1.1 la storia che state per vedere è già stata raccontata tante volte




CHAPTER ONE
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I had a dream so big and loud
I jumped so high, I touched the clouds
Woah-oh-oh-oh-oh, oh, oh

IL GIORNO IN CUI Nicky incontra Mark Evans, lei è in ritardo, si è persa, e lui sta correndo per salvarsi la vita.

Hanno la stessa altezza, e i capelli di Mark sono corti, ciuffi ribelli che gli scappano verso i lati di un'orrida fascia arancione fluo, gli occhi di cacao grandi e tondi.

Urla mentre le finisce addosso e rovescia a terra le sue cose, che lei ancora non è riuscita a infilare tutte nella dannata tracolla che le hanno fornito al posto di uno zaino, e che giura non c'è modo possa contenere il suo cestino del pranzo, altra cosa che sua madre ha insistito a darle — così magi come dio comanda — al posto del suo solito panino in carta unta.

«Scusa!» lui le strilla dopo l'impatto, ansimando per l'evidente corsa per le scale. Nonostante la palese fretta, a suo eterno merito, si china a guardare con mortificazione il cuscus sparso sul pavimento. «Scusa, mi dispiace tantissimo»

Il giorno in cui Nicky incontra Mark Evans, è troppo amareggiata per la fine tragica del cuscus di sua madre — che nemmeno le piace, sia chiaro, ma lo spreco di cibo è una cosa che la intristisce sempre — per rendersi conto o concepire quanto questo ragazzo sudaticcio e trafelato le cambierà la vita.

«Sei morto, Evans!» rimboma una voce allo loro spalle, e una serie di teste si voltano istantaneamente verso di loro e i ragazzi che stavano salendo le scale smettono di farlo, stranamente eccitate alla promessa dell'evidente imminente spargimento di sangue.

Nicky apre la bocca.

«Giuro che non ho fatto niente!» la interrompe Evans, prima che possa parlare, la voce ridotta a uno squittio.

Nicky chiude la bocca.

Una figura esce da dietro l'angolo del corridoio, la luce che illumina una massa di capelli scuri e notevolemente curati, a cui segue il resto del corpo di un ragazzo con in testa gli occhiali da sole e la divisa delle classi dei senior. Ha talmente tanto profumo addosso — una roba costosa e pesante, da adulto — che Nicole, sentendosi un filo stordita, si sorprende come nessuno lo accusi di intossicamento l'aria.

Evans si gira di scatto, ma qualcun altro è arrivato dietro di loro, riuscendo ad avvicinarsi di soppiatto nonostante la sua notevole mole.

Il diretto interessato sorride, come un grosso bambino intrappolato nel corpo di un giocatore di football. «Andiamo, amico» dice, suonando quasi rassicurante «Tanto se non è lui oggi sarà, sarà qualcun altro domani»

«Ma preferirei che non fosse oggi» risponde Evans, ridendo un po' istericamente. Come in una sorta di felicità delirante. Sovraccarico sensoriale. Chi lo sa.

A Nicky piace immediatamente.

«Bene, bene,» il ragazzo col profumo si lecca le labbra, avvicinandosi «Dov'è il tuo amico Dragonfly, Evans? Perché non viene qui a dirmele in faccia, le cose? O è troppo cagasotto?»

A questo Evans si muove all'improvviso — Nicky non è certa se per cercare di scappare o per saltare addosso al ragazzo che minaccia alle sue narici — l'aria che diventa più pesante all'improvviso, come uno sbalzo di pressione, e le orecchie di Nicole si tappano con un fischio.

La mano del grosso giocatore di football sfreccia fuori, afferrandogli il polso per tenerlo fermo.

«Che vuoi fare, pulce? Fare a pugni?» l'altro ragazzo sogghigna, facendo schioccare la lingua in segno di rimprovero, come ai bimbi piccoli, come se lui non stesse facendo lo stesso. «Liam, non stavamo solo parlando di quanto sporca sia diventata la Raimon, in questi ultimi anni? Qualcuno dovrebbe ripulire le cose...»

Il giorno in cui Nicole incontra Mark Evans per la prima volta, non sa ancora quanti guai lui le causerà, ma si guarda intorno, e nessuno è lì per lui, e a nessuno frega, e lei fa la cosa più stupida possibile e si mette in mezzo a loro.

«Woo, ehi, ehi abbassiamo i livelli di testosterone prima che qualcuno svenga», dice allargando le braccia, mentre sia Evans che l'altro ragazzo, che in seguito Nicky scoprirà essere Paul, il capitano della squadra di basket a cui uno degli amici di Mark ha guardato - almeno a detta sua - per troppo tempo la ragazza, si fermano a fissarla.

«Devo essere onesta, non so cosa sta succedendo.» Nicole ammette, con voce leggera «Sono nuova e completamente favorevole allo spargimento di sangue, dico davvero, ma, vedete il ragazzo qui, Evans...ehm...»

«Mark» suggerisce Evans, velocemente.

Nicole schiocca le dita «Mark. Giusto. E' stato incaricato di accompagnarmi all'ufficio del direttore, e sarebbe un po' imbarazzante se per caso venissero a cercarmi e io dovessi spiegare che ero in ritardo per assistere a un'incontro di boxe, perciò...»

Allunga una mano verso il braccio Mark, il quale impiega un minuto di troppo per rendersi conto che sta cercando di salvarlo. Sbatte le palpebre, voltandosi verso Liam che sembra altrettanto sorpreso, rendendo abbastanza facile per Nicole far scivolare fuori Mark dalla sua presa.

Paul li sta fissando entrambi, leggermente sconvolto, ma Nicky ha già afferrato Mark per il braccio e lo ha trascinato via prima che possa seriamente rendersi di essersi appena fatto rubare il giocattolo.

Fissandoli con evidente delusione, i ragazzi intorno a loro girano la testa e riprendono a salire le scale.

"Come diavolo hai fatto", sbotta Mark, senza neanche provare a opporre resistenza al fatto che lei lo stia ancora trascinando, l'espressione un misto di genuino stupore e vaga ammirazione.

Nicky, che nemmeno pensava funzionasse, gli manda un sorriso trionfante. "Fico, eh?"

Quando ride, la risata di Mark Evans gli esce direttamente dalla pancia. Appena si fermano, le offre una mano che lei prende immediatamente: è enorme, callosa, e dura come cuoio.

Il che risulta strano quando scopre che Mark Evans, che ha una presa troppo solida per le dita ossute di a Nicky, ha quattordici anni come lei.

Così, prima volta che Nicole incontra Mark Evans, la colpisce la consapevolezza che, se lui avesse voluto, avrebbe potuto picchiare a sangue sia Paul e il suo amico, ma non l'ha fatto comunque.

"E' tutta colpa di Kevin" lui le dice, con un sospiro da genitore stanco. "Si diverte a far girare le palle a tutti, lo giuro, non so che devo fare con lui."

Nicky, che non ha idea di chi sia Kevin, annuisce comprensiva. "Parlamene, odio quando fanno così."

"Comunque," il sorriso di Mark Evans è una cosa enorme, gli riempie immediatamente tutto il viso e poi è l'unica cosa che vedi. "Se hai davvero bisogno di aiuto per arrivare dal direttore, ti ci porto io."

Nicky si guarda intorno, pensandoci su. "Ma in realtà, guarda, doveva portarmi mio fratello. Ma avrò preso il corridoio sbagliato e l'ho perso, perché..."

"Nicole" la voce di Nathan, che Nicky non riesce a capire se è pesante per il sollievo o per la preoccupazione, la fa voltare di scatto.

Suo fratello maggiore la raggiunge a grandi passi, "Ma mi vuoi spiegare come ti sei fatta a perdere alla Raimon? Ci sono le frecce, e uno sputo di persone e-" Nathan tace, e Nicole segue distrattamente il suo sguardo finché non capisce che ciò che l'ha mandato momentaneamente in blackout è stato Mark Evans.

"Voi due siete fratelli?" gli occhi di Mark si gonfiano mentre fra scorrere lo sguardo fra loro. Probabilmente cercando di cogliere le somiglianze.

Quand'erano ancora piccoli, e i loro capelli erano ancora della stessa lunghezza e Nathan non era diventato così alto, i loro parenti li chiamavano i gemelli.

Se Nicole non indossava rosa, la gente aveva bisogno di piegarsi e controllare il colore degli occhi per essere sicuri di non confondersi. E' sempre stata una cosa che la divertiva un mondo, e anche se crescendo l'hanno inevitabilmente persa, Nicky è ancora felice che sia così evidente che lei e Nathan siano fratelli. Con le stesse braccia sottili e la stessa forma vagamente all'insù del naso, i capelli della stessa particolare tonalità di azzurro.

Nathan si schiarisce la gola, "Sì, infatti, è arrivata da poco." spiega, anche se non sembra particolarmente felice di farlo, e poi il suo sguardo si sofferma di nuovo in faccia a Mark studiandolo più attentamente. "Che hai fatto?"

Nicole nota ora, la testa che fatica un po' a lavorare, il livido rossastro - che nel giro di ore diventerà viola - che spunta appena sotto lo zigomo di Mark, le nocche incrostate di sangue, le ginocchia della divisa rovinate da qualche caduta.

Un po' sconvolta, si chiede come abbia fatto a non vederlo prima, a non accorgersi. Ma Mark Evans sembra stare così bene, con quel suo sorriso enorme e la risata facile, come i bambini che dopo la caduta invece che piangere dicono di non essersi fatti niente. Tranne che se mentono è evidente, è Nicole non direbbe che Mark sta soffrendo neanche adesso, che ha le prove sotto gli occhi.

La prima volta che incontra Mark Evans, così, intuisce che questo ragazzo potrebbe andare in giro con le costole rotte, la febbre o qualche contusione, e quel suo sorriso sproporzionato non gli lascerebbe la faccia, ma Nathan ci guarda attraverso.

Mark ride, le guance arrossate come se avesse fatto la figura dello scemo. "Ma niente, sono scivolato per scappare da Paul e sono caduto. E poi ieri al fiume mi hanno preso a pugni."

Nicole è inorridita. "Ma sono cose che ti succedono spesso?!"

"Sei un disastro." commenta Nathan, suonando vagamente sconfitto, quasi esasperato, ma Nicole coglie la preoccupazione.

Mark gli offre il sorriso più luminoso del mondo. "Lo sai, non mi faccio buttare giù facilmente. Poi ieri c'era questo ragazzo...Nathan, te lo giuro, è stato strepitoso."

Nathan inarca il sopracciglio. "A prenderti a pugni?"

Mark si strozza. "Che? No! Nono, lui mi ha salvato. Gli è arrivato il pallone in aria e lo ha tirato dritto in faccia a quello che mi stava prendendo a pugni ed era tutto un woooosh!"

Nicole e Nathan si scambiano un'occhiata.

"Ma tu hai capito?"

"Neanche una parola." risponde Nathan, ma le sue labbra sono arricciate.

"Forse dovresti portarlo in infermeria."

"Dici?"

"Eh. Forse. Non lo so, magari a furia di prenderle ha una commozione celebrale o qualcosa."

"Io sono qui." farfuglia Mark, la bocca mezza aperta.

Loro lo ignorano.

"Ma tu ce la fai ad arrivare da sola in direzione?"

"Certo."

Nathan fa una faccia uguale identica a quella che fa il loro papà quando non crede a una parola di quello che lei dice, ma Nicole non pensa che gli farebbe piacere saperlo.

"Ho forse l'aria di una ragazza che non se la sa cavare?" chiede, sbattendo innocentemente le ciglia e Nathan sbuffa.

"Non ho bisogno dell'infermeria." si lamenta Mark.

"Non ti porto in infermeria, infatti, ti porto da Silvia. Così mi puoi parlare meglio di questo tuo...salvataggio ieri al fiume."

La faccia di Mark si illumina tutta d'un colpo. "Diamine, Nath, dovevi vederlo, il suo tiro..."











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Per i posteri, Axel ha sempre saputo, dal minuto uno, che è questa era una pessima idea.

Eppure questa mattina, quando prima che scivolasse fuori dal sedile del passeggero suo padre gli aveva chiesto se fosse sicuro, lui aveva risposto di sì.

Forse perché è stato talmente stano che sapeva di trappola. Quando l'aveva fermato, mano avvolta delicatamente intorno al suo polso,suo padre l'aveva stretto appena.

Come se stesse cercando di ricordargli che sono ancora entrambi qui. Anche se a malapena. Che c'è ancora per lui. E' la cosa più vicina a un ti voglio bene che Axel abbia ottenuto da mesi, ma non se n'è fatto niente.

Infondo, sa che non poteva tirarsi indietro davvero. Ormai l'aveva iscritto, e a suo padre non piace affatto fare le cose a caso, o allo sbaraglio.

Bisogna prendersi le proprie responsabilità, ripete sempre, bisogna che cresci, Axel, e capisci che le azioni hanno conseguenze.

Ma poi, comunque, non gli importa davvero.

Alla fine, perché dovrebbe?

Ha controllato e fatto ricerche, e la Raimon Jr. High è effettivamente stata l'unica opzione per riprendere il secondo anno.

L'unico liceo abbastanza vicino all'ospedale e abbastanza lontano dal campo da calcio della Kirkwood Jr. High da non doverci pensare. Voti alti. Ottima reputazione. Niente squadra di calcio. Gente nuova.

Non che importi.

Ad Axel difficilmente importa di qualcosa in questo periodo.

E' divertente. In fin dei conti. Di solito si pensa che sia la persona morta a diventare un fantasma.

«Tutto bene?»

Axel sbatte le palpebre, voltandosi verso la ragazza che aveva parlato, dondolando sui piedi poco lontano da lui, grandi occhi blu e i capelli tagliati in modo irregolare, la divisa della scuola stropicciata e il fiocco fatto male.

«Cosa?» chiede, facendo scivolare senza impegno lo sguardo lungo il corridoio, per essere certo che parli con lui.

Non c'è nessuno. Quindi purtroppo sì.

«Sì, insomma, sicuro di stare bene? Hai una faccia... stai lì a fissare la porta da un pezzo, e pensato...boh, magari sta male. Tu sei Axel Blaze?» parla molto velocemente, ma Axel, che sta lottando per tenere il passo, pensa che forse dovrebbe sentirsi un po' offeso.

Ma poi. Effettivamente sta fissando la porta da un pezzo, ed effettivamente sa di avere una faccia orribile, perché sta notte dopo essere rientrato tardi non ha dormito, ma di recente il mondo è un po' troppo sfocato e fuori fuoco perché Axel possa preoccuparsi di come appare.

"Sono io." conferma, senza tono, non risponde alla domanda sul suo stare bene. Primo, perché non pensa che a chiunque sia questa ragazza importi, e secondo...be'.

Lei è raggiante, e Axel sente il suo stomaco crollare al pensiero di essere incappato in una fan, rammaricandosi di essere troppo lontano dalle scale per una fuga rapida.

"Piacere, io sono Nicky" lei allunga la mano, e Axel osserva con disinteresse lo smalto giallo e rovinato che ha sulle unghie. «Mia madre mi ha detto che anche tu sei nuovo, quindi ho pensato che tanto valeva fare amicizia, no? I primi inizi sono uno schifo per tutti.»

Okay. Quindi non una fan. Ma sembra comunque saltata fuori da un libro per bambini, e la testa di Axel sta cominciando a fare male. Come fa qualcuno a parlare così in fretta?

Pensando di farla contenta, le stringe la mano a sua volta, senza dire una parola. Magari se capisce che non ha voglia, se ne andrà ad importunare qualcun altro.

«Io mi sono appena trasferita con mio papà.» Ecco. Evidentemente no. "In realtà sono nata qui, ma poi lui e mamma si sono separati e io sono andata con lui in America. Comunque, sono abbastanza felice di essere tornata. Dicono tutti che la Raimon è una buona scuola. Ha un sacco di club...non che io sia brava in qualsiasi sport, sai, faccio schifo, ma! mi piace guardare le partite, e mio fratello è nella squadra di atletica leggera. Tu che ne pensi?"

Axel fa del suo meglio per reprimere una smorfia, chiedendosi se sia normale andare in giro a dare agli sconosciuti tutte queste informazioni personali - di cui, a lui, francamente non importa niente - e spera non si aspetti che lui faccia altrettanto. Riflette per un attimo su quale sia la maniera più blanda possibile di rispondere.

«La Raimon sembra apposto.»

"Ah, guarda se me lo dici con quest'entusiasmo ti credo." lei ride, anche se non sembra neanche lontanamente infastidita - purtroppo - dall'atteggiamento di Axel.

Lui scuote la testa. E per la prima volta l'idea di suo padre di fargli prendere lezioni a casa gli sembra quasi allettante. "Sai chi c'è là dentro e quanto ci vuole?" chiede, indicando la porta con un gesto del mento.

«Ah no. Cioè, in teoria sì, li ho visti prima. Ero qui da un pezzo, sai, ma tu eri troppo occupato penso...a pensare, e forse non ti sei accorto. Comunque, ci sono il preside e una ragazza che non conosco...non che conosca nessuno, tipo, alcuni li conosco, ma non li conosco, perché è un livello di conoscenza molto basso, e di certo loro non conoscono me.»

Axel decide che non parlare più è la cosa più saggia da fare, ma il silenzio dura comunque circa sei secondi.

«Sai, sono proprio contenta che sia tu l'altro nuovo arrivato. Ero preoccupata che mi sarei ritrovata un tipo grosso e spaventoso come Gary Haltman, il che sarebbe stato veramente seccante...non fraintendermi, anche tu sei spaventoso, ma poteva andare peggio!»

Axel sbuffa suo malgrado «Pensi che io sia spaventoso?» non può fare a meno di chiedere.

Lei annuisce senza esitare. «Assolutamente. Terrificante. Quello sguardo serio e penetrante da serial killer?» rabbrividisce «Ma, ehi, come ho detto c'è sempre di peggio»

Axel quasi si soffoca con la risata che esce da lui in modo inaspettato.
E altrettanto inaspettato è il modo in cui chiede: «Tipo?»

«Ad esempio, sembri avere abbastanza decoro da non chiedermi di uscire e scoppiare in una crisi isterica quando ti dico di no»

Axel sente le labbra contrarsi e si morde la guancia. «E' successo?»

«Oh, ci puoi scommettere! È stata una scena raccapricciante»

Axel scuote la testa, guardando di nuovo verso la porta. «Se può consolarti non sono un serial killer»

Lei sorride, lo fa spesso, a quanto pare. «Accidenti, no che non mi consola, se lo fossi non me lo diresti!»

C'è il click della serratura prima che entrambi si voltino. C'è una ragazza davanti a loro, la divisa della scuola perfettamente stirata e lunghi boccoli ramati che le ricadono elegantemente dietro la schiena. Una bella ragazza, suppone Axel, più una costatazione oggettiva che altro. Ha smesso di curarsi di queste cose come di parecchie altre.

«Bene,» lei dice, il tono colloquiale «Vedo che avete già fatto conoscenza. Io sono Nelly, la figlia del direttore,
vi accompagnerò alla vostra classe e vi farò fare un rapido giro, così da non perdere ulteriore tempo.»

«Mi sembra fantastico» Nicole sorride, volendo evidentemente essere incoraggiante mentre Axel si limita a fissarla con aria assente.

La Raimon Jr. High è una scuola vecchia, ma Axel lo capisce più dagli infissi rovinati e i banchi pieni di scritte che dalle spiegazioni di Nelly Raimon, la quale invece ne parla come se fosse la settima meraviglia dell'universo. Axel immagina sia comprensibile, avendo il suo nome sopra.

Passano per corridoi luminosi, aule colorate di musica e laboratori con provette modellini e animali impagliati che sembrano terrorizzare Nicky a morte, e Axel è talmente disconnesso che non si rende nemmeno conto quando, fermandosi, Nelly indica a entrambi la loro classe.

Solo una porta che non ha assolutamente nulla di anomalo rispetto alla fila di altre lungo il corridoio, il numero due stampato su un foglio A4 e attaccato al muro.

Nicky sembra vagamente delusa, come a e si fosse aspettata degli animali di carta spiaccicati sul muro come alle elementari.

«Buongiorno ragazzi, professor Myer» composta come una bambola, Nelly sorride a tutti. Avrà più o meno la loro età, forse solo un anno sopra, ma  parla e si atteggia come se non avesse nulla di meno di qualsiasi altro adulto rispettabile lá dentro. Axel lo trova vagamente irritante. «Questi sono i due nuovi allievi.»

Lezione.

Vittime della noia i corpi cadono come mosche.

Quando vede i ragazzi sulla soglia, gli occhi da topo dell'insegnante si illuminano, eccitati dalla novità.

«Benvenuti, ragazzi» sorride, probabilmente soddisfatto dell'avere per la prima volta la totale attenzione della classe.

Nelly gli rivolge un'altro dei suoi sorrisi di cortesia e riafferra la maniglia. «Sono tutti vostri»

Una volta che la porta si richiude, Nicky è la prima a capire che dovrebbero entrare. Saltellando, afferra un gessetto e scribacchia il suo nome alla lavagna.
Sembra a suo agio, come se fosse qualcosa che ha già fatto molte volte.

Vista la quantità di bandiere e spille che ha già attaccato sulla sua tracolla, Axel presume sia vero.

Axel la imita, e la classe piomba nel silenzio mentre i ragazzi allungano i colli per vedere meglio, affamati di distrazioni. È una classe numerosa, i banchi separati a uno a uno su quattro file diverse, grandi finestre che danno sul lato assolato dell'edificio.

Poi un ragazzo della terza fila sussulta, e scatta in piedi così in fretta che la sedia stride sul pavimento mentre lui usa la testa del ragazzo avanti per sorreggersi, gli occhi e la bocca spalancati.

Axel lo riconosce. È il ragazzino che ha salvato ieri da quei due ragazzi.

Axel sapeva che fosse una cattiva idea.

Axel finge di non vederlo.

«Ma tu...tu sei...» balbettando, Mark Evans lo indica col dito come un miraggio.

Nicky fa passare lo sguardo da uno all'altro, poi si copre la bocca con la mano e si fa più vicina ad Axel.

«Penso ce l'abbia con te» mormora, e nel silenzio la sentono tutti comunque, ma Axel apprezza lo sforzo.

Il professore fa un sospiro come se si sentisse di colpo molto, molto stanco. «Evans, Evans, Evans. Si può sapere che ti prende adesso?»

«Prof, forse deve andare al bagno, lo sapete che Mark quando vede i bei ragazzi si eccita!» abbaia qualcuno dall'ultima fila, e l'aula scoppia immediatamente in un tumulto osceno di risate.

La faccia di Mark Evans diventa completamente rossa. Gli unici che non ridono, oltre ad Axel e Nicky, sono una ragazzina seduta affianco a Mark e il professore, che cerca invano di riportare l'ordine, e Axel sente un moto di rabbia attraversarlo.

Non ha mai sopportato questo genere di cose, ma Mark Evans sembra esserne una calamita. Ieri quando passeggiando lungo il fiume per caso è imbattuto in lui, lo aveva trovato a terra, messo in ginocchio da due ragazzi dell'Università che lo stavano pestando a sangue in mezzo al campo da calcio: una bambina aveva tirato contro di loro la palla mentre si stavano sballando, e lui si era preso la colpa.

Al professore ci vogliono circa cinque minuti per far finalmente tacere il baccano e alla fine, accusando i suoi allievi di metterli tutti in imbarazzo, li presenta.

«Ragazzi, questi sono Axel Blaze e Nicole Swift, e da oggi saranno vostri compagni qui alla Raimon Jr. Hight»

Indica Axel con un gesto della mano «Finora, Axel ha frequentato la Kirkwood, giusto?»

Axel, che immagina si aspettino che lui dica qualcosa, dice: «Giusto.»

Il prof, che sembrava aspettarsi qualcos'altro, si rivolge in fretta a Nicky.

«Mentre Nicole si è appena trasferita dagli Stati Uniti, non è vero?»

«California» concorda lei, e il suo sorriso invade la stanza con un'ondata di calore. «Ma mi piace, qui da voi. È davvero bello non rischiare l'insolazione ogni volta che esco da un'edificio.»

C'è qualche risatina sparsa, a questo. Axel pensa distrattamente che forse avrebbe dovuto avere qualcosa di altrettanto divertente da dire.

Ma alla fine, immagina che le persone divertenti lo siano principalmente per trovarsi degli amici. Qualcosa di cui Axel non ha bisogno.

«Bene, potete andarvi a sedere, aprite tutti i libri a pagina dodici e riprendiamo la lettura...»

Nicole va avanti, sorride a tutti, in particolare a Mark Evans, verso il quale si protende  per dargli una stretta amichevole sul braccio. I due banchi liberi, uno dietro l'altro, sono subito affianco alla finestra e Nicole prende possesso dell'ultimo, lasciando che Axel le si sieda davanti.

«Tu coprimi, così io dormo.» gli bisbiglia, sporgendosi in avanti, e porgendogli un pacchetto di gomme. «Vuoi?»

Axel la guarda senza espressione. «No.»

Per qualche ragione, questo la fa ridere, e questa è stata più o meno l'inizio della loro amicizia.

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Quando suona la campanella dell'intervallo, i ragazzi chiudono con colpo i libri si fiondarono fuori.

Il professore non ha fatto in tempo a terminare la lezione, rimanendo con la bocca ancora aperta e la frase a metà.

Cerca invano di richiamarli, ma quelli sono già schizzati via, nei bagni e giù in cortile.

Sono bastate poche ore lì per far capire a Nicole che quella non è esattamente una classe modello.

Le piace, come le piace il nuovo quartiere. Pieno com'è di alberi in fiore e con un buon odore.

È arrivata alla conclusione che le grandi città hanno una specie di pudore riguardo al colore, come se considerassero sconveniente usarne troppo sui muri o lungo le strade, ma pensa che ad Erik piacerebbe un sacco.

Come una pantera sulla preda, Mark Evans si alza ed è già addosso ad Axel, che ha la guancia pesantemente poggiata sulla mano e lo sguardo perso oltre la finestra.

Nicole giurerebbe che sia rimasto così per tutta la mattinata, eppure il suo quaderno è pieno zeppo di appunti.

«Ciao Axel!» Mark sorride, l'imbarazzo causato dalla scena della mattina evidentemente superato. Sul viso, dove Paul gli ha procurato un livido - o forse i ragazzi del giorno prima? - qualcuno ha sistemato un cerotto. «Ieri non credo di essermi presentato proprio nel modo migliore. Io mi chiamo Mark, molto piacere, sono il capitano della squadra di calcio della scuola e faccio il portiere!»

Porta le mani avanti alla parola portiere, tanto per chiarire il concetto, e Nicole ripensa a come avesse trovato strane le sue mani così dure e piene di falli quella mattina, trovandovi adesso la spiegazione.

Portiere. Colui che difende la porta, salva la squadra all'ultimo, prende i colpi peggiori. Il ruolo perfetto per Mark Evans.

«Perché non ti unisci a noi? La Kirkwood ha sempre avuto una squadra di calcio molto prestigiosa!» sorridendo ancora, Mark dà un calcio all'aria «Dev'essere per questo motivo che hai un tiro fenomenale!»

Axel fissa per un secondo come se davanti avesse una specie di grosso insetto fastidioso.

È un bel ragazzo, Axel, con quel tipo di bellezza casuale che fa sciogliere le ragazzine, i capelli biondi e spettinati e il fisico asciutto, la pelle scura priva di imperfezioni, una collana che è scivolata fuori dalla divisa e gli anelli sulle dita. Eppure, c'è qualcosa in lui che Nicky trova fuori posto.

Forse è il portamento, così rigido che sembra che qualcuno gli stia costantemente sussurrando all'orecchio di stare dritto, o forse gli occhi. Di un color caffè così scuro da sembrare neri e troppo espressivi per il distacco della sua espressione. Non sono occhi indifferenti, anche se Axel sembra sforzarsi da morire per renderli tali. Non sono occhi freddi.

Sono braci morenti, sotto la cenere, fredde solo se non ti avvicini abbastanza.

Nonostante questo, Mark Evans non sembra vacillare nemmeno un po': «Allora, ti va?»

Axel si volta, probabilmente per non fargli vedere il suo viso contrarsi in una smorfia.

«Ho mollato.» taglia corto, «Non gioco più a calcio.»

«Hai mollato? Come mai?» la voce di Mark è più gentile ora,  come se avesse potuto percepire il suo peggioramento dell'umore. La cosa sembra solo far irritare Axel di più. Come se la compassione di Mark Evans fosse in qualche modo un affranto personale.

«Non sono affari tuoi.» dice, e non alza la voce, ma è come se lo facesse. Mark ammutolisce all'istante.

Nicky scatta in piedi. «Oh, mamma, ho una fame!» esclama, rendendo la sua espressione il più esagerata possibile. «Axel, vieni a mensa dai.»

Il ragazzo sbatte le palpebre, facendosi appena un po' indietro. Sembra aver realizzato che non gli è stata posta una domanda, ma Nicky non gli dà il tempo di elaborare.

«Dai su, andiamo? Ho perso tutto il mio pranzo sta mattina lungo le scale, potrei svenire se non mangio qualcosa.»

Come un robot a cui è stato appena ordinato che fare, Axel si alza in piedi, infila le mani in tasca e supera Mark, che sembra ancora vagamente mortificato mentre li guarda uscire.

Nicole riesce appena a prendere in mano la maniglia che la porta le si spalanca in faccia, colpendola dritta sul naso.Vede tutto bianco mentre il ragazzo che l'ha appena tramortita corre dritto verso Mark.

«Capitano, ho brutte notizie. Mi sa che sta volta il club di calcio lo vogliono chiudere davvero.»


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«Sei stato più veloce, sta volta!»

Nathan le sorride quando lei gli passa la borraccia dell'acqua, il petto che si alza e si abbassa per lo sforzo, i ciuffi di capelli che sfuggono alla coda appicciati al viso. «Lo dici solo per farmi sentire meglio.»

Il lunedì pomeriggio, ci sono gli allenamenti di atletica leggera, i chiodi degli scarpini che corrono sulla pista dalle tre del pomeriggio alle cinque e mezza.

Le gare di velocità, che sono quelle che a Nathan interessano, possono andare su distanze fino a 400 m.
I 100 m e i 200 m sono considerati gare di velocità pura, i 400 m gara di velocità prolungata.

Le piace guardarlo correre.

Suo fratello è una persona che ha tante cose da dire, ma non lo fa mai. Quando è sulla pista, però, è come se urlasse. Spinge e spinge e spinge e non si ferma mai finché non ha superato tutti, finché non ha vinto.

Per questo, anche se ormai sono le cinque e mezza e la pista è vuota, loro sono ancora lì.

«Ti avevo detto che potevi andare, Nicky, io ancora ci metto un po'» Nathan le ripete, asciugandosi il mento col dorso della mano.

«Non ho niente da fare.» Nicole dice velocemente, «E magari dopo possiamo fare un giro insieme, prenderci un gelato, se ti va.»

Suo fratello la guarda un po', e per un secondo sembra deciso a dirle di no. Sono stanco, Nicky, davvero, la prossima volta. Ma, come sempre, la sua risposta è:
«Dai, va bene.»

Nicole sorride vittoriosa. Suo fratello maggiore non è mai stato bravo a dire di no per niente.

«Come ti sei trovata, bene?»

«Mh si.» Nicole prende a sua volta un sorso dalla borraccia, facendo dondolare i piedi. «È carino qui.»

«Ti manca la tua vecchia scuola?»

«Un pochiiino...» Nicole storce le labbra «Nel senso, mi manca Erik, sai, i miei amici che avevo lì. Ma alla fine sono abituata.»

«A cosa, cambiare ambiente?»

Nicole abbozza un sorriso. «Lasciare andare le cose.»

«Ah, menomale, siete ancora qui!»

Lei e Nathan abbassano la testa contemporaneamente verso la pista dove Mark Evans sta correndo per venire loro incontro, un cartello caricato sulle spalle e la divisa da portiere della scuola addosso — verde e arancione e tanto consumata che sembra che lui la usi anche per dormire.

Sul cartello, scritto in fretta e a lettere cubitali completamente storte, è stato scritto "CERCASI GIOCATORI PER LA SQUADRA DI CALCIO" con ventina di punti esclamativi e la parola CALCIO in rosso.

«Ei, Markie!» Nicky lo saluta, trovando il tutto divertente da morire, «da chi stai scappando sta volta?»

«Uh, no, no nessuno, sto solo...» Mark cerca di riprendere un attimo fiato, «Sono due ore che mi giro tutti i club, e quelli del sumo mi stavano per prendere a calci.»

Nathan sembra assolutamente esasperato quando chiede: «Che hai fatto alla fronte?»

Mark lascia andare una risatina nervosa. «Palla da tennis.» dice, come sé questa dovesse essere una risposta sufficiente.

«Ma quindi, fammi capire, la squadra esiste ancora?»

«Nicole!»

«Che c'è, mi hanno quasi rotto il naso per dire che stavano per scioglierla!»

«Be', in effetti l'intenzione c'era.» La faccia di Mark si fa scura ma dura solo un secondo.   «Ma ci hanno dato una seconda occasione e questo è l'importante!»

«Una seconda occasione? Ma è fantastico Mark.» Nathan gli sorride, la voce gentile.

«Mhmh.» conferma Mark, lo sguardo che vaga altrove. «Ci hanno proposto una partita. Contro la Royal Academy.»

Nathan si strozza con la sua stessa saliva. «Contro chi

Nicole fa scattare gli occhi dall'uno all'altro, «Ma non sono tipo, la squadra più forte del paese o cose simili?»

Le guance di Mark si accaldano. «Be', sì, e sono anche imbattuti da quarant'anni, se è per questo ma è un bene!»

Nathan lo guarda con la compassione che si riserva a un delirante «Un bene?»

«Sì!» Mark conferma con forza «Perché dato che loro non si aspettano di perdere, noi possiamo prenderli alla sprovvista!»

«Mark, senza offesa,» Nathan scuote la testa, mezzo sorridendo, mezzo sbuffando. «Ma per prenderli alla sprovvista dovreste almeno saper giocare. Non siete in sette?»

«Esatto!» Mark sorride, gli occhi spalancati per l'eccitazione come se Nathan avesse fatto centro «Qui ti volevo! Ho bisogno di giocatori, e quindi, ecco, ho pensato a te.»

Qualunque cosa Nathan si aspettasse che Mark  dicesse, non era questo, e per un attimo rimane lì, sbattendo le palpebre.« A me?»

«Sì, sei la persona più veloce che conosca!» conferma Mark, con sicurezza, come se non riesca neanche a credere che lui stesse esitando.

«Mark io ti ringrazio ma...» Nathan esita e di lato Nicole nota che le sue orecchie sono diventate un po' rosa al complimento «non so neanche come si usa una palla.»

«Nathan ma tu mi hai sempre detto che volevi misurarti con gli atleti migliori del paese, quando ti ricapiterà una cosa del genere?»

Nathan sembra di nuovo interdetto. «Be' ecco...mai, tecnicamente, ma qui...Mark non si parla di atletica.»

«Tu pensaci, va bene? Magari vieni a vederci allenare...stasera andiamo tutti alla piazza sotto la Steel Tower, ti aspetto lì!» allungandosi per dargli una stretta sul braccio, Mark rivolge sia a lui che a Nicky uno di quei suoi sorrisi da un milione di watts, prima di rimettersi a correre verso chissà quale club.

Nathan lo segue con lo sguardo, per un po', poi sospira. «Certo che è proprio pazzo.»

«Dai, è carino.» Nicole ride, dandogli una spintarella «Senti, ma perché non provi?»

Nathan sbuffa. «Ecco, sei impazzita anche tu.»

«No, perché? Alla fine magari ti ci diverti.»

«Nicole, non so giocare a calcio.»

«Be' insomma...alla fine non è che vinceranno, si tratta solo di dare una mano a Mark, no?»

Nathan si morde il labbro, chiaramente un po' inconflitto. Non è mai capace a dire di no.
«Non lo so, e al coach che dico?»

«Boh, alla fine le gare di atletica non sono finite? Che vuoi che ti dica.»

Nathan sospira. «Dai, ci penso, magari lo raggiungo.»

«Senti, tu vai a farti un giro, se non ti va proprio lasci stare, no? Alla fine faresti solo un favore a Mark. È stato carino a pensare a te, no?»

«Sì lui...» Nathan sorride appena, «Siamo buoni amici.»

Nicole gli dà un colpetto sulle spalle «Dai, io vado a casa allora, ti aspetto per mangiare?»

Lui le sorride. «Okay. Non dovrei metterci molto comunque.»

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