xxvii. rendi fede al tuo cognome

( C A R L O S )

24 ORE PRIMA . . .

Rudy, steso sul letto di Carlos, pareva più inquieto di lui. E in quel momento ce ne voleva.

Era l'ultima notte prima della Giornata della Famiglia, il che significava solo una cosa: mancavano due giorni esatti all'incoronazione di Ben. Nonchè all'evento che avrebbe messo fine al futuro roseo dell'intero regno.

Già . . . Carlos avrebbe dovuto essere emozionato, eccitato, non vedere l'ora di adempiere al suo compito, liberare i Cattivi e rendere fiera sua madre.

Peccato fosse esattamente il contrario.

«Rivediamo il piano» disse Mal, mentre Evie, Jay e Hunter, seppur a malavoglia, si avvicinavano di nuovo a lei per avere una migliore visuale sulla cartina di Auradon City che avevano recuperato.

Carlos, invece, non si mosse.

Era la decima volta che rivedevano quello stupido piano.

«Carlos» sospirò Mal. «Ne abbiamo già parlato, per favore . . . ».

«Per favore, cosa?» chiese ironico, accarezzando la pelliccia di Rudy. «Mal, conosco il piano, okay? Solo . . . ».
Si tirò a sedere, poggiando la schiena sulla testata del letto.

«Solo?».
Evie e Jay si scambiarono un'occhiata, mentre Hunter abbassava lo sguardo. Forse si trattava dell'unica volta in cui aveva capito cosa stesse succedendo.

«Sai di cosa parlo».

«Carlos . . . ».

«La bacchetta sarà sotto la campana di vetro della Bestia!» esclamò, forse con troppa foga, perchè Rudy sobbalzò. «Mentre tu sarai in prima fila, noi quattro saremo sulla balconata per controllare che tutto vada come deve andare!». Indicò Hunter: «Continua».

Il figlio di Hans guardò i suoi amici in cerca di aiuto, ma alla fine parlò: «Io troverò la limousine per disattivare la barriera e . . . beh, tornare sull'Isola con la bacchetta, credo».

Carlos annuì: «Evie?».

«Io metterò fuori gioco l'autista con il nebulizzatore che hai creato tu» mormorò Evie, dolce, osservando il suo migliore amico con tristezza. «Alla fine, la boccetta che ti ha dato Jay prima di venire qui è servita a qualcosa!».

Nessuno rise.

«Jay?».

Il figlio di Jafar ficcò le mani in tasca: «Mi assicurerò che nessuno ci segua, o che si noti per troppo tempo la nostra assenza».

Carlos tornò a guardare Mal con un sorriso sarcastico: «E io disattiverò ogni telecamera della cattedrale».

Mal afflosciò le spalle e alcune ciocche di capelli viola le ricaddero davanti agli occhi, mentre abbassava la testa: «Sì, okay. Fantastico. È esatto». Afferrò il suo zaino e uscì dalla camera sbattendosi la porta alle spalle.

La tensione riempì l'aria e non sparì per tutta la notte.

•✵•

IL GIORNO DOPO,
30 MINUTI PRIMA DEL DISASTRO

«Es!».

C'era qualcosa che non andava nel comportamento della principessa, nel modo in cui si era girata verso di lui e in cui l'aveva guardato. Ma se Audrey aveva ragione, ed Esme non stava bene, allora non l'avrebbe giudicata.

«Ehi» gli sorrise, timida, quasi non avesse il diritto di parlargli. Carlos ne rimase un po' sorpreso.

«Vostra Altezza» la salutò scherzando, come ormai era solito fare tutte le mattine, un sorriso luminoso in volto. Poi, vedendo il modo in cui la ragazza era arrossita, così cauta e imbarazzata, si fermò e aggiunse un piccolo e impacciato: «Ciao». Da quando erano tornati ad essere così?

«Posso— ecco, fare qualcosa per te?».
C'era decisamente qualcosa che non andava.

Il figlio di Crudelia alzò le mani in segno di resa: «Uh, no, no. Mi chiedevo solo se, ehm, potessimo parlare».

Esme si irrigidì, e Carlos ottenne la risposta ai suoi dubbi. Audrey gli aveva detto la verità. Perchè la principessa non agiva così con lui da settimane, ormai.

«Certo» borbottò lei, incamminandosi verso il retro del giardino, separato da un'alto muro di siepi.

Carlos la seguì preoccupato.

La vide girarsi verso di lui, mentre fissava il pavimento e si torturava le dita delle mani. «Esme . . . » mormorò il ragazzo, avvicinandosi e mettendole una mano su una spalla. «Stai . . . bene?».

La principessa sospirò: «Non lo so» rispose, mogia. «Ultimamente mi sembra tutto molto . . . confuso». Finalmente alzò lo sguardo verso di lui. «Ci sono tante cose che mi girano in testa e— non so più a cosa credere».

«Possiamo parlarne» propose lui, con un sorriso. «Se c'è qualcosa che ti turba, io- ecco, non sono la persona migliore in questo, con i sentimenti e rassicurare e in generale ad essere- ehm, gentile». Vide Esme mordersi un labbro. «Non sono molto allenato ma . . . posso provarci. Per te».

Silenzio.

Esme si era fatta improvvisamente pallida, come se quelle parole l'avessero distrutta ancora di più. «Es . . . ».

«Io- scusa, non- non so se riesco a- non riesco a mettere in ordine i miei pensieri». Lo guardò come se si stesse trattenendo dal vomitare. «Io ti- ti voglio bene, Carlos. Moltissimo. Ma non- non so-».

Il Cattivo deglutì, abbassando la testa: «Non sai se sia giusto o no farlo».

A quello, Esme spalancò gli occhi: «No! Non era— non era questo che in—».

«TU!».

Un urlo terrorizzato risuonò nell'aria, e l'attenzione di Carlos si spostò oltre le siepi.

«Senti, ne— ne parliamo dopo». E così, Esme lo oltrepassò e tornò nel giardino.

•✵•

La situazione era precipitata velocemente.

Un secondo prima si stavano tutti divertendo, lui che mangiava fragole al cioccolato come se non ci fosse un domani, e quello dopo correva insieme ai suoi amici lontano dalla Giornata della Famiglia, lontano da quei giudizi, lontano da quelle parole che odiava con tutto se stesso.

«Non avremmo dovuto lasciare lì anche Esme» commentò una volta che si erano seduti ad un tavolo nel mezzo del parco della scuola. «Chissà— chissà cosa dalmata le avranno detto, o fatto, io—».

«Carlos». Evie gli posò una mano sulla spalla, mentre si sedeva alla sua sinistra. «Esme ha provato a difenderci, e gliene sono grata, ma pensa a cosa sarebbe successo se fosse venuta con noi».

Carlos ci pensò. E capì che la sua amica aveva ragione. Se la figlia di Esmeralda li avesse seguiti, la sua reputazione sarebbe diventata definitivamente irrecuperabile. L'avrebbe solo danneggiata.

«Hai ragione» concluse alla fine, con un sorriso, allentandosi la cravatta rossa che portava al collo.

La ragazza gli scoccò un sorriso di un bianco accecante: «Come sempre».

«Non riesco a crederci» sospirò Mal, sedendosi accanto ad Evie. «Di tutte le cose che mi sarei aspettata da questa giornata, l'ultima era chiedere scusa alla fottuta Regina Leah». Spiaccicò la testa sul legno del tavolo, nascondendosi tra i lunghi capelli viola: «Cosa direbbe mia madre se mi vedesse ora . . . ».

«Direbbe che sei debole, una traditrice, e probabilmente anche qualcosa come "non sei mia figlia"» commentò Jay, alzando le spalle, appoggiandosi al tavolo, proprio davanti a Carlos.

Quest'ultimo gli lanciò un'occhiataccia, mentre allungava una mano per accarezzare quella di Mal, in segno di conforto.

«Wow, Jay, sei molto d'aiuto» sbuffò la figlia di Malefica.

Lui alzò le mani in segno di resa.

«Voi . . . » iniziò Hunter, che era rimasto stranamente in silenzio per tutto il tragitto, esitando. «Voi credete che, ecco, riusciremo a— insomma . . . ».

«Rubare quella cazzo di bacchetta una volta per tutte?» sputò Mal, tesa. «Camminare per Auradon senza che qualcuno ci urli contro? Tornare sull'Isola con la dignità intatta? Non credo proprio».

«Mal . . . » mormorò Evie, allacciandole un braccio attorno alle spalle, e provando a darle un abbraccio.

La figlia di Malefica si tirò indietro: «No, "Mal" niente! Avete idea di cosa— cosa stia succedendo?! Tutto— tutto— questo!» e indicò l'ambiente circostante. «Non sarebbe dovuto succedere! Mia madre me l'aveva detto! Mi aveva messo in guardia! Non devi affezionarti. E guardate che bel lavoro abbiamo fatto!». Si mise le mani nei capelli: «L'incoronazione è domani e noi siamo— siamo—».

«Buoni» finì Carlos, afflosciando le spalle.

Mal lasciò andare una risata a metà tra il divertito e il disperato: «Già. Buoni. Peccato che tutti qui credano il contrario».

«Non Ben» suggerì Jay.

«O Esme» aggiunse Evie.
Carlos storse appena il naso, le parole incerte della principessa che gli risuonavano in testa: "Io ti voglio bene, ma non so".

Scosse la testa: «Vedrai . . . Vedrete che tutto andrà come deve andare» tentò di rassicurare gli altri.

Jay gli rivolse un mezzo sorriso: «E da quanto credi nel destino?».

«Da quando è l'unica cosa in cui riesco a sperare».

•✵•

Erano passate un paio d'ore. Ben presto l'area picnic si era riempita, piena di studenti che non avevano perso tempo a rifilare loro occhiatine e sussurrare tra sé e sé chissà che cosa.

L'aria era carica di tensione. A Carlos sembrava di essere tornato all'inizio di quella storia, quando aveva toccato il suolo di Auradon per la prima volta. Solo che, adesso, conosceva l'ambiente e le persone che lo circondavano, e lo facevano solo sentire peggio.

Vide Ben farsi largo tra i gruppetti di studenti: «Ehi, ragazzi!» esclamò, il suo solito sorriso ad illuminargli il volto, come se non fosse successo niente. Carlos si chiese come ci riuscisse. «Come state?».

Nessuno dei cinque rispose, se non con qualche occhiata scettica.

«Va bene . . . Sentite, non è successo niente, okay? Tranquilli!». Posò una mano sulla spalla di Jay, che storse appena il naso. «Non ci pensate più». Si fermò dietro Mal, accarezzandole dolcemente la schiena. «Dopo l'incoronazione di domani andrà tutto a posto».

Evie alzò lo sguardo verso di lui, espirando dal naso. Carlos si morse la guancia. Una parte di lui voleva chiedergli di Esme, perchè non l'aveva più vista e, in tutta onestà, si stava iniziando a preoccupare.

Ben si abbassò a livello di Mal: «Io devo andare, okay?» le sussurrò, e lei parve sul punto di vomitare. «Ci vediamo domani». E dopo un ultimo sorriso, li lasciò.

Evie fece una smorfia, mentre Hunter si scrocchiava le nocche, nervoso.

«Ehi, Evie, senti . . . ». Bayley si avvicinò al loro tavolo, timida come Carlos l'aveva mai vista, e per un attimo sperò che fosse per dar loro notizie di Esme, ma fu subito deluso: «Riguardo a qualche giorno fa—».

Cosa era successo qualche giorno fa?

«Bayley!» la voce di Chad richiamò la ragazza, che si girò di malavoglia: «Cosa?».

«No».

«Ma—».

«Sul serio, Bay. Sta tranquilla, non è stata colpa tua» la tranquillizzò Evie con un piccolo sorriso, gli occhi nocciola improvvisamente più morbidi.

«Io—».

«Bayley».

«Bay . . . » mormorò la figlia della Regina Cattiva, vedendo il senso di colpa accendersi sul viso della principessa.

«Scusami» abbassò la testa quella, mentre tornava a sedersi insieme ai suoi amici, tra Chad e Aziz. «Non posso».

Carlos guardò la ragazza dai capelli blu accanto a lui, il modo in cui il suo sguardo si spense e in cui strinse le labbra, come se il comportamento di Bayley l'avesse ferita più di quanto si aspettasse. Il figlio di Crudelia non sapeva cosa fosse successo tra le due, ma sentì un colpo al cuore nell'istante in cui la sua migliore amica abbassò gli occhi e una piccola lacrima scivolò via da essi.

Voleva abbracciarla e dirle che sarebbe andato tutto bene, ma ormai non sapeva neanche cosa significasse, per loro, quel "bene".

Era certo solo di una cosa: la prospettiva che Esme potesse reagire nello stesso modo con lui, che potesse abbandonarlo, dimenticarsi di lui per tornare alla sua vita pacifica di prima. Il solo pensarci lo prosciugava da ogni tipo di energia.

Vide Audrey arrivare nel cortile, parlottando con Jane, la figlia della Fata Smemorina. Carlos scattò sull'attenti, mentre i suoi occhi si illuminavano. Voleva— doveva andare a chiederle notizie di Esme. Fece per alzarsi, ma la mano di Evie su un braccio lo fermò.

«Non adesso, Carlos, okay?» gli disse, scuotendo leggermente la testa.

Il figlio di Crudelia guardò di nuovo le due ragazze camminare, fino a fermarsi accanto al tavolo di Chad. Deglutì.

«Carlos» lo chiamò Jay. «Siamo tutti preoccupati, lo sai, vero? Esme ha fatto qualcosa che— è stata bella, molto. Ma avrà le sue ragioni per non farsi vedere, adesso». Gli sorrise, mentre Hunter si toccava nervoso il ciuffo di capelli castani. «Mi sembra strano dirlo, ma vedrai che domani all'incoronazione salterà tra le tue braccia e non ti lascierà solo un attimo».

Carlos voleva crederci. Voleva farlo sul serio.
Chissà, forse i suoi amici avevano ragione ed era solo paranoico. Magari era stupido rimuginare sull'espressione da cane bastonato che la principessa aveva quella mattina; o come provasse ad evitare in tutti i modi il suo sguardo; o il modo in cui era parsa improvvisamente spaventata.

Il ragazzo strinse le labbra e non rispose.

«Quanto pensi durerà tra loro?» domandò una voce alle loro spalle, e Carlos venne riportato alla realtà. Audrey parlava con Jane, il tono di voce più alto del normale, ogni parola scandita con crudele precisione dalle sue labbra. Il ragazzo raddrizzò la schiena, puntando gli occhi sul piatto di carta davanti a lui, vuoto.

«È solo l'infatuazione per la "ragazza cattiva"!» cinguettò Jane, mentre le due ragazze si facevano terribilmente vicine a Mal, fino a che Audrey non si abbassò fino al suo orecchio. «E Ben non renderà regina una Cattiva».

Mal strinse i denti, Jay i pugni. Evie fissò le due ragazze in cagnesco, la mascella di Hunter ebbe un guizzo. Carlos spalancò gli occhi, preso alla sprovvista.

La figlia di Aurora non era stata esattamente gentile con loro, ma non gli aveva mai detto qualcosa del genere, quasi un veleno che si riversava in ondate ad ogni parola, letale e corrosivo.

Ancora una volta, Carlos si domandò dove fosse Esme.

«E di sicuro non renderà regina una puttana» ribattè Hunter, gli occhi fissi in quelli di Audrey, lo sguardo duro come mai lo era stato. «Io tra le due saprei chi scegliere».

Chad si alzò di scatto dalla panca, mentre la principessa assumeva un'intensa sfumatura scarlatta.

«Oh, cosa farai, Chad? Ai principi si insegna ad essere codardi al giorno d'oggi, giusto?» lo schernì Evie, poggiando il mento su una mano. «Ci avete già umiliato, e non credo che tu abbia il coraggio di passare a qualcosa di più».

«Decisamente no» sorrise Jay, le braccia incrociate, una luce crudele negli occhi. «O quel bel faccino si sarebbe già ritrovato con qualche bella ammaccatura. Scommetto che il rosso ti donerebbe».

Per un attimo, il suono di quelle parole ricordò un sibilo, ma fu così veloce che Carlos pensò di esserselo immaginato.

Il resto degli studenti era rimasto fermo ad ascoltare. Era come se un velo di paura fosse calato sui presenti, e continuava a farsi più pesante ad ogni parola dei Cattivi.

Persino Chad non sembrava voler più aprire bocca, pallido come un cencio, lo sguardo fisso chissà dove.

Carlos giurò stesse tremando. Una parte di lui ne fu compiaciuta.

Solo Audrey non pareva intimorita da quelle minacce. Li guardò uno ad uno, l'espressione di pietra, indecifrabile, occhi di marmo giovani e feroci, ma di una ferocia di ghiaccio.

«Dovete solo provarci» scandì, facendo un passo avanti. Carlos fu certo si stesse rivolgendo a Mal, invece quello sguardo da squalo si posò su di lui, e fu come se tutto si fermasse. La realtà intorno a lui si infranse in un mare si cocci e all'improvviso le parole della principessa gli rimbombavano nel cervello: «E scoprirete a vostre spese quanto questo regno non perdoni».

Per un attimo, il respiro gli si mozzò in gola. Nessuno parve particolarmente scosso dall'affermazione, ma Carlos potè percepire il panico montargli nel petto. Audrey aveva guardato solo lui, mentre sputava quelle parole.

«Grazie tante». Forse sentì Mal rispondere: non ne era sicuro. «Ma credo che ne siamo già tutti al corrente».

Loro venivano dall'Isola degli Sperduti. Avevano provato su pelle dalla nascita cosa significasse per loro il perdono di Auradon. Niente. Assolutamente niente. Doveva essere solo una minaccia a vuoto. Allora perché . . . perchè si sentiva così attaccato da quelle parole? Forse Audrey sapeva qualcosa di importante? Ma anche se fosse, perchè rivolgersi a lui?

«È questo il problema con voi Cattivi» stava ribattendo la principessa, in un tono così acido e maligno, che Carlos immaginò per un attimo di trovarsi sull'Isola. «Credete di essere migliori di noi. Credete che esistano solo le vostre minacce e i vostri trucchetti e i vostri sortilegi. Credete che abbiate il diritto di comportarvi così». La figlia di Aurora arrivò a un passo dal viso di quella di Malefica. «La verità è che vi meritate di marcire in quella fogna di Isola tanto quanto i vostri genitori».

Fu il silenzio che seguì a fare infuriare Carlos.
Perchè nessuno dei suoi amici aveva trovato la forza per ribattere, e questo voleva dire che erano d'accordo con Audrey.

Perchè siete— siamo come i nostri genitori, e dobbiamo rendere fede al nostro cognome. Perchè siamo Cattivi. Perchè siamo nati così. Perchè ci perseguiterà sempre. Perchè non conosciamo altro modo di essere.

Forse non erano subdoli, forse non erano crudeli, forse non godevano nel veder soffrire le persone, forse erano solo dei ragazzini a cui piaceva disegnare, fare sport, la moda, tirare di scherma e mangiare barrette di cioccolato fino a scoppiare. Forse erano buoni.

«Mi sembra strano che tu lo dica» parlò, alla fine, e tutti gli occhi si spostarono su di lui. Carlos non ci badò. «In questo periodo abbiamo dato il meglio di noi, abbiamo cercato di integrarci, e forse—». Si odiò per aver esistato. «Forse ci è piaciuto».

Strinse le labbra, guardando i suoi amici, il modo in cui la luce nei loro occhi si era fatta fredda e distante. Probabilmente anche lui appariva così: vuoto, noncurante . . . stanco. «E forse non avrebbe mai dovuto».

Con un sospiro si alzò dal tavolo e prese ad allontanarsi. Sentì i suoi amici imitarlo. Nessuno li fermò.

Mentre camminavano fianco a fianco, in un lugubre silenzio, Carlos alzò lo sguardo verso il cielo, che ormai si era illuminato dei colori del tramonto, un tripudio di rosa, gialli e arancioni. Assoporò quella vista più che potè. Decise che gli sarebbero mancate quelle sfumature brillanti.

Perchè da domani il sole non avrebbe più brillato sulle lande di Auradon, non avrebbe più illuminato le storie leggendarie di principi e principesse.

E così tutti pensavano fossero Cattvi?

Carlos sorrise, ma non si sentiva affatto felice.

Non avevano ancora visto niente.

—— angolo autrice!

QUALCUNO MI DIA UN PREMIO!! SONO FINALMENTE RIUSCITA A CONCLUDERE STO CAVOLO DI CAPITOLO!!

tenete conto che non ho revisionato, e sto scrivendo sta cosa all'una di notte. sono troppo stanca per editare e troppo eccitata per aspettare fino a domani mattina per prubblocare il capitolo.

sono così felice, aiuto.

niente da dire, se non che sono in hype per i prossimi e ultimi tre capitoli.

peace and love :)

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