xxxi. la fine di tutto . . . letteralmente

!! ALLERTA CANZONE !!

( E S M E )

Cosa ho fatto?

Quando le avevano sbattuto la porta in faccia, Esme aveva urlato.

Era crollata sul suo letto, preso il suo cuscino tra le mani e urlato, urlato, urlato. Lacrime che le scorrevano lungo le guance, pugni che stringevano la stoffa fino a farsi male, denti digrignati e occhi rossi e spalancati, disperati, speranzosi, terrorizzati.

Cosahofattocosahofattocosahofattocosahofatto.

Aveva dormito, esausta, poi si era svegliata e aveva visto che l'avevano chiusa dentro.

C'era un biglietto lasciatole sotto la porta: diceva che sarebbe rimasta in isolamento fino a quando il nuovo re sarebbe stato incoronato e avrebbe deciso il suo destino.

Esme non era preoccupata. Non per quello. Conosceva Ben, ed era sicura non le avrebbe fatto alcun male.

Invece, continuava a pensare a Carlos. Alla consapevolezza che le lacerava il fegato, che le si attorcigliava nelle viscere.

Lei aveva fatto ciò che voleva, per una volta. Aveva dimostrato a se stessa che non doveva essere qualcosa di cui vergognarsi, o odiare, o nascondere. Condividere il sangue con una persona cattiva non rendeva tale anche te. Esme aveva sorriso, aveva osato, aveva camminato sul dannato filo di un rasoio e, come si era aspettata, era finita rinchiusa e accusata di— cosa? Aver cantato una canzone? Aver rivelato il nome di suo padre?

Il cuore le batteva ancora all'impazzata, al pensiero.

Finalmente quel peso le era stato levato dallo stomaco. Auradon conosceva il suo segreto, quel segreto che era sicura avrebbe portato con sè nella tomba, quel segreto che per anni l'aveva resa debole e spaventata.

Lo era ancora. Spaventata. Terrorizzata. Impanicata. Le pareva di poter riprendere ad urlare da un momento all'altro e si stava trattenendo dal spaccare il suo specchio a pugni.

Ma era felice.

Si sentiva libera, in controllo.

Era lei, solo lei, e poteva continuare ad esserlo.

Magari avrebbe dovuto sopportare qualche occhiataccia, insulto, mormorio.

Magari avrebbe perso Audrey, Richard, Bayley.

Ma non sarebbe stata sola.

Sorrise.

Non più.

Si rese conto che Carlos e il resto dei VKs non conoscevano ancora la verità.

Decise che non appena sarebbe uscita da quella stanza, li avrebbe cercati e glielo avrebbe detto. Gli avrebbe detto tutto. Della bacchetta, di quella notte al museo, dei suoi sentimenti. Meritavano di sapere. E sebbene non approvasse ciò per cui erano arrivati ad Auradon, aveva imparato a conoscerli. Si fidava. Nonostante tutto si fidava.

Aveva imparato ad accettare ciò che li accomunava e ciò che li rendeva diversi. Non le importava del loro passato, che sangue scorresse nelle loro vene, se quello di un assassino, un bugiardo, un manipolatore. Non erano i loro genitori. Nessuno lo era mai stato. Lei compresa.

Udì le campane della cattedrale risuonare in lontananza, e sospirò, aprendo la porta finestra del balcone e sedendosi su una sedia, il mento sulle mani. Osservò diverse carrozze e limousine passare davanti ai cancelli della scuola, dirette verso il centro di Auradon City.

Ancora una volta, si chiese cosa stesse facendo Carlos. Era anche lui all'incoronazione? Lo erano tutti? Mal di sicuro, come dama di Ben. Aveva senso che gli altri l'avessero seguita per supportarla.

Esme sospirò, iniziando a canticchiare tra sè e sè per passare il tempo.

You said I would've hit the ceiling
You said I
You said I should eat my feelings
Head held high

Soppesò gli abiti eleganti degli ultimi ragazzi ritardatari che si affettavano fuori dai giardini dell'Auradon Prep. Abbassò lo sguardo sul suo vestito, lo stesso di ieri pomeriggio alla festa, ancora sporco di terra e ancora con l'orlo strappato.

Chissà cosa avrebbe indossato all'incoronazione. Forse Audrey avrebbe insistito per darle una mano a prepararsi, o forse Evie l'avrebbe trascinata in camera sua e cucito un abito su misura.

Sorrise al pensiero.

I won't take anyone down if I crawl tonight
But I still let everyone down when I change in size
And I went tumbling down tryna reach your high
But I scream too loud if I speak my mind

Era un tipo di pace che non aveva mai immaginato di percepire sulla sua pelle. Quel sentimento così raro e emozionante, una fiamma di felicità nel tuo petto, una consapevolezza che per anni sembrava irraggiungibile.

I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
The devil in me
I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
The devil in me

Esme tornò dentro, sedendosi sul letto e accendendo la TV.

"Trasmettiamo ora in diretta l'incoronazione di sua Altezza, il principe Benjamin Beast". La telecamera riprese il momento in cui Ben entrò nella cattedrale, tutto spalle rigide e sorriso educato.

Esme lo osservò giurare davanti alla Fata, abbassando il capo per accettare la corona.

Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, come back to life
Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, come back to life

Venne benedetto con la bacchetta e il sorriso di Esme si spense.

THUD!

Il telecomando le cadde dalle mani con un tonfo secco.

«No!» urlò, la trasmissione che veniva interrotta nell'esatto momento in cui un lampo scattò fuori dalla bacchetta della Fata Smemorina.

Mal — pensò, un brivido che le saliva lungo la schiena. — L'hanno fatto sul serio.

Il terreno tremò.

La stanza venne invasa da una sinistra luce verde, bagliori d'energia che spiravano dalla finestra.

Esme corse sul balcone appena in tempo per notare una scia di smeraldo, indistinta e fumogena, che sfrecciava nel cielo.

«No» ripetè. No, no, no, NO!

Tutta la calma conquistata in quelle ore svanì, rimpiazzata da un'ondata di terrore.

Tutto ciò non stava succedendo! Non poteva Non

Guardò la porta. No, non poteva uscire. L'avevano chiusa dentro.

Eppure . . . Lei— Lei doveva

Un eco di urla le giunse alle orecchie, trasportato dal vento.

Carlos . . .

Si sporse dalla ringhiera, come per raggiungere qualcosa di troppo lontano, la vista appannata e una mano protesa.

Si bloccò.

Guardò in giù.

Era solo al primo piano. Tre metri di distanza.

La mano protesa si strinse a pugno.

Sapeva cosa fare.

• ✵ •

You said I'm too much to handle
You said I
Shine too bright, I burnt the candle
Flew too high

Una rozza corda di coperte intrecciate, mossa dal vento, pendeva da un balcone, mentre la principessa dai capelli color del carbone correva a per di fiato verso il centro di Auradon City, sguardo lucido e distante.

I won't take anyone down if I crawl tonight
But I still let everyone down when I change in size
And I went tumbling down tryna reach your high
But I scream too loud when I speak my mind

Fiato rotto e pesante. Guancie rosse e bagnate. L'incubo che terrorizzava Auradon dalla notte dei tempi, quella storia dell'orrore che raccontavi ai bambini per spingerli a comportarsi bene.

Vent'anni. Forse di più. Ormai era come un mito, una leggenda, qualcosa di troppo lontano, troppo surreale per considerarlo vero.

I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
The devil in me
I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
I don't wanna wake it up
The devil in me

Ma lo era. E loro erano stati abbastanza stupidi da dimenticarlo. Lei compresa.

Quella storia dell'orrore era sempre stata reale e ora ne pagavano le conseguenze.

Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, come back to life
Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, gotta wake up
Gotta wake up, come back to life

La silhouette della cattedrale comparve oltre la foresta di palazzi, le strade innaturalmente silenziose.

Esme strinse i denti, cercando di tenere a bada i pensieri che le si affollavano in testa.

Now I gotta wake it up
Now I gotta wake it up
Now I gotta wake it up
The devil in me
Now I gotta wake it up
Now I gotta wake it up
Now I gotta wake it up
The devil in me

Si fermò davanti ai portoni dell'edificio, cercando di recuperare fiato, non un voce, un segno di vita.

Per un attimo fu troppo spaventata da muovere un muscolo.

Poi, una luce verde filtrò dai vetri della cattedrale, forte, splendida, potente, ed Esme se ne sentì attratta come una calamita.

Carlos. — pensò, ancora una volta.

Spalancò le porte.

—— angolo autrice!

sono così esausta che non so neanche che scrivere. ci vediamo nelle note finali. passo e chiudo.

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