Now or never ⚠️

In ginocchio sulla sabbia soffice, Izuku guardò Kacchan con occhi spalancati e velati, mordendosi nervosamente il labbro, mentre le sue dita tremavano, ancora chiuse sul bordo dei pantaloni abbassati sulle cosce muscolose, il respiro incastrato tra gola e stomaco.

«Che... Izuku? Che stai-»

Lui non aveva mai fatto nulla del genere, ma non provava vergogna.

Solo fame. Fame di lui, mentre l'odore di Kacchan lo avvolgeva: pelle scaldata dal sole, sale marino, e un sentore dolciastro e umido che non riusciva a spiegare.

Gli sembrava di scivolare in una parte nuova di sé, come se ogni gesto che stava per compiere lo avvicinasse a una verità che non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare.

Katsuki trattenne il fiato quando sentì il calore, ma non della bocca, non ancora.

Il suo respiro, lo sguardo, la pressione bollente della mano.

Era diverso da qualsiasi altra cosa, non perché fosse nuovo...  anche se un po' lo era.

Ma perché era Izuku.

E con lui, anche un semplice tocco gli diventava un'esplosione sorda nel petto e il cuore gli martellava tra le costole.

Si rese conto di avere ancora le braccia alzate, lo sentiva nei polsi appoggiati al legno tiepido, e stava tremando: non avrebbe mai creduto di lasciarsi andare così.

Non davanti a qualcuno, men che meno davanti a lui.

E invece non riusciva a guardare altro.

Izuku era lì, in ginocchio e lo stava toccando con una tenerezza feroce che gli incendiava ogni muscolo.

Era fiducia e una forma pura di amore incastrato in ogni gesto.

Una sottomissione che lui voleva per Deku da sempre, ma stavolta senza quella parte rivoltante dell'umiliazione.

Izuku deglutì rumorosamente alla vista della carne che si liberava a pochi centimetri dal suo viso. Una goccia di liquido luccicava sulla punta gonfia, e avvertì chiaramente la propria erezione che pulsava dolorosamente dentro quei pantaloni cargo ora improvvisamente troppo stretti, sentendosi umidiccio e fin troppo accaldato solo per aver finalmente davanti l'oggetto dei suoi sogni più sporchi...

Perché sì, l'aveva sognato, e non solo una volta. Solo che lì forse si sentiva quasi una pornostar, quando invece, nella realtà, non sapeva come si faceva.

Però... però voleva farlo bene, voleva che a lui... piacesse.

Con mani tremanti, Izuku timidamente la mano per avvolgere le sue dita sottili intorno al membro di Kacchan, che pulsava ardentemente contro il suo palmo, liscio come la seta ma duro come la roccia.

Fece scorrere la mano, meravigliandosi di come si contraesse impazientemente sotto il suo tocco.

Tutto il suo corpo si tese come acciaio mentre quella lingua rosa e astuta gli lambiva i punti più sensibili. Ogni terminazione nervosa era accesa di piacere elettrico.

Izuku si sporse e trascinò la lingua lungo la parte inferiore di quell'asta pulsante: la pelle era calda, viva, pulsava sotto la lingua.

C'erano vene, consistenze leggermente diverse.

Il sapore unico, quasi dolciastro di quel liquido che gli esplodeva sulle papille gustative, unito al profumo di incenso e sale... inondarono i suoi sensi, gli fecero girare la testa e chiudere gli occhi, stringere le palpebre per un momento.

Kacchan.

Il cuore gli correva troppo veloce, e un attimo dopo si sentì sbagliare tutto, fino a quando non lo udì gemere, piano, un suono quasi... rotto? E si rese conto che stava andando bene.

Così, incoraggiato dal respiro affannoso di Kacchan e dal modo in cui i suoi fianchi si muovevano in avanti, fece roteare la lingua intorno alla sommità, poi, lentamente, centimetro dopo centimetro, lo prese profondamente nel calore umido della sua bocca. Le lacrime gli salirono agli occhi per lo sforzo, la gola si contrasse di riflesso per quell'intrusione. Una mano gli massaggiò la base mentre l'altra si teneva ancorata alla coscia del biondo.

Katsuki grugnì piano, piegando la testa all'indietro, gli occhi chiusi contro il cielo, il respiro spezzato; stringeva i pugni per evitare di afferrare la testa di Izuku e fermarlo. O forse...

Poi abbassò il capo per osservarlo, perché voleva ricordare tutto: dallo scurirsi della pelle di Izuku per l'imbarazzo alla grazia delle sue dita che si chiudevano su di lui. Pure il suono che gli scappò dalla gola quando le labbra lo avvolsero completamente...

Il suo respiro si fece affannoso mentre lottava contro l'impulso di spingersi più a fondo in quella bocca bollente. La vista del viso arrossato di Izuku e di quelle belle labbra che lo avvolgevano era quasi insopportabile...

Avvolse delicatamente le dita tra i riccioli arruffati, applicando una pressione minima per guidarlo più distante. Il gesto tenero smentiva la fame ardente che bruciava in quelle profondità color rubino: Izuku lo guardò adorante, le labbra dischiuse sulla punta in un silenzioso invito. Il battito del cuore gli rimbombava nelle orecchie mentre si sporgeva di nuovo in avanti, passando la lingua lungo la spessa vena che risaliva il membro di Kacchan. Lo scatto di risposta di quell'asta carnosa contro la sua guancia lo spronò ad andare avanti: con infinita cura, chiuse la bocca intorno alla sommità gonfia, succhiando delicatamente. Le sue cure inesperte mancavano di finezza, ma compensava ampiamente con l'entusiasmo.

Ogni volta che si muoveva, ogni volta che lo prendeva un po' di più, sentiva il corpo di Katsuki tendersi e cedere.

Si fece guidare dai suoi respiri, dalle sue mani sui capelli, dalle sue ginocchia che tremavano appena.

Era bello e intimo, quasi come parlare per la prima volta in una lingua che conoscevano entrambi, ma che non avevano mai osato usare.

Izuku non aveva tecnica, ma oscillava ritmicamente la testa, incavava le guance e succhiava più forte, la saliva gli colava piano lungo il mento mentre lavorava più velocemente, con un leggero conato di vomito ogni volta che quel pene lo colpiva un po' più a fondo. La sua erezione trascurata sforzava dolorosamente contro il tessuto umido, lasciandogli strisce appiccicose sulla parte bassa dello stomaco ogni volta che la punta di quel cazzo tanto desiderato sembrava solleticargli l'ugola.

Katsuki tratteneva piccoli gemiti tra i denti, provando con essi a trattenere qualcosa che ormai si stava spezzando. «Aspetta, Izuku...»

Così quello provò a prenderlo più a fondo, non per dimostrare una bravura inesistente, ma per puro istinto.

Perché sentiva che stava per succedere e lui... lui voleva esserci.

«Tu non— Ah! Cazzo—», provò ad avvertirlo con un mormorio basso, affannoso, ma ormai Katsuki stava venendo e non riuscì a fermarsi.

Le mani tremavano nei suoi capelli, mentre li stringeva e provava a staccarselo di dosso.

Il fiato gli si strappava via dai polmoni con violenza, in un rantolo tanto sporco quanto umano.

E poi venne e fu come se sentisse dentro un'esplosione. Fu un unico tremare, come se fosse stato sconfitto, annientato, il muro come unico sostegno per non cadere.

Dopo, venne la pace. Una di quelle che arrivano solo quando qualcosa dentro si spezza e si ricompone.

Katsuki restò immobile per un momento, il petto che si sollevava piano, ancora a scatti, mentre il proprio seme gli colava tra le dita, tiepido, lento, tracciando linee appiccicose sulla pelle.

Serrò le palpebre, poi le socchiuse, e infine le riaprì.

E fu allora che lo vide: Izuku era ancora lì, in ginocchio davanti a lui, con gli occhi grandi e inumiditi dall'emozione. Aveva le mani tremanti, le labbra lucide e arrossate, un filo di saliva che gli scendeva a lato della bocca fino al mento.

E la canotta... quella fottuta canotta nera che ora aveva un rivolo chiaro, visibile sotto la luce calda dei faretti, brillante come argento.

Izuku abbassò lo sguardo su di sé, realizzando lentamente e non sapeva se ridere, piangere o sprofondare sotto la sabbia.

Aveva voluto farlo bene.

E invece adesso aveva lo sperma di Katsuki sulla canotta. Un po' pure sul petto, un po' sulla mano, sulla guancia... Un po' ovunque.

Ci mise un secondo, poi sbuffò piano, una risata breve, quasi incredula, più tenera che imbarazzata. «...Ops.», mormorò, mentre il biondo lo guardava ancora un po' spaesato, le guance arrossate ben visibili in quell'alone caldo dato dalle luci dei faretti tra le fronde di oleandro.

Poi si passò una mano fra i capelli verdi, lasciando una nuova striscia sullo zigomo.

Era sì imbarazzato, ma anche terribilmente fiero, come se fosse riuscito a fare qualcosa che desiderava da sempre.

Qualcosa di bello, di giusto.

Katsuki lo guardava ancora, il fiato spezzato.

C'era qualcosa di assurdo nel modo in cui lo fissava, come se lo vedesse per la prima volta davvero.

Arrossì, senza riuscire a fermarsi, le guance in fiamme, gli occhi socchiusi per lo sforzo appena passato e per la dolcezza che sentiva traboccare dal petto. «Stupido...» mormorò, con la voce ancora roca, tirandosi su i pantaloni con una mano come meglio riusciva.

Si chinò subito dopo, gli passò un pollice sulla guancia, per pulirlo. Il gesto era così delicato che Izuku non poté fare a meno di chiudere gli occhi un secondo e godersi quel contatto lento e attento, come una carezza.

«Che ti è preso?»

Izuku li riaprì. Gli tremava ancora il mento. «Non... non volevi?». La voce era un sussurro: onesta, inesperta. Bellissima.

Katsuki chiuse gli occhi un momento, come a trovare le parole dentro di sé, poi annuì piano. «Certo che lo volevo.», e gettò uno sguardo oltre, verso la pista ancora viva, le luci intermittenti che filtravano tra le fronde degli oleandri profumati di gelsomino. «Lo volevo tutto...» sussurrò, più per sé che per lui.

E allora tornò a lui: gli prese il viso tra le mani, con una dolcezza che contrastava con ogni suo gesto di sempre, e si chinò di nuovo a baciarlo, ma non con urgenza. Con gratitudine. E tenerezza. Con un sentimento nel petto che era troppo grande per trovare posto tra le parole.

Le bocche si incontrarono piano, tremando, e Izuku sospirò nel bacio, lasciandosi andare, con le mani che si aggrapparono piano ai fianchi dell'altro, le dita impiastricciate che non sapevano più cosa fosse il pudore.

Katsuki sorrise contro le sue labbra e per un istante, tutto sembrò immobile e perfetto, come fosse finalmente in equilibrio.

Come se l'estate si fosse fermata lì, tra due ragazzi, tra sabbia e fiato caldo, tra il desiderio e qualcosa che, forse, era sempre stato amore ma mai chiamato come tale.

Il bacio si allungò, si fece più profondo, più languido, e il biondo lo sentiva vibrare addosso: ogni piccolo movimento, ogni fremito, ogni respiro spezzato... L'altro gli si era aggrappato come se fosse l'unico appiglio rimasto al mondo e lo baciava piano, ma con un'intensità che non lasciava spazio a dubbi.

Si muovevano a scatti lenti, come se i loro corpi avessero trovato finalmente la frequenza giusta, quella in cui esistere senza vergogna.

Non c'era più musica. Solo il rumore sommesso del mare poco distante, l'eco ovattata della festa, le luci soffuse che filtravano tra i rami degli oleandri in fiore.

Katsuki scivolò con lui, un po' senza accorgersene, un po' perché non voleva più stare in piedi, in quella posizione scomoda, e un po' perché le gambe sembravano improvvisamente fatte di gelatina.

Caddero insieme nella sabbia, piano, senza peso, e Izuku si lasciò stendere sotto di lui, con il fiato che gli tremava in gola e gli occhi lucidi e felici come non lo erano stati da anni.

Le mani si cercavano ancora, si intrecciavano, si aggrappavano ai vestiti ormai sgualciti, umidi, appiccicosi.

E fu lì che Katsuki si bloccò: staccò appena il viso dal suo, con un'espressione perplessa, guardandosi le dita... Appiccicose e piene di sabbia.

Sabbia e sperma. Una combinazione degna di un incubo.

«...Bleah.». Il commento gli sfuggì con una smorfia disgustata.

Izuku lo guardò, e ci mise un attimo prima di realizzare a sua volta. Poi scoppiò a ridere, quella risata che partiva dal petto e diventava contagiosa, più luminosa delle luci del locale.

«Costruiamo un castello?», ridacchiò, mentre cercava invano di staccarsi la sabbia dalla spalla.

Katsuki sbuffò, ma il sorriso, stavolta, era vero. «Mi hai letteralmente incollato alla sabbia, idiota.», e fece per alzarsi, poi si fermò, guardando l'altro, steso lì sotto, con le guance arrossate, i capelli verdi scompigliati e la canotta ancora sporca.

Gli venne voglia di baciarlo di nuovo, ma il contatto tra le mani e la pelle impanata lo riportò alla realtà. «No, ok, basta. Giuro, o troviamo dell'acqua o ti lascio qui a seccarti come una medusa.»

Izuku rise ancora, sedendosi piano, le gambe che tremavano appena, gli occhi gli brillavano in un modo nuovo, sereno. «E dire che era tra le mie magliette preferite...»

«Hai fatto la scelta sbagliata, Deku.»

E si guardarono di nuovo, solo per un secondo. «Ne è valsa la pena.»

Poi si alzarono, goffi, incerti, ancora scossi, le mani sempre impiastricciate, ma strette comunque l'una nell'altra.

E mentre si incamminavano a passo lento, fuori da quella nicchia di gelsomini e calore condiviso, la notte sembrava ancora lì ad aspettarli.

Come se il mondo intero avesse pazientato tutto quel tempo solo per loro.


•••

Quanto vi erano mancati i miei ⚠️???

😈

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