscere il suo valore.

«Almeno con la lingua sei migliorato, eh?» Realgar gettò l'asciugamano umido sulla panca, poi afferrò la borraccia e bevve a grandi sorsi.

Kolt avrebbe voluto lamentarsi del fatto che non gli aveva ancora risposto, ma quel pensiero sfumò rapido com'era arrivato. Un rivolo d'acqua era scivolato dalle labbra di Realgar e lui si ritrovò a fissarlo, seguendolo con lo sguardo nel suo percorso lungo il mento, giù per la gola che si muoveva a ogni sorso, fino a perdersi tra i seni fasciati stretti. Deglutì, umettandosi le labbra. Aveva la bocca secca e voleva dissetarsi con quell'acqua. Voleva seguire quella goccia lungo tutto il corpo di Realgar, partire dalle labbra e scendere sempre più in basso, tuffarsi nel suo petto, superare le linee marcate degli addominali fino a—

«Ti porto una bacinella per la bava o te la prendi da solo?»

Kolt trasalì, sentendosi avvampare mentre Realgar sghignazzava.

«Non stavo—! Non mi serve. E tu non hai risposto!»

«Scordatelo» tagliò corto Realgar. «Ti sembra che ti alleno così puoi battermi? Non me ne viene nulla.»

«Dimmi cosa vuoi in cambio e lo avrai.»

«Se voglio qualcosa te lo ordino, non devo darti niente in cambio. Peggio per te che hai perso la scommessa.» Realgar si chinò su di lui, gli occhi viola ancora più intensi sotto le luci al Sihir. «Puoi sempre tirarti indietro, eh. Ti basta ammettere che sei un codardo che si riempie la bocca di parole ma poi non riesce a concludere nulla.»

Gli tirò una schicchera sulla fronte e i Rascals abbastanza vicini da ascoltare scoppiarono a ridere. Kolt notò che si era avvicinata anche Dorotea, e con la coda dell'occhio la vide mimare di nuovo il verso del pollo mentre muoveva le braccia piegate.

No, quell'opzione non era sul piatto. Lui era il pupillo di Gari, non aveva bisogno di fuggire da una scommessa persa, non importava quanto fosse degradante. A costo di farsi buttare al tappeto ogni singolo giorno, avrebbe trovato il modo di uscirne con le sue sole forze e alla fine ne sarebbe uscito vincitore.

Gonfiò il petto, testa alta e spalle dritte. «Facciamo una scommessa, allora. Se vinco io mi insegnerai a combattere, se vinci tu...»

Arricciò le labbra, abbassando lo sguardo per pensare. Cos'avrebbe messo Gari sul piatto? Doveva essere qualcosa che la stuzzicasse a sufficienza da accettare, ma alzare troppo la posta l'avrebbe reso sospetto. Doveva essere qualcosa di fattibile ma che Realgar non poteva chiedergli, un ordine che non avrebbe mai osato dare.

Sorrise. «Se vinci tu, ti farò incontrare Gari.»

I Rascals ammutolirono. Il silenzio era talmente denso che contagiò anche quelli che non stavano prestando attenzione, spingendoli a rivolgere verso di loro sguardi perplessi e rapiti. Lo stupore negli occhi di Realgar non durò che un istante, poi curvò le labbra in un sorriso beffardo.

«Stronzate.»

«Posso portare a casa chi voglio, ti dico appena torna in città e ci andiamo.»

Gli altri Rascals cominciarono a borbottare. Kolt era certo che qualcuno avesse cominciato a combattere dopo che Realgar aveva lasciato il ring, ma non c'erano suoni di scontro né urla di tifoserie, solo bisbigli che si domandavano se fosse un folle o un bugiardo. In effetti, non era certo che Gari avrebe gradito; gli aveva davvero consentito quella libertà, ma in teoria si riferiva alle ragazze con cui Kolt avesse voluto appartarsi nella sua cameretta, non era previsto che le incontrasse o che avessero a che fare con lui in alcun modo. In pratica, però, non l'aveva specificato.

C'erano ordini a cui Kolt non doveva disobbedire in alcun modo, ma altri erano una sorta di esame, una sfida: poteva fare ciò che voleva, ma doveva trovare un modo per nascondere le sue malefatte, una giustificazione, un trucco per rigirare la cosa a suo vantaggio. Se Gari la giudicava abbastanza buona – non era riuscito a ingannarlo sul serio neanche una volta – allora lo lodava, invece di punirlo.

Quella volta, comunque, non sarebbe stato necessario. Non aveva intenzione di perdere.

Anche Realgar doveva essere indecisa se puntare su verità o follia, perché lo fissava come se volesse scuoiarlo, spaccargli il cranio e leggere i suoi pensieri direttamente dal cervello. «Che scommessa?»

Kolt si guardò attorno in un mormorio pensoso. Se avesse scelto qualcosa in cui eccelleva, Realgar avrebbe rifiutato; al contrario, avrebbe rischiato di perdere. Al mondo esisteva un solo criterio oggettivo, indifferente a vantaggi, abilità ed esperienza: la fortuna.

«Romperò quella lampadina usando una pistola.» Kolt indicò una delle luci al Sihir appese alla parete, un bulbo di vetro rotondo collegato a tubi sottili. «Tipo il gioco che fanno in piazza Verdenia, che mettono un solo proiettile e se ti va bene, ti va bene.»

«Certo, così puoi barare col tuo Naru.»

«Non lo userò, lo giuro sugli Angeli! Puoi controllare la pistola come ti pare, se sparo col Naru il proiettile lo trovi tutto intero.»

Realgar incrociò le braccia al petto e lo fissò a lungo, poi annuì. «D'accordo, Golden Boy. Un solo tentativo. Vediamo se i tuoi Angeli te la mandano buona.»

Dorotea controllò la pistola da ogni angolazione, la aprì e la richiuse, fece ruotare il tamburo, sparò a voto. Nessuno dei Rascals aveva una pistola tranne lui, molti di loro non ne avevano mai vista una vera da così vicino, ma lei comprendeva i meccanismi tecnologici come se i loro segreti fossero scritti nelle sue ossa. Perciò quando decretò che la rivoltella era in regola e che non c'era nulla di strano nei proiettili, Realgar diede la sua approvazione a continuare.

Fu Dorotea a caricare il tamburo e ruotarlo, e tenne i piccoli occhi marroni fissi su di lui, indicandoli con due dita prima di puntargli un indice contro. Kolt annuì e impugnò la pistola con entrambe le mani. Era in grado di sparare solo con una, quando usava Altershot non doveva neanche preoccuparsi del rinculo, ma non era necessario che gli altri lo sapessero. Un altro degli insegnamenti di Gari: mai mostrare più carte del dovuto, scoprire il Sole quando nessuno se l'aspetta.

Kolt fissò la lampadina, la canna puntata contro la luce dalla vaga sfumatura violacea. Nel suo caso, a volte il Sole era il suo Naru; a volte era la sua astuzia. Alzò la mano armata sopra la sua testa, prese la mira e poi la lanciò. Tra i sussulti sorpresi dei Rascals, la rivoltella roteò a mezz'aria in una lunga parabola, si schiantò contro la lampadina e cadde giù insieme a una pioggia di piccole schegge di vetro.

Una mano l'afferrò per la collottola prima che potesse riprendere fiato, e si ritrovò faccia a faccia con il ringhio di Realgar.

«Che cazzo era quello?!»

Deglutì, sforzandosi di mantenere un'espressione neutra. «Ho vinto la scommessa.»

«Non hai sparato!»

«Non ho mai detto che l'avrei fatto. Ho detto: romperò la lampadina usando la pistola, ed è quello che ho fatto.»

«Non prendermi per il culo.» Realgar lo strattonò con forza, tirandolo per la maglia. Cazzo, se faceva paura con il fuoco che ardeva negli occhi e i muscoli tesi del collo, però era anche bellissima. Splendeva ancora di più nella furia. «Hai parlato di proiettile, hai detto che se avessi sparato con il Naru me ne sarei accorta.»

«Beh, ma è vero» disse lui, senza distogliere lo sguardo. Non provò neppure a liberarsi, tenne le braccia larghe e ignorò il cuore che si dibatteva nel petto. «Dottie ha messo un solo proiettile, infatti. Mai detto che le cose fossero collegate. E non ho sparato con il mio Naru, quindi non ho mentito neanche su questo. Romperò la lampadina usando la pistola, se siete tutti così ottusi che avete pensato a una sola soluzione non è mica colpa mia.»

I Rascals esplosero in un coro di lamentele e insulti, sguardi feroci sotto le sopracciglia aggrottate e mani che si agitavano in segni di disprezzo e minaccia – ma non Realgar. Realgar restò a fissarlo in silenzio, i suoi occhi erano braci così ardenti che Kolt sentì l'intero corpo andare a fuoco.

«Accetta la sconfitta, Ember» la stuzzicò Kolt. Se lei poteva dargli un soprannome, l'avrebbe fatto anche lui. «Oppure ammetti che sei solo una stupida che sa solo prendere a pugni le cose quando non le capisce.»

Realgar assottigliò lo sguardo. Prese un respiro profondo e Kolt capì di aver osato troppo; strinse gli occhi e si strinse nelle spalle, pronto a incassare il pugno che sarebbe arrivato, invece la risata di Realgar gli esplose nelle orecchie. Sentì la presa sulla sua maglia allentarsi, e quando le ricolse lo sguardo non c'era più traccia di rabbia nella sua espressione – anzi, aveva un sorriso così ampio da snudare i denti e, dannazione, quando rideva era ancora più bella.

«D'accordo, Golden Boy, questa è tua. Cominciamo domani.»


Mi sono resa conto che, avendo iniziato il writober, avevo lasciato a metà questa oneshot, così ho deciso di mettere un attimo in pausa Longshot per continuarla! Ci sarà anche una terza parte, sempre dal punto di vista di Kolt: sono stata indecisa fino all'ultimo e non è detto che non scriverò altro con il POV di Realgar, ma intanto tenetevi questa XD

Kolt è ancora più superbo di quanto può permettersi, però il suo modo di pensare si sta affinando e si avvicina a quello che siamo abituati a conoscere. Mi piace il fatto che per un motivo o per l'altro sia Realgar che Vesper siano stati fregati perché hanno dato per scontato un significato alla frase senza ragionarci troppo su (spoiler: Vesper non ci è mai più cascato XD)

Sto valutando la possibilità di inserire queste oneshot come effettivi flashback in Longshot, perché credo possano aggiungere dettagli interessanti sia nel rapporto tra Kolt e gli altri (Gari compreso, benché solo nominato) e sia in genere sull'ambientazione. Se doveste trovarveli tra i capitoli di Longshot, dunque, sapete perché :P

Intanto ci rivediamo presto per la terza parte ♥

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