7. l'esatta arte delle cazzate

CHAPTER SEVEN

«Che siano scritti in codice?»

«Forse è in un'alfabeto straniero?»

«No» Nathan scatta, la voce tragicamente definitiva «Sono soltanto degli inutili scarabocchi»

«Degli scarabocchi?» ripete Timmy, indignato.

«Brutti, per altro» Nicole canta, sdraiata di lato con le gambe contro il muro e la testa sul pavimento.

Lo fa da quando aveva sei anni, perché giura che la aiuta a pensare.

«Insomma sono illeggibili» si lamenta Jack.

Kevin strizza gli occhi, poi dice, piuttosto deciso, «Non ce ne facciamo niente»

Uno sguardo corre fra lui e Nathan prima che entrambi si voltino, abbaiando in coro: «DÌ QUALCOSA MARK!»

Dopo circa otto minuti di solido silenzio, il loro capitano alza la testa di scatto, ancora in piedi e tutto intento a sfogliare carta straccia: «FANTASTICO!» grida, lanciando loro uno sguardo eccitato «Qui parla del segreto della Mano di Luce!»

«TU RIESCI A LEGGERLI?!»

Nicole ride incredula dal suo posto sul pavimento. Nathan è dall'altra parte, sul tavolino, e Axel sull'unica sedia, ogni altro angolo della stanza pieno.

Mark fa loro un sorriso gigante: «Perché ho letto gli appunti sugli allenamenti del nonno» dice, la scintilla nei suoi occhi che suggerisce che sa esattamente cosa sta facendo anche se Nicky ne dubita fortemente, «Effettivamente anche di quelli all'inizio non capivo niente, ma un po' alla volta sono riuscito a decifrarli!»

«Potevi anche dirlo prima!» brontola Nathan, e Nicole lo guarda lottare per mantenere una faccia seria mentre Mark gli saltella accanto, sistemandosi vicino a lui.

«Mi dispiace» ridacchia, anche se non sembra minimamente pentito.

Nathan lo guarda un po', un misto di esasperazione/affetto/qualcos'altro che gli ammorbidisce lo sguardo.

Axel, un braccio poggiato sulla testiera della sedia, scuote la testa con aria apparentemente sconsolata mentre il loro capitano riprende a cercare.

Cadono tutti in un silenzio contemplativo, in attesa di una sorta di dono dall'universo, ma non arriva nulla.

Nicole resiste circa cinque secondi.

«Comunque» lei annuncia, perché è dannatamente brillante quando ha la testa capovolta. «Ho un piano d'azione per dopodomani sera»

Axel alza le sopracciglia. «Lo giuro, se è di nuovo per quella festa—»

«Certo che è di nuovo per quella festa!»

«Che festa?» chiede Steve, sbattendo le palpebre.

«La festa a cui voi parteciperete se vincere la partita!» sibila Nicole sorridendo a tutti.

Kevin sospira. «Cazzo, non voglio nemmeno saperlo.»

«No, probabilmente no,» concorda Nathan, che è rimasto insolitamente silenzioso fino a questo momento ma ora ha preso a pizzicarsi il ponte del naso «Di che si tratta?»

«L'ha organizzata Myriam, lei-»

«Myriam Dave

«Sì, dicevo, lei-»

«Noi» Sam fa un'ampio gesto delle braccia, come se volesse avvolgere la sede tutto d'un colpo «A una festa di Myriam Dave?»

«Ehm, sì, ora se noi-»

«Non c'è modo» sentenzia Kevin.

«Percheee?» piagnucola lei, apparentemente sfinita.

«Perché le ragazze del tennis ci odiano»

«E anche quelle della pallavolo» aggiunge Timmy, saggiamente.

«E del basket»

«E di-»

«Okay, okay ho capito!» Nicole sbuffa, poi si solleva e si scrolla di dosso così da poter rivolgere a tutti uno sguardo curioso, «Si può sapere che gli avete fatto?»

«Non guardare noi, guarda Mark!» protesta Steve, sembrando per qualche ragione sinceramente offeso.

«Ha chiesto loro il campo qualche volta di troppo» risponde semplicemente Tod, scrollando le spalle.

«E abbiamo sempre fatto figuracce»

«Uh, come quando Kevin ha sbagliato quel tiro che è finito proprio in faccia a Michelle Johnson-»

«Avevamo detto di non parlarne più!»

«O quando Sam ha confuso gli spogliatoi e...»

«Chiudi quella bocca, Steve!»

«Siete senza speranza» Nicole cede, sembrando sconcertata. Fa una pausa, prendendosi un secondo per pensarci: «Il che è una cosa positiva!»

Le sopracciglia di Kevin si aggrottano mentre guarda Nicole accigliato,«È una cosa positiva se siamo degli sfigati?»

«Sì!» gli dice Nicole con un sorriso feroce, dandogli una spinta all'anca piuttosto vigorosa «Perché, se ci pensi bene, nient'altro può andare storto se siete già messi così male!»

«Uh, grazie tante»

«Prego» dice allegramente lei, dando un'occhiata di incoraggiamento agli altri «Ve lo dico io, se vincete la partita scalerete la piramide sociale come l'Everest!»

I ragazzi si dissolvono immediatamente in uno sproloquio di ringraziamenti e sogni ad occhi aperti, già praticamente lì, escluso Axel, che sta mettendo in dubbio le sue scelte in fatto di amici. 

Jim è diventato così rosso che sembra prossimo allo svenimento alla sola prospettiva

«Fate quello che volete, ma non contante su di me» dichiara Kevin, seccamente «Non vengo, ho già abbastanza rogne»

«Oh, ma tu non puoi lasciarci lì da soli, vero Gill?» Nicole fa gli occhioni. La triste Nicky è il punto debole di Kevin e lo sanno tutti «Non lo faresti»

«Uh» la faccia di Kevin si accartoccia come se stesse soffrendo, spingendola via «Come fa Nathan a convivere con te? Sei una piaga»

«Aw ma Kevin» un sorriso brillante «Sono la tua piaga»

«TROVATO!» Mark li interrompe, bruscamente, puntando il dito su qualcosa di vagamente simile a un'omino stilizzato, completamente su di giri: «Ho trovato una tecnica che può farci vincere! Si chiama Trampolino Inazuma!»

«Diamine, Evans, pensi mai a qualcosa che non sia il calcio?» Nicole sembra in qualche modo scivolare ancora di più lungo il pavimento, afflosciandosi come una bestia ferita;  «Dì un po', ne parli anche quando sbacciucchi la Raimon?»

«Io non sbacciucchio Nelly!» Mark sbotta velocemente, le guance arrossate.

«Ah!» Steve scoppia immediatamente in un sorriso e si mette una mano sul petto. «Avete sentito, ragazzi? È Nelly adesso»

«Sono praticamente sposati»

«Ooh, Nelly» geme Nicky, prontamente, abbassando la voce in un'imitazione sorprendentemente accurata di quella di Mark, «Aspetta di vedere la mia nuova tecnica speciale...»

«Eurgh, non essere disgustosa!» Nathan la colpisce con un piede, facendo una smorfia, e Nicole sibila dalle risate, quasi piangendo.

Ancora seduto, Mark sembra desiderare il dolce rilascio della morte.

Nathan fa un rumore soffocato, sbuffando. «Va' avanti, Mark»

«Sì, Mark, vai avanti» dice Kevin, completamente divertito «Parlaci del tua nuova strategia...»

«VA BENE, ve la leggo!» Mark dichiara, enfaticamente, le orecchie arrossate mentre si massaggia la nuca «Allora—oh, andiamo, volete piantarla?»

«Sì, Gill» Nicole prende profondi respiri e si sporge per colpire le gambe di Kevin, «Piantala, stai imbarazzando il bambino»

Kevin sbuffa «Sì, scusa, avevo dimenticato di star parlando con Mark»

«Ehi!» lui protesta, ancora più rosso.

«Così innocente, il nostro capitano»

«Un angioletto»

«Praticamente un cucciolo»

«Credi che almeno sappia di cosa stiamo parlando?»

«Ora che mi ci fai pensare, forse questo era troppo avanzato,» ansima Kevin tra le risate, perché sono oggettivamente persone malvagie «Possiamo iniziare in modo più semplice. Vedi, Mark, baciare è quando due persone...»

«E con questo direi che puo bastare» Nathan sbotta, la sua voce una specie squittio acuto che è costretto a tossire via, sventolando casualmente la mano in direzione di Mark «Credo che lo abbiate rotto»

In effetti, il loro capitano sembra in pericolo di esplodere.

Nicole fa per aprire di nuovo bocca ma Axel le rifila un'occhiataccia, facendola fingere di svenire fra le braccia di Kevin.

Nathan scuote stancante la testa, rifilando a Mark un colpetto sulla spalla «Tornando agli appunti»

«Sì, ecco» Mark reindirizza la sua attenzione, decisamente senza guardare né Kevin né Nicole. Si schiarisce la gola: «Un giocatore fa un bel salto, dopo di che un altro giocatore lo usa come trampolino, un salto e bum! è questo il segreto del Trampolino Inazuma»

Lui sbatte le palpebre e c'è un attimo di silenzio prima che Bobby frani a terra, portandosi con sé la fila di copertoni su cui era seduto.

Nicky che si sta praticamente rotolando sul pavimento dalle risate mentre gli altri crollano gli uni sugli altri.

Nathan morde il suo sorriso, una mano ancora sulla spalla Mark mentre lotta contro la risatina che gli sta risalendo in gola, impotente: «Mark, senti— come se la cavava tuo nonno a scuola, andava bene nei temi?»

Mark gli sta lanciando ancora quello sguardo - lo sguardo di quel cane appena investito da un'auto - i denti che giocano con il suo labbro inferiore. «Ecco, vedi, da quel che so sembra che si dedicasse soprattutto al calcio...»

Kevin sbuffa, tirandosi su e spintonando Nicole da un lato, che fa fatica a respirare; «Smettila Mark, ci hai fatto credere chissà che e poi tutto si risolve con un salto e bum»

Mark, ancora un po' arrossato, dà a tutti uno sguardo carico di cieca determinazione, raddrizzando le spalle: «Io posso dirvi con certezza che il nonno non diceva bugie, ciò vuol dire che qui c'è davvero scritto il segreto del trampolino Inazuma, si tratta solo di capirlo e metterlo in pratica!»

Nathan alza gli occhi al cielo così forte da inclinare la testa «Si può sapere da dove ti viene tutta questa fiducia?»

Mark si volta, sorridendogli.

Una grande cosa luminosa.

Immagina che non lo sapranno mai.

***

Quindi.

C'è un tipo nascosto dietro al palo della luce.

No, okay, c'è un ragazzo nascosto dietro al palo della luce, infilato nello stretto spazio fra quello e la ringhiera che delimita il cortile della scuola.

Un ragazzo che — Nicole capisce, qualcosa come il riconoscimento che le strattona il retro del cervello — se socchiudi gli occhi è sospettosamente simile a Jude Sharp, il capitano della Royal Academy con i rasta e gli inquietanti occhialini da aviatore.

Jude Sharp che probabilmente starà morendo dal caldo, perché fuori ci sono 35° al sole e lui sono diversi minuti che se ne sta lì, aspettando chissà cosa, con la giacca addosso; almeno non ha portato il mantello.

Nicole riesce a ma la pena a registrare tutto questo prima di alzarsi dalla panchina dove stava inutilmente lottando con gli appunti di storia e andargli alle spalle.

Che, okay magari non è davvero l'idea migliore.

Ma poi, questo non l'ha mai fermata prima.

«CHE STAI FACENDO?»

Jude Sharp si gira di scatto, sembrando pronto ad attaccare per qualche ragione, per poi rilassarsi con una velocità impressionante quando si rende conto di chi ha davanti, spalle che si rilassano e viso che si appiattisce.

Nicole insiste, sentendosi ingiustamente divertita dall'intera situazione per riuscire a tirarsi indietro: «Non lo sai che questa è zona riservata?» lei chiede, la voce grossa «C'è l'hai il permesso di stare qui? Ce l'hai o no?»

Le sopracciglia di Sharp scattano verso l'alto e Nicole deve soffocare una risata «Scherzo, tranquillo» lei sorride, allungando la mano verso di lui. «Mi chiamo Nicky», dice, con gli occhi che danzano, «e tu sei?»

«Mi chiamo David» lui dice, accigliandosi mentre guarda la mano tesa di Nicole. È una cosa strana, il vetro spesso degli occhiali che non rendendo visibili gli occhi dà l'idea di  essere scansionati da una macchina.

Lei ride, «Che c'è? Preoccupato che ti infetti con i miei germi e ti faccia credere nel potere dell'amicizia? Hai passato tanto qua fuori che hai appena dimenticato come tenere una conversazione con un'altra persona vivente?»

È subito evidente che Sharp non apprezza quell'analisi della situazione  «Ci conosciamo?»

Nicole arriccia le labbra, divertita dal nome falso come se stesse giocando a una specie scherzo, gli fa l'occhiolino «No, David, per questo mi sono presentata, onestamente, pensavo fossi tu quello intelligente»

L'altro ragazzo la fissa con aria assente «Cosa—»

«Be' non sono io quella in piedi dietro il lampione di una scuola media con il sole a picco, giusto?» lei sorride, brillantemente «Chi stai aspettando?»

«Cosa?» lui ripete, inarcando entrambe le sopracciglia sta volta — ha sopracciglia molto espressive, Nicky sta imparando. A quanto pare è la sua parola preferita.

Nicole agita distrattamente la mano, petulante «Sì, sai, stai aspettando la tua ragazza? O ragazzo? Conoscente? È un po' presto per iniziare a fare lo stalker, quanti anni hai?»

Jude/David/Sharp stringe le labbra, vacuo, come se avesse appena subito un qualche tipo di danno celebrale.

Nicole inclina appena la testa: «Lo sai, evitare le domande è esattamente quello che farebbe uno stalker»

«Che—non sono uno stalker!»

«Ecco, l'hai rifatto»

C'è il minimo guizzo della bocca di Sharp che potrebbe essere scambiato per un sorrisetto.

«Sto aspettando un mio amico, e onestamente, non sono affa—»

«Dietro un palo?» lei insiste, storcendo le labbra «Ma non hai caldo?»

«Come stavo dicendo», risponde seccamente Jude/David «Non penso che siano affari tuoi»

«Uh, questo era freddo.»

Jude/David guarda dall'alto in basso Nicky, come se avesse a che fare con una bambina, «Scusami, posso fare qualcosa per te?»

Un'ampio sorriso «In realtà, no, mi annoio e basta»

Lui la fissa per un lungo minuto, poi  si volta e se ne va.

Nicole farfuglia per un secondo, poi balza in avanti per corrergli dietro. Cammina all'indietro per guardarlo in faccia «Ehi, e ora dove stai andando?»

«Oh, gioia, mi stai seguendo» lui commenta, come se fosse sofferente, e Nicky direbbe che sta alzando gli occhi al cielo, peccato che non può.

«Lo sai, la tua capacità di sembrare completamente morto dentro è ammirevole» lei dice, continuando a sorridere nonostante il buco nero emotivo che ha davanti.

Jude/David rallenta fino a fermarsi, la faccia contratta un un cipiglio: «Sì può sapere che vuoi

Lei scrolla le spalle «Come ho detto, sono annoiata, non dovevi aspettare il tuo amico?»

«Ho altri posti dove andare»

«Be', ne dubito, dovevi essere piuttosto convinto per arrivare qui dall'altra parte della città con—cosa, la metro?»

Jude le labbra strette in una linea sottile, sembrando assolutamente infelice di questo sviluppo «Cosa?»

«Hai preso la metro?» lei ripete, cordialmente «No? Be' male uguale, diamine, ne hai forza di volontà per arrivare qua con il caldo che fa solo per guardare Mark tirarsi in faccia un copertone»

«Scusami?»

«Dico solo che è ammirevole» Nicole riflette, guardandolo con curiosità mentre lui si inchioda sul posto, rigido «Insomma, non hai altro da fare? Tipo, allenamenti con i razzi spaziali o robe del genere?» 

Jude la guarda per per un momento, occhi - almeno, Nicole crede - e bocca spalancati prima che il suo viso si contorca di nuovo in un cipiglio; «Non so di cosa stai parlando» dice, molto lentamente e Nicole agita pigramente le dita verso la scuola, gli occhi scintillanti. 

«Be' se volevi vedere Mark e i ragazzi allenarsi bastava che chiedessi, lo sai? El Capitan non farebbe problemi, e Kevin brontolerebbe un po', ma alla fine se ne farebbe una ragione. Non c'è bisogno di prendersi un'insolazione, davvero» 

«Non sono qui per vedere gli allenamenti» risponde Jude/David, le parole che scivolano fra i denti serrati «Si può sapere chi sei?»

«Te l'ho detto, sono Nicky» ripete Nicole, e Jude si limita a fissarla, quindi lei sospira «Sai, la sorella del tipo a cui hai tirato una pallonata in faccia? O, ehm, hai ordinato di tirare una pallonata? Capelli blu, stra-fico, fa il difensore?» 

C'è qualcosa come la consapevolezza che scuote Jude/David dalla testa ai piedi. Non sembra particolarmente felice della situazione, anzi. 

Ha di nuovo quell'aria di star per ammalarsi.

 «Sì è buttato in mezzo» lui dice, ponderatamente. Nicole sbuffa un po'.

«Ehi, non ho mai detto che lui sia un genio» lei dice, facendo svolazzare le dita «Ma non preoccuparti, tempi disperati e tutto il resto, non sono arrabbiata»

Jude fa un sospiro aspro e borbotta «Che cosa vuoi?»

«Cosa voglio?» lei sbatte le palpebre.

«Per stare zitta su questa faccenda» lui scatta, le narici appena dilatate. 

«Che? Niente!» Nicole si richiama all'istante, scoppiando poi in un sorriso «Certo, magari la prossima volta che vieni qui a spiare potresti fare più attenzione, sai? Potresti provare un berretto» 

«Un berretto?» Jude si pizzica il ponte del naso, come uno con un forte mal di testa.

«Sì, be', nei film funziona» Nicole risponde, tamburellando le dita sulla tracolla della sua borsa «Così non sei esattamente sottile, hai qualche malattia agli occhi o qualcosa del genere? Uh, no, okay, forse questo non dovevo chiederlo, non è carino. Fai finta di niente!» 

 «No, nessuna malattia» lui sbuffa, le labbra che si contraggono per un'attimo prima che scoppi in  una smorfia, come se avesse appena affondato i denti nel limone «Dirai di avermi visto qui?» 

«Mh, no? Cioè,bse non vuoi, Jude— posso chiamarti Jude?» 

«Cosa?» Jude espira, di nuovo, sembrando per qualche ragione sinceramente sbalordito, come preso a schiaffi.

Nicole scrolla le spalle, casualmente «Sì, sai, finché non ti trovo un soprannome possiamo mettere da parte la cosa-David? Onestamente, è un po' triste, ma ehi! Chi sono io per giudicare?» lo guarda con la testa inclinata, picchiettandosi il mento con l'indice, comprensiva davanti alla sua espressione assolutamente costernata «Se proprio vuoi fare qualcosa per me, puoi accompagnarmi a casa!» lei dichiara, alla fine, come se fosse venuta a capo di un grosso problema.

 Jude la guarda male — in qualche modo — poi chiede: «Vuoi che ti accompagni a casa?»

Nicole annuisce, trillando; «Mi hai chiesto tu cosa volevo per farmi star zitta, no? Quiiiindi, voglio che tu mi accompagni a casa!» lei dice, solennemente, come stesse parlando col genio della lampada, indica dietro di sé con entrambe le mani, verso la strada «Ho rotto la mia bici e mi rifiuto di tornare da sola a piedi con questo caldo» 

«Il caldo non passerà con me che ti accompagno» Jude ribatte.

«Dici? Hai un po' l'aria del Dissennatore» lui le lancia un'occhiata scettica e Nicole ridacchia «Andiamo, è Harry Potter!» 

Jude sbuffa un po', sembrando quasi offeso per qualche ragione «So chi è Harry Potter»

«Fantastico!» Nicole grida, saltellando appena «Diventeremo amici molto prima, andiamo!» 

Lei lo guarda e lui ancora non si muove, così lei è costretta a schiarirsi la gola, e non è imbarazzata ma pensa che se fosse qualcun altro potrebbe esserlo. «Be', vieni o no?»

Jude Sharp la fissa per i due minuti più lunghi della sue esistenza - come se stesse cercando di risolvere un'equazione particolarmente difficile - prima di sospirare.

«Certo» dice Jude, teso. 

E così fanno. 

***

La prima volta che Axel Blaze ha deluso suo padre — o almeno, okay, la prima volta che Axel si è reso conto di aver deluso suo padre, è stato in prima elementare.

Quando si è presentato a casa una nota di demerito dalla maestra per non aver svolto gli esercizi di matematica e gli occhi gonfi.

Crede sia stato allora che il Dottor Blaze abbia realizzato che in lui non c'era niente di speciale.

Perché il fatto è che Axel non era intelligente, né tranquillo.

Non era divertente, o dolce, o mite.

Axel Blaze era rumore e caos e rabbia incandescente e capricci da bambino e tutte le cose che suo padre non poteva e non voleva tollerare.

La prova tangente che l'essere geniali non è una caratteristica geneticamente trasmissibile.

Dopo quel primo sguardo deluso al segno rosso sul quaderno di Axel, il Dottor Blaze si è impegnato per prendere quel disastro informe e trasformarlo nel figlio che avrebbe voluto.

Lo piegava, lo piegava e lo spezzava in piccoli pezzi per far entrare Axel nella piccola scatola in cui lo voleva; e Axel  avrebbe cercato di aiutarlo a farlo. Essere meglio.

Non ha funzionato, crede, ma Axel ha smesso di essere arrabbiato per questo.

Tranne che avvolte lo è.

«Come stavo dicendo prima del felice ingresso del signor Blaze» il signor Peter annuncia, spiandolo da sopra gli occhiali mentre striscia in classe «Lavorerete con un partner di laboratorio per tutta la durata dell'incarico»

La lezione è già cominciata, e Peters si assicura di incrociare il suo sguardo mentre spunta il suo nome sulla lista delle presenze.

Bastardo.

Axel fila al suo posto e non dice niente.

«...che, dicevo, sono stati assegnati in ordine alfabetico»

La protesta è istantanea, vociare sofferto e mani che scattano.

Seduto com'è, Axel resta impassibile, conscio che il vecchio sadico non cambierà niente solo per il gusto di non farlo.

Axel odia i progetti dei partner.

Sono passati mesi dall'inizio della scuola, ma non ha dimenticato come sia non avere amici.

Imbarazzante.

Guardare le persone provare e parlargli e andare via.

Perché lui è troppo serio.

Troppo freddo.

Troppo noioso.

Perché il fatto è che anche quando è chiuso nella sua scatola Axel piace a ben poche persone.

Così, aspetta.

Perché non è che faccia davvero differenza.

Fa roteare la penna mentre ascolta Peters che legge i nomi dal suo elenco di classe, finché—

«Blaze e Dave»

Ecco.

Cazzo.

Axel sibila come se fosse appena stato scottato.

Lancia un'occhiata dall'altra parte della stanza, dove trova Myriam che lo sta già guardando accigliata, come se fosse colpa sua se i loro cognomi sono vicini e Gallaghan si è ritirato.

Axel resiste all'impulso di alzare gli occhi al cielo.

Va bene. Lui può lavorare con un partner, se necessario.

Ma perché, tra tutte le persone, ha dovuto rimanere bloccato con Myriam Dave?

La stronza deve essere la persona più bellicosa del pianeta, e porta rancore come nessun altro.

Ce l'ha con Axel da quando hanno iniziato il corso, quando in qualche modo si è messa in testa che sono... rivali o qualcosa del genere.

Axel non è esattamente sicuro; tutto quello che sa è che Myriam la guarda male ogni volta che si incrociano per i corridoi.

Non che gli importi.

Nonostante qualsiasi cosa Nicole abbia da dire sul suo conto per convincerlo che quella ragazza sia più dello stridulo, odioso cartonato di una bambola, Axel fa davvero fatica a cambiare la sua idea.

Ma poi, crede che lo farebbe chiunque non sia Nicky Swift, che ha questa specie di filtro su gli occhi che le fa vedere tutto più colorato e buono e meritevole di quello che è. Trovare fiori fra le erbacce.

Axel non lo sopporta, ma poi, visto che con lui ha funzionato, è davvero l'ultima persona a poter parlare di questo.

«Quindi, dovrebbero essere tutti!» Peters annuncia, finendo di elencare le coppie, alzando lo sguardo dal foglio delle presenze «Bene? Iniziate ad andare!»

Myriam e la sua amica si fissano come se stessero per salpare per lande straniere.

Axel deve resistere all'impulso di alzare gli occhi al cielo.

La Dave lascia andare qualcosa come un verso sofferente mentre la sua amica scivola fuori dalla sua postazione, scoccando ad Axel uno sguardo ben poco sottile.

Bene, lui stringe i denti, mentre ripone le sue cose nella borsa della scuola, immagina che questo risponda alla domanda chi si trasferirà da chi.

Si siede all'estremità opposta del tavolo e per un minuto restano entrambi in silenzio, lasciando che il brusio delle chiacchiere intorno a loro riempia lo spazio.

Alla fine, Myriam smette di spezzettare il foglio di carta che sta distruggendo fra le dita e gli sorride. Non è amichevole.

«Lasciami essere chiara su questo punto» dice, praticamente sibilando «Ho un ragazzo, e dato che dobbiamo lavorare assieme, preferirei davvero che riducessi le tue arie da bel tenebroso al minimo, chiaro?»

«Va bene», lui dice, in tono piatto, deciso a non impegnarsi. E poi; «Io non mi do arie»

Myriam gli rivolge uno sguardo come se avesse detto qualcosa di ridicolo.

Axel solleva gli occhi al cielo. Di solito è molto più bravo di così a ignorare le teste di cazzo.

Nella parte anteriore della stanza, Peter sta parlando di nuovo.

Axel tira fuori il quaderno bianca e comincia a prendere diligentemente appunti, Myriam che si agita al suo fianco. Penne che tracciano linee insensate sulla pagina e SMS che partono da sotto al banco, qualsiasi cosa oltre a prestare dannatamente attenzione, giocherellando con i lunghi capelli color inchiostro.

È una lotta rimanere concentrati per l'intera lezione — le prediche di Peters sarebbero una sofferenza per il peggiore dei secchioni — e questo non aiuta affatto.

«Bisognerà indossare gli occhiali di sicurezza e legarsi i capelli» sta dicendo Peters, tracciando segni sulla lavagna che potessero essere benissimo in Swahili «Ciò significa sempre. Mi dispiace, ragazze. Questa è la legge. La chimica non è un concorso di bellezza»

«Mi dispiace ragazze» fa il verso Myriam, così piano che Axel non è certo che si sia neanche accorta di aver aperto bocca.

Lui che reprime un grugnito, attirando su di sé qualche occhiata. Peters lo fulmina: «Ha qualcosa da ridire, signor Blaze?»

«Sì» Axel ribatte, senza battere ciglio  «Mi stavo giusto chiedendo cosa dovrebbero fare noi ragazzi con i capelli, magari non bastano gli elastici»

C'è qualche risata soffocata qua e là, un ragazzo alle loro spalle che si sta praticamente soffocando nel tentativo di non crollare giù dalla sedia, Peters  è diventato tutto rigido, e dopo questo gli ci vuole un po' per ritrovare il filo del discorso.

Quando lo fa, Axel si accorge che Myriam lo sta ancora guardando. Occhi neri che scavano su un lato del suo viso.

«Che c'è?» lui chiede, e lei distoglie lo sguardo, un sorrisetto che gli pende  che lampeggia nella periferia visiva di Axel.

«Non ti dai arie, huh?»

Axel sbuffa «Sono contento che siamo sulla stessa pagina.»

Myriam volta la testa a fissarlo per i trenta secondi più lunghi della vita di Axel prima di emettere un sospiro aggravato — inutilmente aggravato, secondo Axel. «Mi avevi, poi mi hai perso»

«Ah, davvero?» Axel risponde, casualmente, ruotando a sua volta la testa per inarcare un sopracciglio.

«Non ci riesci proprio, vero?» lei chiede, occhi che lampeggiano «A smettere di fare lo stronzo»

«Non chiamarmi stronzo»

«Allora dovresti smetterla di fare lo stronzo»

«Se qualcuno si comporta da stronzo...»

«Dave! Blaze!,» Peters abbaia, interrompendo per la seconda volta la sua filippica, facendoli sobbalzare e allontanarsi dal punto in cui avevano orbitato più vicini nel bel mezzo del loro battibecco «Abbiamo finito, o ritenete necessario continuare le vostre liti di coppia fuori dalla mia classe?»

Myriam e Axel si guardano l'un l'altro. Apparentemente in realtà non lo fanno, perché tacciono e distolgono lo sguardo. Peters sembra ingiustamente soddisfatto mentre riprende a sventolare la mano verso le uscite d'emergenza.

«Grazie tante» Myriam sibila, dopo circa 33 secondi di sacrosanto silenzio, apparentemente senza riuscire a trattenersi.

Axel sente sé stesso lampeggiare, lanciandole uno sguardo di traverso: «Oh, ora è colpa mia»

Gli occhi di Myriam si riducono in due fessure «Perché, lo stai negando?»

«Non ero io a gridare»

«Vaffanculo, Blaze» lei sbotta, suonando incredibilmente forte anche se sta parlando sottovoce «Per te è tutto facile, vero?»

Axel apre e chiude la bocca, colto alla sprovvista. Qualcosa dentro di lui che pizzica. «Facile?» ripete, voce d'acciaio.

Perché come cazzo fa Myriam Dave a pretendere di sapere—

«Sì, facile, idiota» Myriam sibila, a denti stretti, evidentemente abbastanza arrabbiata da arrossire su tutta la faccia.

Non sembra impressionata dal suo tono, Axel nota. Dal modo in cui ha parlato.

Lei lo fissa e sembra solo— accesa. Arrabbiata. Perfino fottutamente divertita.

E lui, solo, non sa bene come prenderlo.

A furia di passare tutto il suo tempo con Mark, deve aver perso il tocco o qualcosa del genere. La capacità di sembrare pericoloso.

È un po' snervante, se dovesse essere del tutto onesto. Specie quando lei lo guarda in quel modo.

Vedendolo star zitto, Dave arriccia di nuovo le labbra, evidentemente fraintendendo il suo silenzio per una resa; va avanti.

«Credi che tutto ti sia dovuto, vero?» dice, un sorrisetto che le pende dall'angolo della bocca mentre sputa veleno come una dannata vipera e Axel sente qualcosa pungere e non sa nemmeno perché.

Non è come se fossero cose che non sa già.

«Tiri quattro calci al pallone, qualche rovesciata e bum! Borsa di studio e trofei e lavoro assicurato»

Le sopracciglia di Axel si alzano di scatto. «Che hai detto?»

«Che sei un'idiota?» lei scatta, pronta  «Posso ripeterlo»

«No, dopo»

«Raccomandato...»

Axel alza gli occhi al cielo e riprende in mano il libro con uno sbuffo.

Myriam fa il broncio, fa davvero il broncio, come una fottuta bambina di cinque anni. Cosa che decisamente non ha alcun effetto su Axel in nessun modo o forma.

«Lascia perdere» Axel stringe i denti, tenendo gli occhi fermamente incollati alla lavagna davanti a sé.

Hanno solo venti minuti rimasti in classe.

Inizia a contare i secondi.

***

«Questo è l'allenamento di oggi!» Kevin urla, quel pomeriggio, il sole che splende sulla Steel Tower mentre guarda in basso, verso dove i ragazzi sono stati disposti in fila in attesa della loro sorte.

Fra le mani, Kevin tiene saldamente il più grande dei copertoni di Mark — quello legato all'albero, con una coperta incastrata nel buco — e li guarda uno a uno come se stesse decidendo la vittima sacrificale più adatta: «Ci prepareremo a resistere all'attacco speciale degli avversari!»

Axel non è esattamente sicuro che rischiare la vita sia un modo per prepararsi a resistere agli attacchi della Wild, ma si dà il caso che nessuno di loro abbia altre idee..

Inoltre, Kevin è un fottuto bastardo geniale quando si tratta di inventare questo genere di cose. 

In un'altra vita sarà stato uno degli addetti alla tortura, o un boia.

«Arriva!» lui grida, lasciando andare la presa.

Il copertone piomba verso il basso come una ghigliottina mentre i ragazzi - coraggiosi fino al midollo ma comunque realisti — scivolano tutti d'un lato, lasciando in mezzo solo il povero Sam.

Axel fa appena in tempo ad allontanarsi prima che Kevin si rimetta ad abbaiare ordini, sbraitando verso Jack di tirare Sam giù dall'albero.

Mark, che essendo il capitano ma soprattutto una piccola merda fortunata è stato risparmiato da Kevin con la scusa di migliorare la sua Mano di Luce, lo saluta allegramente mentre lo guarda avvicinarsi.

«Non male come allenamento, eh?» lui dice, sorridendo ampiamente. E dato che è probabile che lo pensi sul serio Axel non se la sente a replicare.

«Ce l'avresti un minuto?» chiede, andandogli affianco «A proposito degli appunti segreti»

Mark si limita a sorridergli di più, annuendo vigorosamente.

Ha sempre quest'aria strana quando Axel gli parla: come se stesse sul punto di esplodere, o chiedergli l'autografo.

Secondo Nicole, sarebbe capacissimo di farlo se Axel fosse appena un anno più grande.

«Secondo me potrebbe funzionare in questo modo» Axel chiama da dove sta già iniziando a tracciare linee sul terreno, recuperando un bastoncino  «Un giocatore salta, un secondo giocatore lo usa come trampolino, così riesce ad arrivare ancora più in alto» traccia una specie di ghirigoro nella sabbia, accigliato «E quando è salito sufficientemente su, fa una rovesciata»

Axel cerca e non riesce a fare una smorfia al pensiero che l'idea glieli abbiano dati gli insulti di Myriam Dave. Ma tant'è.

«Che ne dici?» lui espira, sollevando lo sguardo per osservare la reazione del suo capitano, che è rimasto stranamente in silenzio.

Gli occhi di Mark brillando di qualcosa come la totale ammirazione.

«Axel mi sa che hai ragione» lui dice, e nonostante Axel creda fermamente che non abbia ascoltato più della metà delle cose che ha detto, non può fare a meno di sorridere un po' indietro a questo.

È una cosa a cui ci si rassegna, dopo un po'.

«Tu sei un vero genio!» Mark va avanti, annuendo incoraggiante, un bambino che ha appena avuto l'idea del secolo «E ovviamente, l'unico che può fare una rovesciata dopo un salto così difficile puoi essere solo tu!»

«Chi io?» Axel chiede, per qualche ragione, provando autentica confusione.

Aspettando che Mark rida anche se sa che non lo farà.

Anche se sa di poterlo fare.

Ma il fatto è che Mark sorride.

Sorride e annuisce e Axel non dovrebbe sentirsi compiaciuto come in realtà fa.

Non dovrebbe importargli.

Ma il fatto è che Mark Evans è il ragazzo che ha preso il posto del sole, e non puoi semplicemente ignorarlo quando di parla come se credesse che potessi fare qualsiasi cosa.

Quando sembra crederci più quando non lo faccia tu.

L'unico che può fargli da Trampolino, decidono che sarà Jack.

E Axel sente qualcosa come caldo, caldo, caldo.

***

La seconda volta che Axel ha deluso suo padre, è stata quando ha dichiarato di voler diventare un calciatore.

Che è stato più o meno il momento in cui il Dottor Blaze si è reso conto che ad impegnarsi con lui non ne valesse più la pena. Che i libri regalati avrebbe fatto bene a tenerli per sé, e ad accorciare le conversazioni.

Non che lui e suo padre abbiano davvero mai avuto qualcosa di cui parlare.

Sua madre, che all'epoca stava male ma non abbastanza da non cercare di intervenire, ha provato a dirgli di non preoccuparsi: un sacco di bambini hanno sogni del genere, disse, niente che con gli anni non sarebbe sparito.

Il guaio, è che Axel ne era convinto sul serio.

E una parte di lui, piccola e acida, crede ancora che suo padre lo sapesse. Anche allora. Sapeva che Axel non avrebbe rinunciato a questo.

Non perché lo ritenesse bravo, sia chiaro, non è mai andato a mezza delle sue partite, non ha mai voluto sentirne parlare, non ha mai chiesto niente su come gli allenamenti andassero o quando gli incontri fossero; ma perché sapeva che Axel era testardo.

E infantile.

E il suo allenatore e sua madre gli avevano detto che era bravo, e lui ci aveva creduto. Ci si era aggrappato.

Perché in un mondo soffocante e bidimensionale era tutto ciò che lo faceva sentire grande. Pieno. Più del ritaglio rigido di una persona.

Dopo che sua madre è morta, il Dottor Blaze ha definitivamente smesso di insistere, e Axel impiegò un po' di tempo a capire che avrebbe potuto continuare a correre dietro la bandiera delle aspettative di suo padre o restare fermo e deluderlo lo stesso.

Così, è quello che ha fatto.

Restare fermo. Iniziare a ignorarlo a sua volta.

Dopo il fatto di Julia, l'ultima cosa che li rendeva padre e figlio è finita in un letto di ospedale.

Axel è rimasto nella sua piccola scatola fredda, e suo padre nella sua, e nessuno si è lamentato.

Lo ha trasferito quando gliel'ha chiesto, ha annuito quando ha detto che smetteva di giocare, lo ha guardato quando gli ha detto che riprendeva.

Un unico sguardo freddo dall'altro capo del tavolo.

«Perché?» una domanda come una coltellata.

«Perché mi rende felice» lui ha risposto. Perché mi fa respirare.

«Davvero, Axel? Ti rende felice

Lo ha detto come se fosse stupido.

Forse lo è.

Magari.

Axel non ha risposto.

Suo padre nemmeno.

Sono bravi in questo.

Se si impegnassero abbastanza, potrebbero continuare all'infinito.

Alla fine, suo padre ha ceduto per primo, tornando a concentrarsi sul giornale del mattino. Poi; «Se vuoi riprendere, dovrai avere i voti migliori, chiaro?»

«Sì»

E Axel non è più arrabbiato per questo.

Tranne che avvolte lo è.

Perché fa male, in qualche modo. Ancora oggi.

Sapere che suo padre vorrebbe che lui fosse qualcos'altro.

Che non si è ancora arreso del tutto alla realtà dei fatti.

Che è la ragione per cui ha messo Axel alla Kirkwood in primo luogo e alla Raimon quando ha dichiarato che avrebbe voluto andarsene.

Scuole per geni. Roba importante.

Avrebbe puntato sulla Royal Academy, ma Axel è stato categorico.

Ancora un po' amareggiato anche all'idea di venire qui.

Ancora un po' dolorante.

Tranne per il fatto che tutto questo gli ha portato i suoi ragazzi.

Questa squadra.

Quindi,

Forse ne è valsa la pena.






Bạn đang đọc truyện trên: TruyenTop.Vip