xxi. vedere rosso sotto il cielo blu

( C A R L O S )

Il giorno dopo, tanto per cambiare, Carlos era andato completamente fuori di testa. Gli sembrava di farlo molto spesso da quando era arrivato ad Auradon.

Aveva passato la notte a pensare alle parole di Esme, tutte, nessuna esclusa. Non aveva chiuso occhio, e nonostante ciò gli sembrava di avere una chiave a molla sulla schiena e che qualcuno l'avesse caricata al massimo.

Era già arrivata ora di pranzo e il figlio di Crudelia non la smetteva di parlare con Evie. Anche se, in realtà, lo stava fecendo da quella mattina.

<<E se piovesse? Non voglio che pensi che ho programmato la cosa apposta!>>.

Impegnata a spolpare una mela rossa, Evie alzò gli occhi al cielo.

<<E— E se mi dà buca? Se ha detto tutto quello solo per mettermi in ridicolo?>>.

<<Carlos>> scosse la testa la ragazza. <<Penso che ormai conosciamo entrambi abbastanza Esme per sapere che non farebbe mai una cosa del genere, specialmente a te. Senza contare il fatto che è stata lei a fare la prima mossa>>.

Il figlio di Crudelia annuì, cercando di convincersi, gli occhi spalancati e terrorizzati: <<Ma— Ma— Ma . . . e se—>>.

<<Carlos!>> lo richiamò Evie, piegando le labbra in un piccolo sorriso e spostando il suo cestino del pranzo. I due si trovavano seduti in un tavolino all'esterno. Avevano deciso di pranzare lì poiché Mal, Jay e Hunter erano irrintracciabili, ognuno chissà dove a fare chissà cosa.

<<Sta tranquillo, vedrai che andrà bene. Fai solo ciò che ti senti>> gli consigliò l'amica.

<<È questo il problema>> abbassò la testa il ragazzo. <<Non ho idea di cosa sento, in questo periodo è tutto così confuso! Il solo fatto che io abbia un appuntamento con una principessa è così surreale!>>. Guardò la sua migliore amica con sguardo implorante: <<Solo un mese e mezzo fa eravamo ancora sull'Isola a disegnare sui muri e a spaventare i bambini. Non era il massimo, ma avevo delle certezze>>. Si passò una mano nei capelli, frustrato: <<E adesso mi sembra che qualsiasi cosa faccia sia sbagliata, nei miei confronti, in quelli di mia madre, di Esme e anche tuoi e degli altri>>.

Tutto ciò che desiderava era il meglio per Esme e per i suoi amici, ma ultimamente gli sembrava di essere un disastro.

<<Senti>> iniziò Evie. <<Perché non chiedi a qualcuno come si fanno questo tipo di cose? Come . . . non so, Ben?>>.

Carlos sbuffò: <<Ben non conosce bene Esme, mi darebbe solo consigli orribili>>.

<<Era proprio qui che volevo arrivare>> lo guardò la ragazza, un sorrisetto in volto. <<So che non ti piacerà, ma forse dovresti parlare con, ecco, qualche amico di Esme>>.

<<Cosa intendi con "amico"?>>.

Lei gli rivolse un'occhiata scettica: <<Carlos>>.

Quest'ultimo sbuffò, sapendo bene a chi la sua amica si stesse riferendo: <<Non ci penso proprio>>.

<<Carlos>> ripeté Evie, più ferma.

Il ragazzo si morse un labbro, muovendosi sulla panca incerto. Audrey, Richard e Chad. Ecco di chi stava parlando la figlia della Regina Cattiva. Già, ne era sicuro. E lo odiava.

Tuttavia, dieci minuti dopo si trovava comunque davanti la porta di un certo biondino non molto amichevole.

•✵•

Continuava a sistemarsi il colletto della camicia come un disco rotto.

Non era riuscito ad impedire ad Evie di consigliargli un nuovo modello che ella stessa aveva creato: un paio di jeans neri strappati con inserti di stoffa a quadri rossa e bianca, e una semplice camicia con stampa a macchie di dalmata. Un classico, o almeno era quello che aveva detto Evie.

I suoi occhi caffè scattavano da una parte all'altra del vialetto di pietra, dove aveva dato appuntamento ad Esme poche ore prima.

Era sera, ormai, e una fresca brezza, proveniente dal fitto del bosco, spirava tra le fronde degli alberi dietro di lui.

Rivolse uno sguardo al cielo, appena nuvoloso, e iniziò a pregare con tutto sé stesso che tutto andasse come aveva programmato. O come lui e Richard avevano programmato.

Strinse di più la cartina che aveva in una mano. Più ci pensava e più odiava il dovere un favore al biondino.

Cercò di concentrarsi a stropicciare il pezzo di carta piuttosto che il mazzo di margherite che, invece, teneva stretto nella mano destra.

Il fiore preferito di Esme.
Strano: da una come lei si sarebbe aspettato qualcosa come i gigli, i girasoli o le orchidee, non qualcosa di semplice come le margherite.

Eppure, più le guardava, e più Carlos si rendeva conto di quanto rispecchiassero la principessa. Una corona di petali bianchi intorno alla corolla gialla. Non aveva mai visto niente del genere nel bosco malandato sull'Isola: esattamente come non aveva mai incotrato qualcuno come Esme.

I suoi lunghi capelli corvini; quei due buchi neri nei suoi occhi, così tristi eppure così magnetici; quel sorriso imprevedibile; quelle labbra sottili che desiderava assaporare. Sospirò — non sapeva cosa fosse l'amore, ma sperava ti facesse sentire in quel modo.

I minuti passavano, e il figlio di Crudelia stava iniziando a preoccuparsi sul serio. Guardò l'orologio digitale che aveva-ehm-preso in prestito dalla camera di Richard, rendendosi conto che la ragazza era in ritardo di cinque minuti.

Doveva andare in ansia? Sull'Isola era normalissimo arrivare in ritardo, qualunque cosa si facesse, ma si trovava ad Auradon! Era abbastanza sicuro che lì nessuno si permettesse un lusso del genere.

Il suo piede batteva contro l'asfalto a ripetizione, e ad ogni colpo sentiva il panico montargli dentro. E se avesse rinunciato? E se l'avesse piantato in asso? Magari le era successo qualcosa. Magari

<<Los!>>.

Il sollievo inondò il Cattivo, che si girò verso la voce con un sorriso stampato in faccia.

Era lì, non l'aveva abbandonato. Lei era lì. Lei era . . . assolutamente stupenda.

Ora, non fraintendetemi, sull'Isola il concetto di "stupendo" era completamente diverso a quello a cui era abituata la gente di Auradon. Eppure, in quel momento, Carlos ebbe la certezza che ciò che stava guardando era la cosa più bella che avesse mai visto.

I pantaloni viola le fasciavano le gambe in maniera perfetta, mentre una t-shirt bianca le faceva risaltare i capelli e gli occhi neri. Pendeva da un lato, lasciando scoperta una spalla.

Un ciondolo a forma di fiore pendeva dal suo collo, muovendosi ad ogni passo. I capelli portati indietro da una bandana porpora sembravano brillare sotto la luce della luna, e più si avvicinava e più a Carlos sembrava di andare in autocombustione spontanea.

<<Guarda chi si vede>> ridacchiò lei, squadrandolo da capo a piedi. <<Evie si è data da fare>>.

Il ragazzo trovò la forza di parlare solo dieci secondi dopo, rimasto a fissare la ragazza, gli occhi che brillavano. Scosse la testa per riprendersi: <<Già . . . >> strascicò nervoso. <<Non mi staccava le mani di dosso>>.

Prese coraggio e fece un bel respiro: <<Sei bella>>. Era un'affermazione semplicissima, e per un attimo Carlos temette fosse troppo diretta, ma la verità era che non aveva idea di come comportarsi in una situazione del genere.

La figlia di Esmeralda alzò un sopracciglio, nascondendo un sorrisetto: <<Vestita così?>>.

Un pantalone e una t-shirt. Carlos non capiva cosa avessero che non andava, finché non si accorse di un particolare. Esme non si vestiva mai in quel modo. Venne preso alla sprovvista, perché effettivamente era vero, non l'aveva mai vista vestita con solo un pantalone e una maglietta, tranne forse . . .

Il figlio di Crudelia ghignò, incrociando le braccia, con fare sicuro: <<Sei stata in condizioni peggiori>> la sfottè, alludendo all'episodio in dispensa di un mese prima.

Con sua grande sorpresa, la principessa non arrossì né si offese, anzi, si avvicinò a lui. Il ragazzo non si mosse, ma chiuse i pugni e i palmi iniziarono a sudare.

<<Sta attento a quello che dici>> gli sussurrò ad un palmo dal naso. <<Ci sono parti di me che non hai ancora conosciuto. E sono molto più simili al tuo mondo di quanto tu possa immaginare>>.

Un brivido gli corse lungo la schiena e non capì se per la sorpresa, per paura o per chissà cos'altro. Il fiato caldo di lei che gli colpiva le labbra, i ciuffi di capelli neri che sfioravano le sue guance, quegli occhi color dell'ebano in cui si era perso tante volte che lo fissavano sicuri e magnetici.

Ancora una volta questa Buona, questa principessa, era riuscito a farlo sentire più vivo di quanto si era mai sentito sull'Isola. E per cosa? Per delle parole appena pronunciate, che potevano significare ogni cosa e nulla allo stesso tempo. Per una frase che avrebbe potuto scaturirne mille altre, e per un'affermazione che gli aveva ricordato che quello, Auradon, la scuola, non era un incubo, ma il migliore dei sogni.

<<Che— Che ne dici di andare? Siamo già in r—ritardo>>. Deglutì, e le sue guance si riempirono di un accenno di rosa.

Lei sorrise e annuì facendo un passo indietro. Carlos lasciò andare il fiato che non si era accorto stesse trattenendo.

Non si sarebbe annoiato, questo era poco ma sicuro.

•✵•

Camminarono nel bosco per quelle che sembrarono ore, ma alla fine Carlos si rese conto che c'erano quasi. Almeno secondo le mappe che aveva studiato con Richard poche ore prima. La cartina che aveva portato con sé si era strappata.

<<Si può sapere dove stiamo andando?>> chiese Esme con una risata, mentre saliva su un masso, saltandoci giù un secondo dopo.

Carlos sorrise, alzando le sopracciglia: <<Vedrai>>.

La ragazza sbuffò ma non disse altro.

Ormai si era fatto buio, e il figlio di Crudelia fu costretto a tirare fuori una torcia. Il sentiero davanti a loro era lineare ma pieno di sassi, rami e foglie, che rendevano difficile il cammino. Ma almeno mancava poco.

<<Quanto manca?>> si lamentò ancora la principessa.

Con un'alzata di occhi al cielo, Carlos non rispose, ma sorrise quando davanti a sé vide uno spiraglio tra gli alberi.

<<Eccoci>> annunciò.

Passarono tra due alberi più alti del normale e il ragazzo sospirò di sollievo quando si rese conto che erano nel posto giusto.

Accanto a lui, Esme sobbalzò e la vide spalancare gli occhi. <<Carlos . . . >>.

Effetto sorpresa: fatto. Era andata.

Davanti a loro si estendeva un lungo prato verde, tagliato a regola d'arte, con decine di fiori che crescevano in dei cespugli vicini.

Tuttavia, la cosa più incredibile era la vista. Si trovavano ad almeno duecento metri d'altitudine e, sotto di loro, le luci di Auradon City brillavano come il più prezioso dei gioielli, correndo sempre più lontano a perdita d'occhio. Era come osservare una miriade di stelle incastonate nel terreno.

<<Richard mi ha detto che ti piace l'altezza. Ti ricorda il tempo passato sulle guglie di Notre Dame e il paesaggio che si vede da lassù. Perciò ho pensato che qualcosa del genere sarebbe . . . andata bene>>.

Non aveva ancora spicciato parola, e il Cattivo stava iniziando a preoccuparsi: aveva il terrore che non le piacesse.

Una tovaglia con un cestino pieno era stato sistemato da Richard poco vicino al precipizio. Carlos faticava ancora a credere che qualcuno come il figlio dei Radcliffe l'avesse aiutato. Specialmente quando aveva una cotta per la ragazza. Anche se quando era andato a parlargli, gli era sembrato molto più distaccato del solito, come se avesse altro per la testa.

<<Se— Se non va bene possiamo andare da un'altra parte! Insomma, ci sono così tanti posti da—>>.

<<Carlos!>> esclamò Esme girandosi verso di lui. La scintilla nei suoi occhi rilassò il Cattivo. <<È splendido, sul serio, io . . . >>. Diede un altro sguardo al panorama e sospirò, chiudendo gli occhi: <<Vivo ad Auradon da sedici anni e non ho mai visto questo posto>>.

Il ragazzo le si avvicinò con un sorriso: <<Beh, c'è una prima volta a tutto>>. La incitò a seguirlo con un cenno del capo: <<Forza, non vedo l'ora di svuotare quel cestino da pic-nic come si deve>>.

•✵•

Il cielo sopra di loro si era aperto, e non c'era più traccia di nuvole. Al contrario, miliardi di stelle splendevano sulle loro teste, uno degli spettacoli più meravigliosi che Carlos avesse mai visto.

<<È stupendo, non credi?>>.

Avevano finito di mangiare da poco e adesso erano stesi l'uno accanto all'altra, gli occhi rivolti alla volta celeste.

<<Sì . . . >> rispose il ragazzo. <<Sull'Isola non si vedono le stelle. Ci sono sempre e solo nuvole, di giorno, di notte, non cambia mai. Non avevo mai notato quanto fosse blu il cielo di sera, né quanto fosse celeste di mattina. Tantomeno di quanto fosse luminosa la luna>>.

Chiuse gli occhi e inspirò a pieni polmoni.

<<Anche l'aria è più pura>>.

Erano cose che aveva notato dal momento in cui era uscito da quella limousine, insieme a tante altre.

<<Gli alberi sono più verdi, persino l'acqua sembra più rinfrescante>>.

Percepì lo sguardo di Esme su di sé, ma per qualche ragione non riuscì a fermarsi.

<<Qui ci sono i fiori, lì è tutto secco, e molti si sono dimenticati che esistano. Il cibo qui è abbondante e paradisiaco, lì no. Lì fa schifo, è andato a male, marcio o sporco. Sono troppe le persone che ne muoiono>>. Non riusciva a più a tenere ferma la lingua. Era un fiume in piena.

<<Los . . . >>.

<<Non esistono i dolci. E gli unici che si trovano sono usati per le pozioni oppure sono troppo avariati per poterli mangiare. Le mele sono aspre e ammaccate, i cereali ammuffiti, il latte vecchio di un mese, il caffè amaro>>. Aveva serrato i pugni, ma non se n'era accorto.

<<I vestiti sono logori, scuciti, con la muffa. I letti sono traballanti e pieni di tarli>>. Fece una pausa. <<Oppure non ci sono proprio>>. Non aveva detto ad Esme della sua condizione, di dove dormiva e dove mangiava. Non gli aveva detto di ciò che gli faceva sua madre.

<<Cosa— Cosa stai cercando di dirmi, Los?>> chiese titubante la principessa, e il Cattivo potè percepire il suo nervosismo.

In un primo momento, Carlos non rispose, migliaia di pensieri che gli giravano in testa. Cosa stava cercando di dire? Lo sapeva, ma forse aveva troppa paura della reazione di Esme.

Si morse un labbro: <<Niente. Dimentica quello che ho detto>>. Non voleva rovinare l'appuntamento per una cosa così stupida. Però non è stupidasi disse.

<<Cosa stavi cercando di dire?>> insistette la ragazza, con un'occhiata determinata.

Il figlio di Crudelia serrò le labbra e scosse la testa.

<<Carlos, cosa stavi—>>.

<<Che siete un branco di privilegiati!>> sbottò, mettendosi a sedere. <<Che non pensate al fatto che non esistete solo voi ad Auradon, che mentre voi fate la bella vita qui, tra gioielli, cibo e quell'altro ben degli dei, noi siamo costretti a vivere come dei pezzenti. Hai una vaga idea di cosa significhi dover mangiare del cibo scaduto? O dover dormire per terra? Senza un cuscino o una coperta?>>. Era esploso, ma non gli importava. Si era tenuto dentro quelle cose troppo a lungo. <<Qui le persone buttano il cibo come se fosse niente! Lo mangiano, e se c'è appena un'ammaccatura lo gettano nei rifiuti perché disgustoso o orribile da vedere. E chi è costretto a mangiarlo, poi? Eh? Noi! Ovvio che siamo noi! Perchè noi siamo Cattivi, siamo in grado di sopportare tutto!>>.

Strinse i denti, chiudendosi a ricco, le gambe rintanate al petto. Nascose la testa tra di esse, troppo spaventato per guardare la principessa negli occhi.

<<Ed è una punizione. Una stupida punizione per dei crimini di più di vent'anni fa. Perché voi Buoni siete troppo impegnati a credervi migliori di noi per stare ad ascoltare anche le nostre versioni. Tanto siamo noi i Cattivi, siamo noi i bugiardi. E se lo siamo stati una volta, allora lo saremo per sempre, giusto?>>.

Finalmente riuscì a chiudere la bocca, e nel prato calò il silenzio. In lontananza si poteva sentire un grillo solitario che cantava, l'unico suono a rompere quella tensione.

Non voleva alzare lo sguardo, era sicuro di aver rovinato tutto. Tuttavia, una parte di lui si sentiva più leggera: si portava dentro quelle parole da troppo tempo.

Poi, in un sussurro, la voce fragile come vetro, Esme parlò: <<Perché me lo dici adesso?>>.

Carlos si congelò.
Perché io e i miei amici dobbiamo liberare i nostri genitori. Perché solo così potremo avere cio che ci spetta. Solo così i Cattivi potranno vivere una vita dignitosa.

<<Non lo so>> rispose.

Sentì la ragazza rivolgergli un verso di scherno: <<Se non lo sapessi avresti fatto proprio nulla>>. Il suono dell'erba che si muoveva vicino a lui, lo scrocchiare dei fili verdi, gli disse che la principessa si era seduta. Avvertiva la punta del suo gomito che sfiorava il proprio.

<<Non sapevo che sull'Isola le cose funzionassero così>> ammise, ma Carlos continuò a non guardarla negli occhi. <<Penso che nessuno lo sappia veramente, a parte forse la Fata Smemorina, Belle e la Bestia>>. Una pausa, interrotta solo dal respiro incerto del ragazzo. <<Però, non posso negare che se me l'avessero detto qualche mese fa, mi sarebbe importato qualcosa. Probabilmente avrei alzato le spalle, avrei riso, avrei detto che era quello che vi meritavate>>.

Il figlio di Crudelia strinse i denti. Odiava questa cosa con tutto il suo cuore.

<<Invece, adesso, odio il fatto che tu possa aver vissuto così>>.

Fu questa frase a infiammare Carlos, che sollevò la testa e la guardò come se avesse appena detto un'oscenità.

<<Cosa?>> esclamò, confuso. <<Che intendi con questo? Che io sono l'unico che non se lo meritava? Che soltanto perché per te sono "buono", allora sono il solo che si merita di vivere in maniera decente?>>.

Esme scosse la testa, le guance arrossate, veloce e imbarazzata: <<No, no, non intedevž>>.

<<Oh, sì che lo intendevi!>> sbottò il Cattivo, portandosi una mano agli occhi. <<Pensi che i nostri genitori e tutti gli altri ragazzi che sono rimasti lì, siano veramente cattivi e quindi non degni di essere salvati>>.

<<Non è colpa mia!>> ribattè lei, sbattendo le mani a terra. I capelli neri erano scompigliati, la bandana abbandonata poco più in là. <<Carlos, per quanto tu possa dire, Malefica, Jafar e tutti gli altri hanno fatto cose indicibili! Sono crudeli, gli piace fare del male! Noi non—>>.

<<Oh, perché gli abitanti di Auradon sono tutti dolci e gentili! E per quanto possa valere . . . >> deglutì titubante, i pugni che tremavano. <<I nostri genitori possono non essere le persone migliori che esistano, ma sono pur sempre i nostri genitori. Come ti sentiresti se tua madre fosse imprigionata per sempre a mille chilometri da te?!>>.

Per un attimo, Esme parve presa in contropiede da questa prospettiva, ma alla fine scosse la testa: <<Non è la stessa cosa, chi è sull'Isola degli Sperduti ha commesso crimini di tutti i tipi, non—>>.

<<È questo il problema con voi Auradoniani>> ridacchiò Carlos, senza allegria. <<Pensate sempre di essere nel giusto, solo perché siete troppi codardi per ammettere di avere torto!>>.

Questa volta, Esme non replicò, e Carlos sospirò, ributtandosi di schiena sull'erba.

Perché avevano litigato? Non ne era sicuro, ma era fiero di ciò che aveva detto e non se lo sarebbe rimangiato per nulla al mondo.

—— angolo autrice!

FINALEMENTE SONO RIUSCITA A SCRIVERE QUALCOSA!! *corre per casa con lo spumante*

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché ho passato l'ennesimo periodo di blocco dello scrittore, e ho scritto questo in praticamente due giorni.

Domanda del giorno: siete dalla parte dei Cattivi o dei Buoni? Io sono molto combattuta, in realtà lol.

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